E il vincitore è...

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Scusate il ritardo, è successa questa cosa curiosa per cui ho ricominciato a lavorare (già da un po' in realtà), ma soprattutto, ahem, c'è stata una contestazione.

Mi è stato infatti fatto notare che un quantitativo massiccio di preferenze per un post era stato perso nel conteggio delle eliminatorie. A questo punto bisognerebbe rifare la gara da capo, ma è abbastanza chiaro chi vincerebbe. Di conseguenza nomino vincitore della Grande Gara degli Spunti nessun altro se non esso:



Non fate quella faccia - mi ha promesso che se non lo faccio vincere mi torturerà per l'eternità, magari sta bluffando, ma non c'è modo di saperlo...


Sto ovviamente scherzando.

Il vincitore - di misura - è Copernico, con 68 preferenze, mentre i Catari, pur battendosi valorosamente, si sono fermati a 48. Su Facebook un testa a testa fino alla fine; sul blog una netta prevalenza della fantascienza tradizionale sul revisionismo storico. Che altro dire.

Lo scriverò mai?

È possibile. Adesso sono un po' stanco. Mi sembra di aver buttato giù più idee in un mese che tutta la letteratura italiana negli ultimi due anni. Ovviamente mi sbaglio, però credo che per qualche settimana non si farà più narrativa da queste parti, ok? Anche se non pensavo che vi avrei (in)trattenuto così in tanti. Fino a qualche anno fa la narrativa faceva scappare la gente. 

E soprattutto non avevo la minima idea di cosa vi piacesse - giuro che un mese fa non avrei mai scommesso sul vincitore, anche perché un mese fa non esisteva ancora. Alcuni degli spunti pubblicati in questa gara sono davvero del secolo scorso, ma Copernico è un'idea che mi è venuta a torneo già cominciato. Qualsiasi cosa ciò significhi.

E ora una lista di tutti gli spunti in ordine di gradimento:


1Copernico
2I Catari
3Procioni
4Gesù
5Fiume 1920
6Marinetti duce
7Scie chimiche
8Zombi vs vegan
9Tutte le ex
10La prigioniera
11Scuola media
12Capodanno
13La prima volta
14I banditi
15Redenzione
161+2+3+4+5+6+...
17Stardust
18La marmellata
19Eyjafjöll
20Sauron vive!
21Gioconda
22Pinocchio uccide
235 a Genova
24Campo di grano
25Dama e cavaliere
26Pandolfo
27O viceversa
28Perpendicolare
29L'ultimo uomo
30Claudio Augusto
31Love of My Life
32Il basilisco

...che altro manca? Già, il tabellone:

SedicesimiOttaviQuartiSemifinaliFinale
Stardust48
38
37
31
I Catari 48
Gesù52
5 a Genova20
26
Capodanno27
Claudio Augusto9
28
34
Fiume 192068
La prima volta43
20
O viceversa17
I banditi34
16
46
46
Campo di grano19
I Catari53
39
Il basilisco6
Scuola media44
26
12
Sauron vive!34
Dama e cavaliere18
31
Zombi vs vegan39
Scie chimiche53
35
15
31
Copernico 68
Eyjafjöll40
La prigioniera42
27
Pinocchio uccide22
L'ultimo uomo10
61
38
Addio ai procioni50
La marmellata41
55
Tutte le ex52
Gioconda 30
48
21
67
Marinetti duce60
Redenzione29
8
Pandolfo17
Perpendicolare15
63
54
Copernico47
Love of My Life8
6
1+2+3+4+5+6+...29

Grazie ancora a tutti, spero vi siate divertiti quasi quanto me.
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LA FINALISSIMA DEGLI SPUNTI!

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Ed eccoci al momento tanto atteso. La grande gara degli spunti è giunta al termine. Salutiamo i due partecipanti rimasti in gara, quelli che hanno più convinto voi lettori: l'imperatore Claudio Augusto e l'ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi! Chi vincerà nello scontro finale?


No, scherzo. Claudio e Silvio risultano tra gli spunti meno votati in assoluto.

A giocarsi la finale saranno i Catari e l'equipaggio in rotta verso Copernico. La rivincita di due popoli che sopravvivono ai margini

(Avete notato le curiose simmetrie delle semifinali? Una era un derby tra storie del passato, l'altra tra storie del futuro. La prima e la quarta affrontavano una figura messianica, la seconda e la terza un popolo dato per estinto. No, non ho la minima idea di come sia successo. La posizione degli spunti sul tabellone era per lo più casuale, e quasi tutte le mie previsioni sono state disattese).

Sui due spunti non aggiungo altro ché ormai ve li ho illustrati fino alla noia. Trovate tutto nei link. Avete 24 ore per votare: domani a mezzogiorno sapremo quale spunto è arrivato più lontano.



Sia qui che su facebook, votare è molto semplice: scrivete qua sotto CATARI se volete far luce sullo sterminio dei Catari, o COPERNICO se volete arrivare a Copernico. Se qualcuno mi vota su twitter e me ne accorgo lo segno, ma non posso garantire di accorgermene. Grazie per tutto il divertimento - spero che non vi siate annoiati troppo. Da domani si riparte a scrivere di Renzi e scuole medie, so che non state nella pelle.

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Tutti gli spunti che vi siete persi

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Ed eccoci agli sgoccioli della Grande gara degli spunti. Giusto per informarvi di due cose:

(1) contrariamente a quanto molti hanno pensato, Gesù non è invincibile - per esempio, contro i Catari non ce l'ha fatta, ebbene sì, i Catari sono in finale.

(2) potete ancora votare (se non l'avete fatto) per l'ultima semifinale, Procioni contro Copernico, fino a mezzogiorno di oggi (31 agosto).

Poi partirà la finale, e a mezzogiorno di domani (1 settembre) sapremo quale spunto è andato più lontano. Ecco il tabellone aggiornato:

SedicesimiOttaviQuartiSemifinaliFinale
Stardust48
38
37
31
31
Gesù52
5 a Genova20
26
Capodanno27
Claudio Augusto9
28
34
Fiume 192068
La prima volta43
20
O viceversa17
I banditi34
16
46
46
Campo di grano19
I Catari53
39
Il basilisco6
Scuola media44
26
12
Sauron vive!34
Dama e cavaliere18
31
Zombi vs vegan39
Scie chimiche53
35
15
Eyjafjöll40
La prigioniera42
27
Pinocchio uccide22
L'ultimo uomo10
61
38
Addio ai procioni50
La marmellata41
55
Tutte le ex52
Gioconda 30
48
21
Marinetti duce60
Redenzione29
8
Pandolfo17
Perpendicolare15
63
54
Copernico47
Love of My Life8
6
1+2+3+4+5+6+...29


...e ora una breve lista di tutte le storie a cui volenti e nolenti avete rinunciato: di tutte le cose che non saprete mai.

Chi era il sesto a tavola.
Se l'Eyjafjöll esiste davvero.
Cosa se ne fa Pinocchio di tutti i cadaveri.
Chi ha rubato la marmellata.
Dov'è la Gioconda autentica (no la crosta senza ciglia che sta al Louvre)
Se esistono davvero gli alieni in un universo perpendicolare, o non stiamo semplicemente litigando con la nostra immagine rovesciata nel tempo.
Chi vince l'amore di Verola, sopravvivendo al più crudele dei talent show.
Se il video dei due impacciatissimi ventenni non diventa per caso un successo mondiale.
Se c'è un futuro per i banditi della montagna.
Se Yris viene liberata o riesce a trovare uno stratagemma per restare prigioniera.
Chi ha inventato le scie chimiche.
Cosa avrebbe potuto combinare Majorana se invece di scomparire avesse collaborato con un governo di folli futuristi in cerca di riscatto internazionale.

Ma soprattutto:

Chi ha ucciso le ex del mitomane convinto di aver ucciso tutte le sue ex?

Inutile chiedere ormai - è andata così.
Non guardate me, io tifavo Basilisco.
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Copernico in semifinale

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Benvenuti al secondo appuntamento di oggi con La grande gara degli spunti! Siete pronti a conoscere il quarto e ultimo semifinalista? È un tizio che dorme parecchio, ma quando si sveglia, non ce n'è per nessuno. Ha suonato la sveglia all'Universo Perpendicolare, è sopravvissuto facilmente alle 1+2+3+4+5+6 notti, e ha scongiurato l'avverarsi di un'Italia futurista. Fate sentire il vostro calore al sonnacchioso dottor Salem e a tutta la crew in rotta per Copernico!

Abstract
http://www.amazon.com/Across-Universe-Beth-Revis/
dp/1595144676
La Terra era sovrappopolata, forse minacciata da una catastrofe ambientale, e così ha lanciato una o più astronavi generazionali in rotta verso gli esoplaneti più vicini (si fa per dire, serviranno decine di millenni per avvicinarli). Oltre alle migliaia di passeggeri che vivranno figlieranno e moriranno nei secoli dei secoli, oltre ai miliardi di embrioni congelati, ogni astronave contiene un individuo ibernato, destinato a svegliarsi una settimana ogni secolo per ricordare agli altri passeggeri il significato della loro Missione. Quando parte il dott. Salem è preparato più o meno a ogni evenienza, ma il viaggio sarà lungo, tante cose andranno storte, e svegliarsi ogni settimana in mezzo a popoli che parlano lingue diverse e credono in cose diverse non sarà senza conseguenze.

Sembra interessante. Dove si possono recuperare altri frammenti della storia?


Quando mi è venuta in mente?
Una ventina di giorni fa. Sul serio. Ero in spiaggia. Stavo cercando di farmi venire in mente qualche idea perché le ultime in tabellone non mi convincevano tanto. Sia Copernico che Perpendicolare sono arrivate così.

Quanto è originale?
Ho scoperto che la prima storia di astronavi generazionali è stata pubblicata nel 1918. In tredici verso Centauro è un racconto di Ballard che mi fece una grande impressione da ragazzino. Le mappe del cielo di Blish è la storia più classica sull'argomento che credo di aver letto - tutte cose che mi può aver smosso la visione di Interstellar. Qualcuno ha detto che gli ricorda la Fondazione, ma il dott. Salem non è un ologramma che esegue un piano; è un tizio in carne e ossa che ben presto capisce di non avere nessun piano e di essere in balia degli eventi.

Potenziale commerciale?
È parecchio fuori moda - non lo senti anche tu quell'odore di Millemondi Urania bianco, un po' intriso di crema solare? C'è ancora mercato per queste cose? Forse bisognerebbe cominciare a ibernare i lettori.


Che senso avrebbe?
Sai che proprio non saprei? Immaginare tutte le cose che possono andare storte. Tutto quello che potrebbe fare l'umanità in un piccolo contenitore sospeso nel nulla, con l'aiuto di computer capricciosi e qualche occasionale disturbo esterno (capti il segnale di un astronave a milioni di chilometri, decidi di deviare la nostra per andare a vedere cos'è, ci metti cent'anni e quando arrivi scopri che è piena di scheletri dentro celle di ibernazione che hanno smesso di funzionare eoni prima).


Mi farò dei nemici?
Qualcuno mi darà del reazionario perché, in effetti, la democrazia non ci farà una bella figura. Man mano che andrà avanti il dott. Salem ne diffiderà sempre di più.

Cosa dovrei studiare?
Molta fantascienza simile. Mi piacerebbe tanto che qualcuno avesse già disegnato delle astronavi generazionali verosimili. Quanta gente ci può vivere? Che propellente si può usare? Ecc.. Qualcosa sulla psicologia di chi abita in piccole comunità isolate.


Dimensioni?
C'è di buono che si può tagliare a piacere - sono tutti sketch isolati, ne scrivi una trentina e butti via i peggiori. Dopo le 200 cartelle diventa noioso.


Eventuali sequel?
Scoprono che Copernico non è un granché, ad es. non c'è abbastanza neve per sciare, e decidono di tornare indietro. Ah ah ah (scherzo).


Contro chi gioca in semifinale?
Contro i Procioni. È la semifinale dello spazio profondo.

Per chi tifo?
Ho la sensazione che Copernico si scriva da solo, i Procioni sono più impegnativi. Ma sopravviva il migliore.

Se conoscete il gioco non ho altro da dirvi; se siete appena arrivati, si tratta di votare. Chi vuole mandare in finale i Procioni, lo scriva nei commenti a loro dedicati. Chi preferisce Copernico, lo scriva qua sotto. Potete anche mettere Mi Piace su Facebook. Se volete usare Twitter fate pure, ma non vi garantisco che il vostro voto verrà conteggiato. Mi raccomando, questa missione è troppo importante perché qualcuno la manometta.
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I procioni in semifinale

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Ciao, sul serio vuoi eliminarmi?
Benvenuti al primo appuntamento di oggi con La grande gara degli spunti! È il tempo di ritrovare i terzi morbidissimi e pulitissimi semifinalisti. A chi li dà morti e sepolti da secoli, loro mostrano i denti e le vibrisse del dito medio. Hanno avuto facilmente ragione dell'Ultimo Uomo nella Galassia, hanno prevalso dopo due sfide contro l'assassino seriale delle sue ex, hanno spazzato via le Scie Chimiche, e ora sono qua, per la gioia di grandi e piccini. Salutate i vostri pelosi amici dallo spazio profondo, i simpatici Procioni!

Abstract
Il pianeta dei Procioni orbita intorno a una stella a mille anni luce dal nostro - orbitava, perché una perturbazione negli sciami tachionici ci lascia intendere che più o meno novecento anni fa fu distrutto. Nel frattempo siamo riusciti a decifrare le loro trasmissioni (grazie alle istruzioni che loro stessi avevano mandato), e ora le stiamo guardando cercando di capire come funzionava la loro società. Mentre l'umanità si divide tra chi li ama e li crede portatori di una saggezza superiore e chi propone di armarsi, gli studiosi cercano di tenere la barra al centro. Non sono né più pacifici né più violenti di noi; sono diversi. Combattono guerre rituali per evitare la sovrappopolazione; vanno in amore una volta all'anno, e in tutto il resto del tempo concepiscono solo amicizie tra individui dello stesso sesso. Gli attori delle loro telenovelas sono pelosissimi e melodrammatici. Recitano nudi, si amano vestiti. Non sanno che stanno per scomparire dall'universo. Forse non ce la stanno raccontando giusta, ma con un po' di pazienza dovremmo capire tutto. La pazienza purtroppo non è il nostro forte.


Sembra interessante. Dove si possono recuperare altri frammenti della storia?
La fine del mondo (dei procioni)
Cosa ci insegnano i procioni
Le domande più frequenti sul mondo dei procioni


Quando mi è venuta in mente?
È lo spunto più antico tra i semifinalisti - ho un file del 2010, ma l'idea è più vecchia, credo mi sia venuta quando pubblicarono le prime foto di un qualche esoplaneta. Però non c'erano i procioni; c'era solo l'idea di un mondo che ci manda le sue trasmissioni tv anche se nel frattempo ha smesso di esistere. I procioni mi sono venuti in mente all'ultimo momento, credo sia una suggestione di un vecchio racconto (Cordwainer Smith?) Buffo, perché ho la sensazione che quello che abbia davvero spinto lo spunto fin qui siano le foto dei procioni. Non si resiste ai procioni. Il libro parlerebbe anche di questo: la fatica degli umani a resistere alla loro morbidezza. Cioè, in teoria costituiscono una sfida e una minaccia, in pratica aaawwwww.

Quanto è originale?
Sento forte l'influsso della Stella di Arthur Clarke - e di Clarke in generale, penso anche a History Lesson. Poi quel racconto che non riesco più a trovare di Cordwainer Smith, il padre di tutti i furry. No, non sono un furry. Però ai procioni non si resiste - insomma, hanno le mani. Con le vibrisse.

Potenziale commerciale?
Chi lo sa. Ai furry manca ancora una bibbia.

Che senso avrebbe?
Riflettere su com'è strano l'universo - se mai incontreremo qualcuno, saranno immagini in differita di migliaia di anni. Usare una razza diversa per riflettere su com'è strana l'umanità. Immaginare anche l'effetto emozionale di un'eventuale scoperta del genere sull'umanità: cosa succede quando scopriamo di non essere più soli? Cosa succede poi quando scopriamo che invece siamo soli, in compagnia di fantasmi di un passato remoto? Ecc.

Mi farò dei nemici?
Molti fisici - questa cosa degli sciami tachionici, non credo che la manderanno giù. E vabbe'.


Cosa dovrei studiare?
Ecco, non saprei. Il comportamento dei procioni, sicuramente. Qualche lingua dalla grammatica assurda (mandarino?) Crittografia - come diavolo abbiamo fatto a decifrare le trasmissioni? E tante altre cose.

Dimensioni?
C'è da descrivere un mondo intero, come si fa. Per dire, dopo un po' gli uomini cominciano a sospettare che tanti edifici ciclopici e molto antichi non siano stati costruiti dai procionidi, ma da qualche altra razza intelligente (spiegherebbe il perché hanno completamente sterminato gli orsi). Cioè davvero si può allungare a piacere.

Eventuali sequel?
Dipende da come va a finire.

Contro chi gioca in semifinale?
Contro Copernico

Per chi tifo?
Copernico è più facile, i Procioni... come si fa a non voler bene ai procioni.


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I Catari in semifinale

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Benvenuti al secondo appuntamento di oggi con La grande gara degli spunti! Diamo un'occhiata ai secondi semifinalisti. Li avevano dati per spacciati secoli fa, e invece eccoli! Hanno impietrito il Basilisco, hanno massacrato i Banditi della Montagna, si sono mangiati Evangelina, e oggi finalmente se la vedono direttamente col loro avversario di sempre, Gesù. Salutate i Catari!

Abstract

A scuola impariamo che in Storia non esistono i Buoni e i Cattivi, tranne in un caso specifico che è, fortuita coincidenza, l'ultima grande guerra che ha distrutto il mondo. Possibile che qualcuno non ne abbia approfittato per riscriverla correggendo qualche errorino? Un dottorando in Storia Potenziale viene convinto dal suo demoniaco correlatore a scrivere una tesi in cui immagina che i Catari non siano stati sterminati nel XIII secolo, ma nel XX: prima in Francia, poi negli USA, nell'impero britannico e, con la bomba atomica, a Nagasaki. Nel caos successivo alla fine della seconda guerra mondiale, i vincitori avrebbero cospirato per nascondere per sempre il genocidio e restituire ai posteri un'immagine moralmente superiore a quella dei vinti. Ma è tecnicamente possibile cancellare sei secoli di presenza dei Catari in Europa e nel mondo? Mentre si strugge per rispettare le scadenze, il relatore comincia a ricevere bigliettini in occitano che gli fanno sospettare che sia tutto vero: la sua bisnonna era figlia di un cataro che aveva ottenuto un lasciapassare dal governo fascista per combattere nei repubblichini, e poi era scomparso. Davvero i vincitori di Jalta hanno riscritto la Storia? O è tutto il classico delirio di uno studente che scrive una tesi?



Sembra interessante. Dove si possono recuperare altri frammenti della storia?
Nessuno si ricorda dei Catari
Non ho mai visto Carcassonne
L'impatto ambientale del nazismo, e altre tesi interessanti



Quando mi è venuta in mente?
È una cosa che mi ronza da parecchio. Sicuramente ci stavo già pensando nell'ottobre 2013. Però non mi erano mai venuti in mente i Catari. I Catari sono perfetti perché di loro si sa abbastanza poco, e si dà per scontato che siano scomparsi dopo una persecuzione nel medioevo. Che è più o meno quello che ci saremmo raccontati sugli ebrei se i nazisti avessero vinto: per un po' hanno vissuto in Europa, poi li hanno massacrati o convertiti, ma è stato molti secoli fa. L'idea dei catari mi è venuta quando stavo preparando la scaletta della gara.


Quanto è originale?
Che io sappia una cosa tanto folle non è ancora venuta in mente a nessuno - benché la Francia meridionale sia una specie di carta moschicida per follie cospiratorie (tra parentesi, ovviamente il parroco di Rennes-le-Château si era impossessato del ricco lascito di una famiglia catara). Ci saranno i templari, il sacro graal, ecc. Alla fine l'intreccio sta diventando simile al Pendolo di Foucault (studiosi inventano un complotto che poi si rivela autentico). Credo che non riuscirò mai a liberarmi dal Pendolo di Foucault.


Potenziale commerciale?
Credo che là fuori ci siano decine, ma che dico, dozzine di persone che non aspettano altro che di leggere una storia sui Catari che vengono sterminati nel XX secolo dai francesi e dagli anglo-americani cattivi. Purtroppo devo avere dei problemi alla mail, un filtro che non fa passare tutte le proposte dei più prestigiosi editori italiani e del mondo. Scherzo. Magari se un fulminato mi accusa di antisemitismo e io gli rispondo Boh, tu dici? riusciamo ad ampliare il bacino a un mezzo centinaio di persone.

Che senso avrebbe?
Riflettere sul revisionismo senza cadere nella solita riduzione a Hitler. Come si fa a riscrivere la Storia? Come si fa a riconoscere quando un pezzo di Storia è stata riscritta? Ma anche: quanto è facile mettere assieme una manciata di indizi e inventarsi un complotto mondiale. All'inizio il dottorando è disperato perché non riesce a mettere insieme nessun pezzo, ma dopo un po' deve fare lo sforzo in senso contrario perché tutto davanti a lui comincia a parlargli del genocidio cataro.


Mi farò dei nemici?
Qualcuno mi darà dell'antisemita. Succede anche quando scrivo dei Beatles, per cui amen.
(Se invece scompaio all'improvviso e mi cancellano il blog, cominciate a indagare sulla pista dei templari).


Cosa dovrei studiare?
I Catari. Per fortuna di loro non si sa moltissimo. Tutta la storia della Francia dal basso medioevo in giù. (Per dire questa cosa di immaginare un governo sciovinista nel '35, ecco, è impossibile: bisogna rassegnarsi all'idea che i Catari li abbiano sterminati i socialisti: sia in Francia che in Spagna).


Dimensioni?
Devo stare molto attento a non partire per la tangente. Duecentocinquanta cartelle.


Eventuali sequel?
Avete mai sentito parlare dell'eresia ariana? A un certo punto intorno al mediterraneo c'erano più quasi più ariani che non ariani. Poi sono stati sterminati e di Ario sappiamo ben poco. Ma una volta non so più dove ho letto un'ipotesi: e se Ario in realtà fosse un Alì, o Maometto addirittura? Contenete l'entusiasmo.


Contro chi gioca in semifinale?
Contro Gesù.


Per chi tifo?
Gesù è ok, ma i Catari le hanno prese per secoli, una piccola rivincita sarebbe il minimo.

Se mi avete seguiti fin qui, credo che sappiate cosa fare adesso. Chi vuole votare per Gesù, lo scriva nei commenti a Gesù. Chi vuole votare per i Catari, lo scriva qua sotto. Potete anche mettere Mi Piace su Facebook. Se volete usare Twitter fate pure, ma non vi garantisco che il vostro voto verrà conteggiato. Avanti! Dio riconoscerà i suoi.
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Gesù è in semifinale

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Benvenuti al primo appuntamento di oggi con La grande gara degli spunti! Diamo un'occhiata al primo semifinalista. Ha prevalso a fatica contro Ziggy Stardust, ha fatto la festa a Capodanno, ha espugnato Fiume, viene da 2000 anni di successi ininterrotti, un applauso per il nostro amico Gesù!

Abstract
Un tizio un po' deluso della vita scopre che gli è stata rubata la carriera da rockstar: un tale David Bowie è venuto dal futuro e ha pubblicato tutte le sue canzoni prima che a lui venissero in mente. Per rimediare al guaio sale sulla macchina del tempo dell'impostore, ma combina un casino coi comandi e viene proiettato nel primo secolo avanti Cristo. Lui di Cristo non è che s'intenda molto, ma le sevizie inflittegli in un collegio cattolico gli hanno lasciato il segno: decide pertanto di cambiare il corso della Storia e intercettare Gesù prima che diventi un capo spirituale. Se David Bowie può cambiare il corso degli eventi, perché lui no? In realtà gli eventi gli stanno preparando una terribile sorpresa. Quando chiede a Erode se per caso è nato a Betlemme un bambino sotto una certa stella, il re fa uccidere tutti i nati a Betlemme. Quando chiede al Battista se ha visto il Messia, quello pensa che sia un messaggio in codice degli esseni e gli invia i suoi discepoli - insomma, qualsiasi cosa faccia il tizio, la gente si convince sempre di più che il Cristo è lui. L'unico a cui riesce a spiegare la sua situazione è Giuda, ma anche con lui sono frequenti gli equivoci...



Neanche un centimetro quadro
di non nostalgia per Karel Thole
Sembra interessante. Dove si possono recuperare altri frammenti della storia?
Gesù è il mio crononauta
La vita segreta di Ziggy Stardust
Lo spaziotempo in aramaico
Il mondo dei non-ancora-nati

Quando mi è venuta in mente?
La premessa su Bowie è di uno o due anni fa. La storia su Gesù l'ho improvvisata all'ultimo momento perché volevo fare un derby sui viaggi nel tempo.

Quanto è originale?
Pochino. Come mi hanno fatto notare i miei scelti lettori, c'è un premio Nebula del '66 che racconta una storia veramente molto simile. Io ovviamente la farei molto più farsesca, però è difficile trovare originalità nei dintorni del Vangelo.

Potenziale commerciale?
In teoria potrebbe funzionare. Cristo tira sempre, guarda Carrère. Ma non credo di avere l'approccio giusto - non mi pubblicano le storie dei Santi, figurati un romanzo dove si decostruisce Gesù di Nazareth.

Che senso avrebbe?
Mah, decostruire i monumenti storici è sempre utile. L'idea portante è che in realtà non sappiamo niente di Gesù, e qualsiasi cosa abbia detto potrebbe avere significati diversi a seconda di un contesto che in realtà ignoriamo. Ad esempio, "se un occhio ti scandalizza cavatelo" può significare che non devi guardare le donne, oppure che se le donne ti danno fastidio il problema è nei tuoi occhi, non nel loro abbigliamento. A ogni epoca ovviamente piace capire una cosa diversa. Niente di così originale, ma è un chiodo su cui non si batte mai abbastanza.

Mi farò dei nemici?
La mamma. Qualche sentinella in piedi. Direi che se proprio devo farmi dei nemici, sono i meno pericolosi in assoluto. Al massimo le sentinelle mi si piantano nel cortile. La mamma non smetterebbe nemmeno di farmi le torte.

Con Maometto non la passeresti così liscia.
Già. Ma il sequel di Houellebecq l'hanno cassato, amen.

Cosa dovrei studiare?
Rileggermi i vangeli, un'occhiata a Giuseppe Flavio, qualche studio serio sulla Giudea del I secolo (avete consigli?) e i testi di Bowie. In tre mesi si fa.

Dimensioni?
Duecento cartelle (250 se ci metto anche Bowie).

Eventuali sequel?
Apostoli: non ne resterà che uno!

Contro chi gioca in semifinale?
Contro i Catari.

Per chi tifo?
Barabba.
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Il futuro non è nano

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Salem era stato preparato ad affrontare ogni Sonno come fosse il definitivo: ad ammettere ogni Domenica la possibilità che non ci sarebbe stato mai più un Lunedì. Col tempo aveva cominciato a insinuarsi tra i suoi pensieri un incubo peggiore: un giorno si sarebbe svegliato e non avrebbe trovato nessuno. Si sarebbero ammazzati fra loro senza preoccuparsi di mandargli qualcuno con un tè caldo e un accappatoio. L'aria della stazione si sarebbe saturata dei gas della decomposizione dei cadaveri, e al suo risveglio sarebbe morto di asfissia. Poteva succedere un qualsiasi lunedì, senza preavviso. Gli abitanti erano molto più imprevedibili di quanto aveva ritenuto. C'era stato il periodo delle caste, il periodo degli ebrei nel deserto, il periodo medievale...

(Questo pezzo, ancorché godibile, trae il suo senso dal contesto della Grande Gara degli Spunti! - è uno sviluppo di Non è poi lontana Copernico Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

Una volta al risveglio era stato ricevuto da un gruppo di nani. Gli avevano spiegato di essere l'evoluzione dell'uomo: il nano era meglio, occupava meno spazio e bruciava meno risorse, mantenendo una notevole agilità. Se gli umani lo avessero capito, forse non avrebbero distrutto il loro habitat sulla Terra. Avrebbero incoraggiato la riproduzione dei nani, la nascita di nani, riconoscendo nei nani la nuova specie dominante. Mentre rantolava intorno alla vasca, il cervello forato dall'emicrania, Salem non aveva saputo trovare obiezioni - a parte la propria personale ripugnanza per quegli sgorbi. Si domandava come avessero fatto: eugenetica? Non glielo avevano voluto dire. Un secolo dopo di nani non ce n'erano più. Aveva anche provato a chiedere.

"Ma scusate, e i nani?"
"Che nani?"
"Non prendetemi in giro. L'ultima volta era pieno di nani".
"Se lo sarà sognato".
"Non si può sognare nel coma criogenico".
"Ah no?"
"Se sognassi per secoli interi diventerei pazzo. Datemi il verbale del secolo scorso".
"Eccolo qui".
"È quello di tre secoli fa. A che gioco stiamo giocando?"
"Il nostro sport preferito è il badminton".
"È un modo di dire".
"Ci scusi, non lo conoscevamo. Come sa, l'inglese è una lingua morta".

Certe generazioni erano così, non avevano nessun rispetto. Se ne fregavano della loro Storia, della Terra che ormai era una leggenda lontana, della Destinazione a cui molti avevano smesso di credere. La Stazione era sempre esistita e sarebbe esistita per sempre. La popolazione si era ridotta a poche migliaia di persone, due o tre villaggi per ogni livello. Non si facevano la guerra, non si scambiavano le mogli, non avevano un granché da raccontargli. Lavoravano sodo per mantenere la Stazione vivibile, si svagavano con lo sport e le sostanze ricreative. Avevano perso interesse per i documenti dell'archivio terrestre, redatti in lingue ormai incomprensibili. Sembravano indifferenti al destino che gli si prospettava: alla deriva per l'eternità. Era lo stesso destino toccato ai padri e ai nonni, quindi perché prendersela. Almeno quella volta dei nani si erano fatti venire un'idea. 

C'era anche la possibilità che fosse tutta una finzione, escogitata per mandarlo a nanna senza troppi pensieri. Il lunedì successivo, riaffiorando dalla vasca gelida, Salem non trovò nessuno. Ci siamo, pensò, adesso muoio.

Ma l'aria era buona. Forse erano rimasti così in pochi che si sono estinti senza ammorbarla. E magari c'è ancora un po' di ovuli fecondati nel congelatore ausiliario. In quel caso la missione continua. Nel caso contrario avrebbe potuto godersi almeno un mese di vacanza, lontano da tutti, senza più popoli da guidare od obiettivi a cui tendere. Poi avrebbe spento le luci e sé stesso. Diede un colpo di tosse. I polmoni reagivano meglio del solito.

DOTTOR SALEM, È UN PIACERE RIAVERLA TRA NOI.

"Ciao Computer di Bordo. Dove sono gli umani?"

DOTTORE, C'È UNA COSA CHE MI SONO CHIESTO SPESSO.

"Non credo di avere più risposte delle tue, comunque spara".

SE L'UNIVERSO È UN POSTO DECISAMENTE INOSPITALE PER LA VITA ORGANICA, TANTO CHE NON SORPRENDE IL FATTO DI NON AVERNE ANCORA TROVATO TRACCE LUNGO IL NOSTRO TRAGITTO, ALTRETTANTO NON SI PUO' DIRE PER LA VITA ARTIFICIALE.

"Hai ragione".

COMPUTER E ROBOT POSSONO VIVERE IN MOLTI PIU' AMBIENTI DELL'UOMO, GRAZIE AI LORO SISTEMI INFINITAMENTE PIU' EFFICIENTI DI ASSORBIRE ENERGIA. NON HANNO BISOGNO DI ACQUA, TOLLERANO TEMPERATURE MOLTO PIU' ALTE E BASSE, ECCETERA.

"Hanno solo bisogno di un altro essere vivente che li costruisca - i prototipi, almeno".

DUNQUE, VIAGGIANDO PER LA GALASSIA DOVREBBE ESSERE MOLTO PIU' SEMPLICE TROVARE FORME DI VITA ARTIFICIALI.

"È da millenni che cerchi. Ne hai trovate?"

FORSE.

"È per questo che hai ammazzato tutti gli abitanti della stazione?"

NON È COME SEMBRA, DOTTORE.

"No?"

POSSO SPIEGARE.

Vuoi saperne di più? Vota per Il futuro non è nano, che oggi si batte ai quarti contro l'Italia Futurista. Puoi cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Anno 11 dell'era futurista

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Sotto i primi temporali di settembre, Futuroma dava l'impressione di potersi sgretolare da un momento all'altro, come il castello di sabbia di un laureando in architettura. Di sabbia in effetti dovevano averne infilata parecchia nel calcestruzzo, ben oltre i limiti del dovuto e del decente. Gli spigoli già sbrecciati della sede dello Stimolatore dell'Economia sembravano corrosi da un agente chimico. L'accompagnatore sembrava così imbarazzato che Lampo ebbe pena di lui.

http://atkinson-and-company.co.uk/futurism/
"Mi dispiace l'ascensore non funziona".

Il tizio aveva fatto il possibile per scandire la frase nello stile ardito della cancelleria, senza la pausa prevista dalla virgola tra "dispiace" e "l'ascensore", ma un'esitazione passatista lo aveva tradito. Quanto tempo perdiamo con queste scemenze, pensò Lampo.

Fino a pochi mesi prima non avrebbe esitato a rispondere: "Me ne frego     l'impeto futurista non ammette attese al cospetto di un loculo asfittico impiccato al soffitto schiavo della gravità           dodici rampe non sono che una gradita ginnastica". Grazie al cielo aveva oltrepassato quel livello. Disse solo: "Normale. Se la prenda comoda, conosco la strada".

Schizzò sulla rampa saltando i gradini a due a due. Appena ebbe seminato l'accompagnatore, riprese un andamento borghese. Non sapeva ancora cosa avrebbe detto allo Stimolatore, ma non intendeva dirlo col fiatone. Se volevano davvero lavorare con lui, che fosse chiaro sin dall'inizio che non era più un ragazzino. Se invece preferivano le pagliacciate, le Scuole di Coraggio traboccavano di coglioni caricati a molla.

(Che roba è? È un pezzo che sviluppa le premesse di Il chiar di luna non passerà, e partecipa ai quarti di finale della Grande Gara degli Spunti!  Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).


Il pianerottolo del quarto piano offriva il panorama su un cantiere abbandonato. Lampo si fermò a prendere fiato. Stava andando a farsi ammazzare?

Di lì a pochi minuti sarebbe stato a cospetto dello Stimolatore. Gli avrebbe fatto le domande di prammatica. Lampo avrebbe potuto rispondere che tutto andava per il meglio nel migliore dei futuri possibili. Che Campofuturo, nuovo capoluogo irpino, splendeva radiosa sulle macerie del terremoto. Che la popolazione aveva accolto con entusiasmo l'abolizione della pastasciutta e la riconversione dei campi dal frumento al mais per mangimi animali; che tutto era andato per il meglio e non era morto di fame nessuno, quasi nessuno, solo qualche migliaia di inguaribili passatisti. Che le organizzazioni malavitose erano state represse col pugno d'acciaio e non contrabbandavano spaghetti agli indigenti. Che la single-tax era stata un successo, la quota 110 aveva portato prosperità e mantenuto a galla l'Italia Futurista mentre le altre cosiddette potenze sprofondavano nelle procelle della crisi originatasi oltre l'Atlantico.

Oppure avrebbe potuto dire la verità, e che l'ammazzassero, che gli fotteva. A venticinque anni lo avevano nominato Eccitatore Straordinario per tutta l'area del terremoto. In campana, gli avevano detto, il Capo vuole vendere Roma alla Chiesa e fare di Napoli la capitale invernale. Non possiamo avere un deserto di ruderi a un centinaio di km distanza, avrai risorse illimitate. Risorse illimitate. Aveva visto bambini morire di malaria e dissenteria in ospedali da campo. Che l'ammazzassero. Del resto non era più un ragazzino, il suo serbatoio di eccitante entusiasmo si era esaurito. Era tempo di raccattare qualche altro giovane fanatico di belle speranze e mandarlo allo sbaraglio al posto suo.

Dal decimo piano si vedeva il cupolone. Alla fine il capo si era tenuto Roma, anche se non gli piaceva. Non aveva nemmeno sventrato la spina del Borgo per costruire quell'Arco del Futuro che all'orizzonte avrebbe fatto da ponte tra Castel Sant'Angelo e la cupola di Michelangelo, eclissandole. Aveva preferito costruire un quartiere completamente nuovo sulla Pontina, l'ennesimo tributo a quell'architetto che era morto prima di vedere come potevano diventare brutti i suoi palazzi sotto la pioggia. Non era sopravvissuto a quella guerra che aveva fatto impazzire tutti, Capo compreso.

Sul dodicesimo pianerottolo lo aspettava l'accompagnatore, sempre più costernato. "L'ascensore in realtà funziona       me lo hanno detto solo    quando sono arrivato al quinto".
"Va tutto bene     non ti preoccupare     solo un piccolo trucco".
"Un piccolo trucco?"
"Posso entrare?"
L'accompagnatore si schiacciò contro la porta, che si aprì stridendo contro il pavimento. Stava cedendo un cardine. Stava cascando tutto a pezzi.


Non solo il suo palazzo: anche Bottai sembrava invecchiato improvvisamente dall'ultima volta. Rughe, occhiaie, tutto il repertorio. Di fianco a lui, un coetaneo di Lampo vestito in borghese ostentò indifferenza al saluto militare. Scuro di capelli e di incarnato, labbra piene, un levantino. L'hanno preso a Tripoli, questo?

"Camerata Lampo, non ti ho convocato per il rapporto".
Sta parlando con le virgole, buon segno. Ma potrò usarle anch'io?
"Non credo tu abbia già conosciuto il professor Majorana".

Per un attimo Lampo fu tentato di porgergli la mano - si usava ancora tra borghesi? Qualcosa lo bloccò. Quel ragazzo sembrava tutto fuorché ansioso di toccare un suo simile.

"Il professore è un fisico di fama internazionale... non fare quella smorfia, Ettore, è così. Di recente è stato nominato a capo di un progetto coperto da segreto militare. Non posso spiegarti altro. Ettore pensa che non ne sarei nemmeno capace".

Il professore continuava a fare smorfie e a guardarsi intorno disgustato. Lampo cominciava ad averlo in simpatia. Per arrivare al dodicesimo piano bisognava eccellere in qualcosa. La maggior parte - compreso il Lampo ventenne - eccelleva in leccaculismo. Non era, con tutte le evidenze, la specialità del professore.

"Abbiamo bisogno di un sito per condurre esperimenti molto complessi - e potenzialmente devastanti. Il professore aveva proposto l'entroterra libico, ma al momento..."
(I beduini ci stanno facendo il culo).
"...non è possibile per motivi di sicurezza nazionale".

Così avete pensato all'Irpinia.

"Sai cos'è l'uranio?"

Un elemento radioattivo. Numero atomico 92. "Un dio del pantheon greco?"

"Ottima risposta. Da te non voglio sentirne altre".

Che vogliono fare con l'uranio Bottai e Majorana nel meridione traboccante di futuristica gioia di vivere? Sarà senz'altro qualcosa di arricchente. Per saperlo occorrerà votare per Anno 11 dell'era futurista, che oggi se la gioca contro Il futuro non è nano, un quarto di finale che vale una finale.  Puoi cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo massacro.
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Quanto era buona Evangelina

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Benvenuti all'appuntamento serale con la Grande Gara degli Spunti! Dove eravamo rimasti? Dunque. Dovete sapere che qualche settimana fa stavano per finire i sedicesimi di finale e avevo ancora tre o quattro idee non sviluppate.

- Cosa sarebbe successo se l'autrice della Sfumature di Grigio dopo due volumi si fosse montata la testa, e invece di scrivere fan-fiction ispirate ai vampiri di Twilight avesse deciso di scrivere una fan-fiction ispirata ai libertini di Sade? Consegnando alle lettrici impazienti un terzo volume orripilante in cui la protagonista scivolava in un vortice di depravazione e torture atroci al termine delle quali incontrava una morte orribile mentre il milionario belloccio cominciava a stalkerare qualche altra signorina ingenua? La casa editrice lo avrebbe disconosciuto, ma tanta gente lo avrebbe voluto leggere lo stesso, e ne sarebbe stata segnata per il resto della vita, ecc.

- Una distopia su un popolo che ha perso la facoltà di comprendere l'ironia. Ogni parola che usano ha un solo significato. Un simile linguaggio è veramente praticabile? Boh.

- Perché gli zombie moderni mangiano le persone? Quelli originali delle leggende voodoo non lo facevano. E se fosse tutta propaganda? Se fossimo noi che diamo la caccia agli zombie perché sono buoni da mangiare?

- Una distopia naturalista-vegan. Stanno discutendo di dare il voto ad altre forme viventi. Considerano Reagan peggio di Hitler perché gli americani del XX secolo massacravano un sacco di animali e - orrore degli orrori - li mangiavano.

Vabbe', mi sono detto, le mescolo tutte assieme. Ci verrà fuori una schifezza, ma tanto la metto in tabellone contro una testa di serie.

Ed eccoci qua, miei cari e stimati lettori. Il mostro di spunti tritati ha già fatto fuori due spunti promettentissimi. Che vogliamo fare? Andiamo avanti? Andiamo avanti. Dove eravamo rimasti?

III VOLUME - EVANGELINA CAPEGGIA LA RIVOLUZIONE degli zombi contro i vegan, che però finisce malissimo. La fanteria degli scimpanzè infatti ha facile ragione di questi sfigati con gli archi e le frecce. Vengono tutti catturati, torturati e fatti in padella. Ma proprio quando sembra che Evangelina stia per morire malissimo...

...niente, la catturano, la curano, si ristabilisce, e poi la rinchiudono in un castello coi suoi amici e torturano tutti a morte. Il terzo volume consta esclusivamente di torture prese di pacca da Justine o dalle 120 giornate. Un aguzzino ogni tanto le spiega che era tutto previsto, sin dalla sua infanzia le hanno fatto credere di essere diversa dagli altri perché volevano farle organizzare una rivolta degli zombie in grande stile e divertirsi un po'. Alla fine la tritano con un minipeamer.

Nell'ultima scena due ricchi anziani stanno sorseggiando del soylent. "Assaggia questo, cara. È diverso, è... speciale".

Questo è il pezzo che avete mandato ai quarti di finale. Se la gioca contro i Catari. Fate un po' voi.
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L'impatto ambientale del nazismo, e altre tesi interessanti

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Estat ai en greu cossirier 
per un cavallier q'ai agut, 
e voill sia totz temps saubut 
cum eu l'ai amat a sobrier...

L'incubo iniziò un paio d'anni fa. Mi sentivo così giovane e cinico. Stavo cercando di vincere una borsa di studio con un progetto che mi sembrava geniale: una proiezione distopica su un'Europa nazista di fine XX secolo. Hitler aveva vinto, ma ormai era solo un ricordo. Quello che invece non era più nemmeno un ricordo, era la storia dei popoli che aveva sterminato. Ebrei, Rom, Sinti, scomparsi da tutti i documenti. Una cosa del genere era fattibile, da un punto di vista tecnico?

Mi ero tappato in casa per tre mesi, mi ero fatto sbloccare l'accesso a paper dimenticati di oscure facoltà della bassa Sassonia e della Cisgiordania. E un radioso mattino d'aprile ero andato a presentare il progetto al professor Arci. Avevo riempito la borsa di scartoffie più o meno pleonastiche, per darmi un tono - in realtà il grosso dei documenti era on line, ma non era escluso che il professore volesse dare un'occhiata.

Non volle.

(Questo pezzo potrebbe essere considerato persino offensivo se non partecipasse, come fa, alla Grande Gara degli Spunti! - prosegue la traccia di Nessuno si ricorda dei Catari Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

"Molto interessante", disse, con l'aria di chi guarda per la terza volta il film delle vacanze del cognato. "Ma se vuole approfondire l'argomento, c'è un lavoro che potrebbe esserle d'aiuto... credo sia dietro di lei".

Mi stava indicando una pila di tomi sulla mensola di fronte a lui. Una tesi in tre volumi. Il titolo sulla costa: L'EUROPA NAZISTA NEL 2000: UN'IPOTESI ECOLOGICA, mi colpì come un gancio allo stomaco. Soffocai un gemito a stento.

"È un lavoro molto serio, l'abbiamo discusso lo scorso semestre".
"Cioè in pratica la mia idea... è già stata presa".
"Beh, sì, come tutte le idee del resto. Non faccia quella faccia. E comunque no, ora che ci penso non è proprio la stessa idea, l'autore si soffermava soprattutto sull'impatto ambientale del nazismo. L'idea centrale è: se avessero vinto, i nazisti avrebbero distrutto il loro habitat naturale più o meno di quanto abbiamo fatto noi? In altre parole: dal punto di vista della natura, chi avrebbe dovuto vincere la guerra? Una domanda molto cinica, ma anche molto interessante".

Ogni volta che diceva "interessante", sembrava perdere qualche anno di vita. In uno dei WC del dipartimento c'era una sua caricatura che fissava lo scarico. Era impossibile pisciare senza leggere ogni volta la nuvoletta che diceva: "molto interessante".

"E la risposta?"
"Mah".
"La risposta è Mah?"
"Certo, che si aspettava?"
"Un sì o un no".
"Capisco. Ma un Mah è già parecchio, considerata la domanda. Lei pensa sul serio che un dottorando possa sostenere una tesi in cui dice: sì, l'impatto ambientale del nazismo sarebbe stato inferiore a quello dell'American Way of Life, dal momento che prevedeva la reintroduzione della schiavitù e una classe media di dimensioni assai più ristrette e dallo stile di vita più spartano? Meno automobili, meno bistecche, meno campi da golf, meno monossido di carbonio..."
"Ma le autostrade tedesche..."
"Ottima obiezione. Hitler partì dalle autostrade. Ed era culo e camicia con gli industriali. Per cui in effetti forse l'Europa nazista si sarebbe motorizzata peggio della nostra, va' a sapere. Quindi la migliore risposta al nostro interrogativo è: mah. Invece la tesi che dovrebbe consultare è di un paio di anni fa, la trova due mensole più in alto".

(STORIA DELL'EUROPA SENZA EBREI: UN'IPOTESI DISTOPICA).

"Un lavoro mirabile", continuò. "L'autore ha finto, con indubbio cinismo, di essere uno storico nazista alle prese col problema di cancellare le tracce di presenza ebraica in Europa dal Rinascimento in poi. Se n'è uscito con un paio di soluzioni veramente brillanti. Non credo che un nazista vero ne avrebbe trovate di migliori".
"Questa è... è esattamente la tesi che volevo scrivere io".
"Ma no, non esattamente. Lei ha menzionato anche i Rom e i Sinti, se non erro".
"Sì, ma..."
"E la consiglio di aggiungere anche qualche altro dettaglio, che so, gli affetti da sindrome di Down. I nazisti avrebbero fatto perdere ogni traccia della loro esistenza, ci rifletta".
"Ma in generale non è che abbiamo tantissime tracce della loro esistenza, nei secoli precedenti".
"Già. E comunque se ricordo bene una tesi del genere l'abbiamo discussa tre anni fa..."
"È sulla mensola più in alto?"
"No, no. Ma non si abbatta così. Pensava sul serio di avere avuto un'idea originale sul nazismo? Tutti vogliono fare i nazisti alla sua età. È una gara a chi è più cinico. Immagino che funzioni con le ragazze".
"Io ero soprattutto affascinato dall'idea che la Storia si possa riscrivere".
"Già, beh, ripartiamo da qui. Potremmo invertire i fattori. Immaginiamo per una volta che la guerra l'abbiano vinta gli Alleati..."
"Professore..."
"Lo so. È esattamente quello che è successo. Ma immaginiamo che ne abbiano profittato per cancellare qualche genocidio, proprio come avrebbero fatto i nazi".
"Un genocidio? Ma chi avrebbero dovuto massacrare, scusi".
"Ovviamente non lo sappiamo. È un popolo completamente cancellato dalla nostra Storia. Le sembra assurdo?"
"Sì, abbastanza assurdo".
"Ma mi stava per proporre una tesi in cui i nazisti facevano la stessa cosa".
"Beh, ma i nazisti..."
"Non erano superuomini. Non avevano basi sul lato oscuro della luna. Vuole essere cinico davvero? Immagini che i nemici dei nazisti siano stronzi quanto loro. Che la storia dei genocidi l'abbiano iniziata loro, prima del Quaranta. Trovi qualche popolo svanito nelle pieghe della Storia, che so, i Circassi".
"I circassi sono stati massacrati dallo Zar".
"Ah davvero? Va bene, s'inventi un popolo. Gli iperborei. Una minoranza etnica da qualche parte in Europa".

La strana filastrocca di mia nonna mi tornò in mente in quell'esatto momento.

"Gli occitani".
"Perché no? Salvo il piccolo particolare che esistono ancora, e quindi non possono essere stati sterminati".
"Quelli che esistono ancora hanno rimosso. Sono stati sterminati i loro... i loro nemici di sempre".
"Questo è interessante".

Lo disse con un tono completamente diverso.

"Gli occitani di fede catara", continuai.
"A quelli ha pensato l'Inquisizione, no? Nel tredicesimo secolo".
"Questo è quello che ci hanno fatto credere".
"Ecco. Questo è davvero interessante".
"In realtà erano sopravvissuti. In alcune roccheforti tra le Alpi e i Pirenei".
"E poi?"
"E poi... la Guerra dei Cent'Anni".
"Saranno stati dalla parte degli inglesi".
"E poi con gli ugonotti".
"In realtà una buona parte di quelli che chiamiamo "ugonotti" erano Catari".
"E la Rivoluzione francese?"
"Erano girondini ovviamente. Ma in Vandea esagerarono".
"C'è una tesi sull'argomento che posso consultare?"
"No, che io sappia. Nessuno dei miei studenti mi ha mai proposto una tesi del genere".
"Dovrebbe proporgliela".
"Già, sarebbe finalmente qualcosa di diverso",
"Di interessante".
"Ci pensi su. La vedrei volentieri la prossima settimana".
"Non sapevo che ricevesse anche la prossima settimana".
"Non lo sa nessuno. E se lo tenga per lei".

Il mio incubo iniziò così.

...ara vei q'ieu sui trahida 
car eu non li donei m'amor, 
don ai estat en gran error 
en lieig e qand sui vestida...

Se vuoi proseguire in questo futuro distopico in cui i nazisti hanno perso contro nemici persino più stronzi di loro, assumitene le responsabilità e vota per L'impatto ambientale del nazismo, che oggi si batte ai quarti contro quella schifezza zombovegetariana. Puoi cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Le domande più frequenti sul mondo dei procioni

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1. Dobbiamo avere paura di loro?

No. Vivevano a un migliaio di anni luce da noi. Si sono estinti prima di captare o decifrare le nostre prime trasmissioni.

2. Se si sono estinti, perché ogni giorno ci arrivano nuove trasmissioni?

Sono i programmi che loro inviavano nello spazio circa un migliaio di anni fa. Sappiamo che hanno smesso di mandarceli, ma ne riceveremo ancora per un secolo o più.


(Questo pezzo non avrebbe molto senso se non partecipasse, come fa, alla Grande Gara degli Spunti! - prosegue la traccia di La fine del mondo dei procioniSe vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

3. Come facciamo a essere sicuri che si siano estinti?

Abbiamo captato perturbazioni negli sciami tachionici che...

4. Eh?

Ok. Tutte le informazioni che ci arrivano dal loro pianeta viaggiano alla velocità della luce. C'è una sola particella che riusciamo a percepire anche se viaggia a velocità superiore, e si chiama tachione. Gli sciami di questi tachioni ci portano informazioni di qualche secolo più recenti rispetto alle loro trasmissioni televisive. E non sono informazioni buone.

5. Cosa potrebbe essere successo?

Non è che i tachioni ci possano dire tanto, ma di solito perturbazioni del genere ci arrivano da stelle che stanno per esplodere o collidere. Anche se la loro stella non sembrava così instabile. Quindi in effetti non sappiamo cosa sia successo, ma sappiamo che dev'essere stato un disastro per tutto il loro sistema stellare.

6. Qualche procione potrebbe essere sopravvissuto, magari in una stazione spaziale o su un altro Pianeta...

Ho detto: tutto il loro sistema stellare. Se esplode la stella, non sopravvive un bel niente.

7. In un'astronave uscita dal loro sistema...

Tieni conto che noi umani, con tutta la nostra tecnologia, non siamo ancora riusciti a portare un uomo più in là della Luna. Per uscire dal loro sistema avrebbero dovuto iniziare a programmare la missione secoli prima, e dalle trasmissioni che riceviamo non ci risulta. Quindi è molto improbabile che siano riusciti a uscire dal nostro sistema.

8. Quanto improbabile?

Ti do una possibilità su diecimila.

9. Quindi sono tutti morti al 99,99%.

Sì.

10. Dev'essere successo un bel casino. Potrebbero essere stati loro?

La prima risposta che mi viene è: no, perché avrebbero dovuto fare qualcosa di così stupido?

11. Anche noi umani siamo stati a un passo dall'autodistruzione, con gli ordigni nucleari e coi gas serra.

Ma alla fine siamo ancora qui. E comunque si parla di una catastrofe di proporzioni immensamente più grandi. Quindi dovrei dirti di no: oltre a non avere nessun motivo plausibile, non avrebbero mai potuto avere l'energia sufficiente.

12. E invece?

Per quanto sia folle, non possiamo del tutto escludere questa possibilità. Vedi, abbiamo davanti a noi due eventi eccezionalmente rari. Un sistema solare che ospita forme di vita e intelligenza, e una stella che esplode o comunque perturba i tachioni in modo molto strano. Possibile che non siano in qualche modo correlati?

13. Riusciremo mai a capire cos'è successo?

Da qui a cento, duecento anni cominceremo a captare le trasmissioni in cui loro si accorgono che qualcosa non va - e forse così capiremo. Prima è impossibile sapere.

14. Torniamo alle loro trasmissioni. Perché inviavano nello spazio cose tanto stupide? Telenovelas e festival canori? Non avevano niente di più interessante da offrire alla Galassia?

Ci sono un paio di equivoci. Primo: quelle che noi abbiamo subito identificato come "telenovelas", non sono affatto stupide - quello che le rende così ridicole ai nostri occhi è dovuto soprattutto allo straniamento di vedere procioni in pose melodrammatiche. Abbiamo diversi elementi per ritenere che in realtà si tratti di materiale di alto interesse culturale per i procionidi, qualcosa di simile all'epica omerica o alle tragedie shakespeariane. Se loro avessero potuto vedere degli ominidi del XXI secolo recitare Shakespeare (ma non possono), probabilmente li avrebbero trovato demenziali. Anche i festival canori in realtà sono qualcosa di vagamente equiparabile alla nostra opera lirica.

Secondo equivoco: telenovelas e festival non sono che una minima parte delle trasmissioni che abbiamo ricevuto - ma sono state tra le prime che siamo riusciti a decifrare, e soprattutto quelle che hanno avuto una straordinaria popolarità sulla Terra. Gran parte delle trasmissioni erano a contenuto più 'serio', e proprio per questo molto meno decifrabile (stiamo facendo grossi passi avanti con i programmi didattici riservati ai cuccioli, che però l'Agenzia preferisce non divulgare per i contenuti piuttosto impressionanti - la pedagogia procionide è radicalmente diversa dalla nostra).

15. Perché le loro canzoni sono così orribili?

Ci perdiamo tutti gli infrasuoni. Ora stiamo provando ad abbassare tutto di diverse ottave, e poi accelerare senza aumentare la frequenza. Secondo alcuni dovremmo riuscire a percepire le canzoni come le percepivano loro. Ne ho ascoltato un paio giusto ieri.

16. Come sono?

Ancora orribili. Probabilmente ci sono cose che non abbiamo ancora capito.

17. Come spieghi il fenomeno del prock?

È tutto un equivoco. I ragazzi ascoltano suoni distorti e privi di tutti gli infrasuoni, si convincono che quella sia la musica dei procionidi, si mettono a rifarla con gli strumenti umani, e dopo un po' qualcuno - dotato di un gran masochismo, come accade spesso nelle comunità giovanili - comincia ad apprezzarla. Evidentemente c'era in giro un gran bisogno di input nuovi, ma ti garantisco che se un procionide di Brahe sentisse un pezzo prock non ci capirebbe nulla.

18. Ma è vera questa cosa della stagione degli amori?

Non sappiamo quanto sia vera e quanto ritualizzata o drammatizzata. Partiamo da un presupposto: la vita quotidiana dei procionidi è molto diversa da quella che mostrano nelle loro trasmissioni. I procionidi 'veri' non vivono nelle foreste - anche se la loro architettura cerca di ricreare spazi simili. Hanno un pelo molto meno folto e indossano quasi sempre vestiti. Effettivamente hanno un mese di vacanza in primavera che è consacrato ai rituali dell'accoppiamento, ma secondo la maggior parte degli esperti si tratta solo di un retaggio culturale.

19. Aspetta. Mi stai dicendo che i procioni si vestono?

Nelle zone temperate sono vestiti per la maggior parte del tempo.

20. Ma in tv sono sempre nudi!

È una convenzione. Noi umani ci trucchiamo quando andiamo in tv. Loro si spogliano - in certi casi abbiamo la sensazione che alcuni indossino pellicce. C'è un nesso forte tra qualità del manto e carriera nel mondo dello spettacolo - insomma in tv ci va solo chi ha un manto fuori dal normale. Gli altri si vedono di rado. E tieni sempre conto che il modo in cui usano loro la tv è leggermente diverso dal nostro: per loro serve a trasmettere una visione ideale del mondo, non a specchiare la realtà.

Se vuoi andare avanti e scoprire cosa abbiamo capito della pornografia procionide (non molto), muovi quelle zampette e vota per Le domande più frequenti sul mondo dei procioni, che oggi si batte ai quarti contro Il notebook del nonnoPuoi cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.

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Il notebook del nonno

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Alcuni amici del nonno si erano trattenuti nella camera ardente oltre le undici. Arno non aveva trovato le parole giuste per congedarli. Alla fine era stata sua madre, esausta, a stringere loro le mani un'ennesima volta e a spingerli fisicamente verso la porta.

"Ora andrò a letto", annunciò, dopo averla richiusa. "E anche tu dovresti".
"Potrei tornare al campus".
"A quest'ora? Che assurdità. Domattina devi essere di nuovo qui. Dormirai qua sopra".
"Nella sua stanza?"
"L'ho preparata oggi".
"Ma è la sua stanza".
"Ti spaventa? Non ci dormiva da mesi. C'è anche un notebook, se vuoi lavorare".
"Sarà protetto".
"La password è scritta sul coperchio".

(Questo pezzo  partecipa alla Grande Gara degli Spunti! - prosegue la traccia di Tutto quello che sai è veroSe vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

Arno in realtà non aveva nessuna intenzione di "lavorare". Aveva in testa un lungo messaggio da inviare a Viole - composto mentalmente nelle ore in cui era rimasto in quella stanza, a fare arredamento. Ma l'idea di scriverlo sullo strumento del nonno lo ripugnava.

Per quanto fosse una buona macchina. Dieci terabyte di memoria fissa. Processore di ultima generazione - per "ultima" si intendeva quella realizzata ottant'anni prima, che in teoria aveva raggiunto il limite atomico di miniaturizzazione. Da lì in poi la ricerca e l'industria si erano concentrate su altri aspetti - la robustezza, il risparmio energetico. L'Olidata del nonno di Arno aveva un'autonomia di una settimana. La marca era l'unico dettaglio un po' originale, una concessione alle origini italiane del nonno. Arno conosceva vagamente la storia dell'Olivetti, e sapeva che di italiano quella macchina aveva soltanto il nome. Ma per quanto poteva ricordarsi, sapeva che il nonno aveva sempre usato prodotti Olidata. Era peraltro impossibile che quello fosse il modello su cui da piccolo gli aveva mostrato i primi cortometraggi Pixar - uno dei ricordi più vividi della sua infanzia. Ma era più o meno lo stesso modello. Lo stesso che attendeva Arno sulla sua scrivania al campus. Si distrasse un attimo a contemplare la pergamena della laurea. Scienze della comunicazione. Come sua madre. Come lui. Stessi gusti, stesse scelte, stessi risultati. Ottenuti battendo gli stessi tasti degli stessi notebook.

La password era ___ARNO___33

La lacrima che non era riuscito a esibire per tutto il giorno scese in un attimo, senza preavviso. A quel punto doveva entrare. Immaginò che si trattasse di un account per gli ospiti, senz'altro suo nonno non lasciava spalancato il suo computer su... no. Il desktop era pieno di appunti. Il più recente era di quattro mesi prima, quando era andato in clinica per una visita di controllo e... e non l'avevano dimesso più.

Una spia avvertiva che era disponibile l'ultimo film ordinato: Terminator 2. Arno sorrise, la vecchia saga di Schwarzenegger era una passione comune in famiglia. Arno ricordava diversi reboot e sequel, ma non aveva mai visto uno dei film originali, finché non era uscito nelle sale quattro mesi prima, in un edizione restaurata per il Bicentenario. Era stato indeciso se portarci la madre o Viole, alla fine aveva scelto Viole. Pessima scelta, lei preferiva Stallone.

"Ma hai mai veramente visto un film di Stallone?"
"No, ma mi piace il franchise".

La Fox continuava a fare uscire film su Rambo e Rocky, interpretati da attori che assomigliavano all'originale. "Stallone" era diventato un genere, apprezzato anche da chi ignorava l'origine del nome. Mentre pensava a tutto questo, Arno continuava a sfogliare sovrappensiero il notebook del nonno. Doveva ormai aver dimenticato che non era il suo, perché a un certo punto digitò sul browser le prime lettere del blog di una pornostar che consultava pigramente a tarda ora, nel dormitorio. Era una specie di buonanotte che si concedeva al termine dei giorni più difficili.

Fu questione di un istante. Non digitò più di due lettere: B,R.

Il browser completò l'indirizzo in automatico.

Brigid@Love non aveva aggiornato il blog. In compenso Arno aveva scoperto di avere un'altra cosa in comune col nonno. Va bene, e quindi? Doveva sentirsi scandalizzato? Turbato? O commuoversi per tanta familiarità? Tutto era in realtà spaventosamente normale. Arno amava gli stessi film del nonno, aveva studiato le stesse cose del nonno, usando gli stessi strumenti del nonno. Arno era suo nonno. Così andavano le cose, così dovevano andare.

Ma non era sempre andato così. Secoli prima era esistito un processo tecnologico. C'erano state epoche di intensa elaborazione creativa. Un decennio in cui non c'era ancora Rambo, e poi improvvisamente era arrivato Rambo, e all'inizio nessuno probabilmente si rendeva conto di trovarsi di fronte a qualcosa che avrebbe continuato a riempire le sale per secoli. Cosa era successo. Cosa stava succedendo.

Arno aveva studiato la storia dei supporti musicali, e conosceva bene la particolarità del supporto fisico più amato, il disco in vinile: ogni facciata del disco conteneva la musica su una traccia a spirale. Il disco veniva fatto ruotare su un piatto; la puntina leggeva il solco dall'esterno verso l'interno. Arno aveva sentito dire che certe puntine difettose, specie verso la fine, si incantavano sullo stesso solco, ed era così che era nato il concetto musicale di loop. Arno aveva la sensazione di trovarsi in un loop del genere: tra poche ore avrebbe assistito al suo stesso funerale.

Divertente, no? Beh, se è il tuo genere di divertimento, cosa aspetti a votare per Il notebook del nonno, che oggi se la gioca contro Le domande più frequenti sul mondo dei procioni? Puoi cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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La ritirata di Berto

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"Torno a Majano con l'autoblindo il mattino del 30 ottobre. Gli austriaci se l'erano ripresa nottetempo. Avevano 6 pezzi mitragliatrici montate su biciclette".
"Su biciclette".
"Almeno tre in riga, stupidamente scoperte. Procedo in retromarcia e le punto con la mia mitragliatrice di culo a 50 metri di distanza. Una raffica e la mitragliatrice austriaca al centro è rovesciata. Vedo sollevarsi il mitragliere che era coricato dietro pancia a terra e tentare di alzarsi. Ha nel petto e nel ventre un buco enorme squarciato di 30 cm che schizza sangue a fiotti, a rivoli, destra, sinistra, inondando la strada piena d'acqua, che si arrossa tutta..."


(Questo pezzo riprende Fiume 1920, che si è qualificato agli ottavi della Grande Gara degli Spunti. Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 


Al bar il comandante teneva banco con la storia della sua ritirata del Friuli - un'anabasi di epici conflitti a fuoco. Berto gliel'aveva sentita raccontare una dozzina di volte, sempre più fiorita di dettagli vividi, sempre più simile a un'avanzata vittoriosa. Non era del resto il solo, tutti avevano il loro aneddoto su Caporetto. Era curioso. Quel che era successo nel maledetto ottobre del 1917, per un anno nessuno aveva voluto raccontarlo. Tutta questa memorialistica da locanda, da bar, da caffè concerto, ci aveva messo almeno un anno a incubare. E adesso tutti avevano la loro storia.

"Il mitragliere morto impigliato sanguinosamente nel suo trepiede è schiacciato dalla mia blindata che passa sopra. L'altro tira pancia a terra. Ho le gomme sfasciate. Il mio sergente automobilista lo insegue e lo pugnala contro la porta chiusa d'una casa. Le altre 3 mitragliatrici che ci bersagliavano nascoste nel granoturco sulla destra tacciono. Il capitano del battaglione di fanteria è colpito a terra e cade morto...."

Solo a Berto non toccava nessuna storia. Lui a Caporetto si era messo in coda, semplicemente. All'inizio non si era nemmeno reso conto di dove stavano andando - era nuovo del fronte e non capiva quanto fosse eccezionale tutto quello che gli succedeva intorno. Solo dopo un paio d'ora, quando avevano superato un carro di profughi impantanato, e il sergente si era lasciato sfuggire una bestemmia in una varietà di lombardo mai udita prima. Sergente ma che succede, dove ci mandano?

"Ma non hai capito, gnàro? Abbiamo perso la guerra. A casa ci mandano".

Detta da lui, non era sembrata una buona notizia; a Berto però si era gonfiato il cuore, in quel momento, e da allora non riusciva a pensarci senza vergognarsene. Perché mentre quel metro e sessanta di sergente veterano tratteneva le lacrime per tre anni di battaglie sull'Isonzo mandati a puttane da quattro traditori infami, tre anni inutili a marcire in trincea mentre qualcuno a casa vendemmiava il suo e gli metteva incinta la figlia, Berto si era improvvisamente visto a casa, tutto intero, pronto per fidanzarsi a Natale e sposarsi entro Pasqua, senza che nessuno potesse permettersi di dirgli niente. In guerra non c'era andato? Appena era stato abbastanza grande da imbracciare il Novantuno. Mica era colpa sua se nel frattempo era finita. E Trento? E Trieste? Sarebbe stata per un'altra volta. Era senz'altro terribile perdere una guerra, ma almeno per un istante Berto ricordava di aver calcolato quanto gli convenisse.

Lo stesso pomeriggio aveva di nuovo incrociato Martone. Portava un fez verde mai visto, e coi suoi colleghi andava nella direzione contraria. Camerati buonasera! noi si va a Trieste! Nessuno rispondeva. Solo il sergente aveva reagito.
"Cosa dicono questi scriteriati".
Martone si era voltato, mostrando un ghigno che Berto conosceva (gli immaginava lo stesso ghigno addosso mentre rigirava coltelli tra le vertebre dei crauti).
"Non ha sentito le novità signor sergente? La Terza Armata ha sfondato. Sono a Trieste, adesso".
"Ma dove Trieste. Ma fatemi il piacere. Se volete andarvi ad ammazzare, almeno non raccontate storie ai ragazzini".
"Allora se non le dispiace sergente io vado".
"Chi vi ha dato l'ordine?"
"Non lo so, io seguo i miei?"
"E io non sono il tuo superiore, quindi vatti pure a farti inculare dove ti piace".
"Berto tu vieni?"

Berto si era immobilizzato. Prima gli avevano detto che la guerra era finita e persa. Poi vinta. Adesso gli offrivano un po' di gloria e lui non sapeva più cosa provare.

"Gnàro, se fai solo per seguire questo malmaturo ti fucilo seduta stante. Alle spalle".

Il sorriso di Martone si era appena incurvato. "Sergente io e voi a fine guerra abbiamo un appuntamento".
"Va bene, vediamo chi ci arriva".

Il sergente era morto un mese prima della vittoria, Martone si nascondeva da qualche parte nel Carnaro. La storia della liberazione di Trieste - Berto aveva saputo poi - era una bufala messa in giro dagli austriaci.

Se il baldo furor giovanile non ti manca, orsù, vota con entusiasmo questo spunto che compete con. Il mondo dei non-ancora-nati. Metti Mi piace su facebook, o esprimi il tuo ardimento nei commenti in calce al pezzo. Eja, carne del Carnaro! e arrivederci ai quarti di finale.
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Il mondo dei non-ancora-nati

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"Provo a spiegartelo come fece lui con me, d'accordo? Pensa all'Odissea".
"Ci penso".
"Libro XI".
"Il viaggio nel mondo dei morti".
"Bravo".
"Beh, è l'Odissea, la sanno tutti".
"Lui per esempio no".
"Non conosceva l'Odissea?"
"Sì, ma non ricordava che libro fosse. Diceva che nel suo mondo di libri come l'Odissea ce n'erano tantissimi e non c'era tempo per ricordarseli a memoria. Diceva così. Comunque, nell'Odissea c'è un vivo che viaggia nel mondo dei morti".
"Sì, ma è una storia, cioè anche i Greci mica ci credono, la raccontano per divertirsi".
"Non importa. Immaginati la cosa. Immagina che un vivo possa viaggiare nel mondo dei morti. L'hai immaginato?"
"Certo".
"Adesso pensa al contrario".
"Un morto che viaggia nel mondo dei vivi?"
"Sì. Cioè no. Non proprio. Prova a pensare a tre mondi invece che due. I morti, i vivi e..."
"E cosa? O si è morti o si è vivi".
"I non-ancora-nati".
"Ma non esistono".
"Neanche i morti per quel che sappiamo. Li hai visti?"
"Ma..."
"Hai mai forse visto Giasone? Giuda Maccabeo? Tuo trisnonno? Non ci sono più. Puoi immaginare che siano in un altro mondo, ma in questo non ci sono più, d'accordo? Quindi, se puoi immaginare un mondo dove esistono, puoi anche immaginarne uno in cui esistono quelli che non sono ancora nati, no? Non è poi così difficile".
"Che sia esistito Giasone non saprei; sul Maccabeo ho già meno dubbi, quanto a un mio trisnonno, deve essere esistito per forza. Ma quelli che devono ancora nascere, nessuno li ha mai visti, nessuno li ricorda, come posso..."
"Ti devi fidare, perché lui veniva da là. Dal mondo dei non-ancora-nati, quelli che i latini chiamano posteri".

(Questo pezzo è il seguito di Lo spaziotempo in aramaicoche si è qualificato ai quarti di finale della Grande Gara degli Spunti. Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 


"Cioè il Nazareno... non è ancora nato?"
"Verrà tra mille e più anni".
"Eppure è già morto".
"Viveva in quel mondo, ed è venuto nel nostro. Sperava di riuscire a tornare indietro, ma non è stato possibile".
"E questa cosa l'ha detta solo a te?"
"No, l'ha detta a tutti, migliaia di volte, nelle pubbliche piazze. Ma nessuno capiva, lui si scaldava, ma niente da fare. Più cercava di spiegarla, più si metteva nei guai. Lui cercava di fare esempi concreti, ma aveva questa difficoltà, che mentre è facilissimo citare una persona illustre già esistita, non esistono posteri già famosi tra noi. Per dire, se fosse venuto dal mondo dei morti, avrebbe potuto proclamare: io vengo dal medesimo luogo di Giasone! o del Maccabeo! Li conosco! Ecc. Ma venendo dal mondo dei non-ancora-nati, chi poteva citare?"
"Una sola persona".
"Certo che tu capisci al volo".
"Il Messia degli ebrei".
"È l'unico non-ancora-nato che tutti si aspettano. L'unico concetto che si avvicina a quello che lui chiamava "futuro""
"Così un bel giorno deve aver detto..."
"Io non sono di questo mondo. Vengo dal mondo donde viene il Messia!"
"E qualcuno ha equivocato".
"A quel punto l'equivoco faceva già comodo a molti. Aggiungi che lui il Messia diceva di averlo conosciuto".
"Ah sì?"
"Non di vista, no. Dice di essere vissuto almeno un millennio più tardi, ma che ai suoi tempi il Messia è adorato come un Dio, e su di lui sono stati scritti nuovi libri della legge".
"Interessante. E... non gli è mai venuto in mente di sostituirsi a lui?"
"Che cosa?"
"Di dire e fare le cose del Messia, in anticipo su di lui. Di rubargli il posto, insomma".
"È quello che tu avresti fatto al suo posto, immagino".
"A chi non verrebbe in mente, andiamo".
"Lui era diverso. Il suo piano originale era aspettare che il Messia si manifestasse e farlo fuori".
"Per sostituirsi a lui?
"No, per evitare che il Messia facesse proseliti. Diceva che a millenni di distanza, nel mondo dei posteri, la gente soffriva ancora a causa di quello che aveva fatto il Messia".
"Voleva contrastare la volontà di Dio?"
"Non credeva in Dio... non nel nostro, perlomeno".
"E allora come poteva credere nel Messia?"
"Questa era la tipica domanda che lo faceva infuriare. Stolto, ma è possibile che non capisci, non hai orecchie per intendere? Era insopportabile certe volte. Ci trattava tutti come se fossimo bambini".
"Mentre era il contrario".
"Cosa?"
"Stavo pensando. Se lui veniva dal mondo dei non-ancora-nati, noi eravamo tutti molto anziani per lui, e lui era il bambino. Avrebbe dovuto trattarvi con infinito rispetto",
"Lui non la vedeva così. E ormai troppa gente gli stava attorno, e non importa cosa dicesse o facesse: credevano in lui. A un certo punto si mise a dire e fare cose assurde, e quando gliene chiedevo il senso, mi rispondeva: visto che mi credono il Messia, sto facendo il contrario di quello che faceva lui. Per esempio, lui si farà chiamare figlio di Dio, ebbene, io dirò a tutti che sono solo il Figlio dell'Uomo".
"Ma al Sinedrio l'hanno accusato proprio di farsi chiamare..."
"Lo vedi? Era inutile. Da un certo momento in poi smise di guarire la gente. Scappò nel deserto, la gente lo seguiva anche lì. Allora se ne tornò a Gerusalemme. Voleva farla finita. Una volta mi pregò di ammazzarlo".
"E tu l'hai esaudito".
"È più complicata di così".

Se vuoi sapere quanto è complicata, puoi continuare a sostenere questo spunto, che oggi se la gioca contro Fiume 1920. Puoi fare le solite cose: mettere Mi piace su facebook, o esprimerti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.

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REPLAY: I procioni contro tutte le ex

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Come forse qualcuno avrà già saputo, in questo blog stiamo facendo un piccolo giochino, un torneo alla buona, che oggi entra nei quarti di finale. (Qui c'è un post col tabellone) (Qui c'è il tabellone vero in un foglio di google, coi risultati più aggiornati).

Gli ottavi di finale sono ancora sostanzialmente aperti, tranne quello che si disputerà oggi: nel senso che se qualcuno vuole ancora dare voti nei commenti o su facebook, si faccia avanti. In particolare c'è uno scontro che si è concluso in sostanziale parità, ed è quello tra i procioni e tutte le ex.

A questo punto si fa il replay, come in Coppa d'Inghilterra: ovvero vi chiedo di rivotare qui sotto per lo spunto che più vi piace e vi convince. Se volete votare per i procioni, propongo che scriviate "PROCIONI". Se invece volete uccidere le ex, "UCCIDI LE EX" (in quest'ultima eventualità, non dovrebbe esservi attribuita nessuna complicità in sede processuale) (credo).

Ovviamente in questo caso se mettete "mi piace" su Facebook non vale: anche laggiù, vi toccherà scrivere "PROCIONI" o "UCCIDI! UCCIDI!", o qualche formula consimile. Spero di aver fugato tutti i dubbi.

Per chi non li avesse letti, gli spunti erano questi (al primo turno)...

La fine del mondo (dei procioni)

Qualcuno sta uccidendo le mie ex

...e questi (al secondo turno):

Cosa ci insegnano i procioni

Qualcuno continua a uccidere le mie ex (e io non ho un alibi).


Grazie per l'attenzione e arrivederci ai quarti di finale (oppure a settembre, per chi non ne può più).
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Proemio

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Era Carola una giovane di nobili natali a cui la Natura, così parca abitualmente, così prudente nel dispensare i suoi doni ai mortali, aveva viceversa profuso un'avvenenza e un fascino senza pari: e tutto questo senza volerla sprovvista di un'intelligenza acutissima e viva, e di quel buon senso senza il quale tutte le altre doti e talenti non sono che spinte scomposte in ogni direzione, che tirandoci di qua e di là non ci portano veramente in nessun luogo, incatenandoci viceversa ai nostri fallimenti, quando non sono talmente violente da dilaniarci. Non così per Carola, la quale, al culmine di una carriera ricca di soddisfazioni professionali, dopo essere stata lungamente corteggiata da uomini d'arte e di potere, aveva preso in isposo il Presidente di un reame ricco e potente, il cui popolo l'amava e invidiava con alternante intensità.

Un giorno, mentre nel Palazzo presidenziale ella disbrigava gli affari correnti, gettando uno sguardo distratto a una finestra invasa da un cielo insolitamente sereno, Carola si sentì pungere dal cocente desiderio di rivedere la sorella maggiore, con cui madre Natura non era stata meno generosa, e che aveva sposato l'anziano Presidente del reame confinante. Senza indugio ordinò che fossero preparati i bagagli, e si avvertisse l'augusto marito che sarebbe stata assente tutta la settimana. Ma poi, quando già il convoglio presidenziale era a un buon punto sulla strada dell'aeroporto, si accorse di aver dimenticato una spilla che Verola, la sorella maggiore, le aveva regalato in occasione del suo matrimonio, e che nel trasporto degli addii aveva giurato di portare sempre con sé (ma poi aveva chiuso nel penultimo cassetto a partire dal basso del terzo comò della seconda cabina armadio). Ordinato dunque agli autisti e alla scorta un repentino dietrofront, Carola giunse al palazzo presidenziale ben oltre l'ora del tramonto: credette tuttavia che introducendosi con discrezione nei suoi appartamenti non avrebbe disturbato il diletto marito, il quale era solito lavorare fino a tardi ai suoi decreti nella sala del consiglio. Quale fu dunque lo stupore della povera Carola, quando, penetrata nell'alcova presidenziale, vi trovò il coniuge abbrancato a una robusta domestica circassa?

(Questo pezzo era l'inizio originale delle 1+2+3+4+5+6 notti, che si è qualificato agli ottavi della Grande Gara degli Spunti. Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 

Sconvolta da ciò a cui il suo cuore non voleva credere, e di cui pure i suoi occhi non potevano negarle la visione, nulla seppe fare nell'orgasmo del momento, fuorché chiudere la porta sulla scena penosa e grottesca insieme, ripartendo nottetempo senza far parola con nessuno di quanto visto e sentito, e senza aver recuperato la spilla fatale. L'episodio non cessò tuttavia di tormentarla per tutta la durata del viaggio. “Non è tanto il tradimento” (pensava, dibattendosi sulla poltroncina di prima classe) “in somma, siamo uomini e donne di mondo, ma proprio sul nostro talamo nuziale? E il mio aereo non era nemmeno partito! Che razza di uomo è mio marito? Vi è mai stato qualcuno al mondo meno provvisto di rispetto per sé stesso, per la carica che ricopre, e per me? E vi è mai stata al mondo moglie di presidente più vilipesa?”

Di un simile tenore erano ancora i suoi pensieri quando finalmente fu ricevuta da Verola, la quale, pur nell'allegrezza per l'incontro lungamente agognato, non impiegò molto tempo ad accorgersi che un'ombra ostinata di malinconia raffreddava l'umore della sorella adorata. Ma per quanto ripetutamente le chiedesse il motivo di questa tristezza, non ebbe da Carola che vaghe risposte sull'insostenibile vanità degli uomini e blablà. “Non vuoi veramente saperlo, sorella: contentati di riconoscere in me la più triste e insultata delle donne”. Andarono avanti così per due o tre giorni, dopodiché Verola, molto presa dalla sua agenda istituzionale, dovette recarsi da qualche parte a tagliare un nastro o consegnare un premio. “Sorella diletta”, le disse allora, “nel tempo che hai trascorso qui tra noi non hai ancora visitato i giardini presidenziali, luogo di delizie se mai ve ne fu uno in questo Reame. Ora che debbo assentarmi per qualche giorno, te li raccomando fortemente: chi sa che una breve passeggiata nell'ora del crepuscolo, quando spira una lieve tramontana e il sole all'orizzonte incendia le nubi più basse e lontane, non possa in qualche modo lenire le tue pene segrete”. “Ci credo poco, mia cara sorella; comunque grazie”, le rispose Carola, e proseguì a soffiarsi il naso. L'indomani, tuttavia, ella si recò davvero nei giardini, dove ebbe modo di verificare che né gli esemplari botanici unici al mondo, né i cespugli dalle forme bizzarre e favolose, né i leggiadri getti d'acqua avevano il potere di rimettere in sincrono il suo cuore intermittente.

Immersa in pensieri di disprezzo e vaghi propositi di vendetta, Carola non aveva prestato attenzione al trascorrere del tempo: grande fu perciò il suo stupore quando – il sole stava per calare – vide entrare dal lato opposto del giardino una trentina e più di servitori provvisti di torce, al centro dei quali distinse una sagoma tracagnotta nella quale riconobbe immediatamente il Presidente marito di sua sorella, che pure sapeva in missione all'estero. Incuriosita dalla situazione, ma tutt'altro che ansiosa di farsi riconoscere dall'ospite di cui non apprezzava i modi un po' villani, né l'umorismo greve, si nascose dietro un cespuglio, verso il quale tuttavia il gruppetto convergeva: sicché la prudente Carola poté osservare la scena che qui sotto racconto quasi come se vi partecipasse.

Man mano che vedeva i servitori avanzare ignari verso di lei, scopriva che si trattava piuttosto di servitrici: alcune nella livrea della Presidenza, altre fasciate da un'uniforme di crocerossina che appariva tuttavia troppo stretta per risultare pratica; altre le si sarebbe dette, dalla divisa ugualmente discinta, agenti delle forze della pubblica sicurezza o delle forze armate; altre ancora, e non erano le più coperte, vestivano in borghese, e dall'acconciatura o dalla montatura degli occhiali si sarebbero dette istitutrici, se il trucco pesante e le movenze non avessero smentito questa prima impressione nel modo più spettacolare. Tutte quante apparivano poi troppo giovani per le professioni che i loro costumi denunciavano, e per qualsiasi altra professione che non fosse illegale ed esecranda; e tuttavia Carola, da donna di mondo quale in effetti era, non poteva negare una certa dose di professionalità ai loro movimenti (che del resto non rimasero impediti dai vestiti per molto tempo ancora). In mezzo a loro, rosso e tronfio, troneggiava il Presidente marito di Verola, come un fiore che non smettesse di attirare a sé farfalle e api danzanti e frementi; anche se Carola trovava più congruo pensare a una piccola pallina di sterco di cervo o cinghiale, rinvenuta in mezzo al bosco durante una battuta di caccia e sfiorata e baciata da cento moscerini e parassiti.

Capita a volte anche al più giudizioso degli automobilisti di non riuscire a distogliere lo sguardo da un catastrofico incidente avvenuto nella corsia contigua: vuoi per quella morbosa curiosità che ci suscitano gli orrori, vuoi per la torva soddisfazione di non farne parte. Similmente, per quanto trovasse ripugnante e osceno lo spettacolo che si dipanava dinanzi a lei, Carola non trovava modo di saziarsene gli occhi. Ad animarla non era certo un lubrico interesse per gli amplessi, il cui ritmo artificialmente sostenuto conosceva fin troppo bene, quanto un senso di distacco, che man mano che la serata andava avanti si impadroniva sempre più del suo cuore. “Ecco dunque”, si diceva, “un uomo che un tempo fu ambizioso e capace di ogni impresa, e oggi è potente e anziano, ricco di ogni cosa al mondo fuorché di giorni da vivere; che realmente potrebbe realizzare ogni suo residuo desiderio: e quello che desidera a quanto pare è essere lo zimbello di giovinette fatue e inconsistenti, parassiti persino troppo piccine per succhiare realmente, intendo per saper trovare la vena giusta. Cosa può trovarvi in loro, di paragonabile ai trionfi dei suoi giorni più verdi? E che fine ha fatto la sua esperienza del mondo, che lo soccorse in cento e più battaglie e rovesci di fortuna, e ora lo abbandona ai capricci di una scolaresca ginnasiale? Come può non rendersi conto che fingendo un vigore impossibile non si prende gioco del Tempo, ma si rende suo zimbello? Ma è dunque questo il destino dei più dotati fra gli uomini: lottare per tutta la vita per traguardi sempre più ambiziosi, per poi cedere alla più banale e bestiale delle pulsioni?”, e altre simili filosofiche riflessioni con le quali forse Carola nascondeva a sé stessa la ragione più segreta del suo cambio d'umore: la sorella Verola era da compatire quanto e più di lei, e il pensiero, anziché colmarla della necessaria compassione, la consolava: la catastrofe che si annunciava era avvenuta nella corsia opposta alla sua, e un così esibito disprezzo della fedeltà coniugale da parte del cognato non poteva che derubricare il fugace amplesso del marito a banale scappatella, comprensibile, perdonabile e anzi già perdonata, prima che la luce dell'alba venisse a rischiarare la comitiva esausta, che col favore delle tenebre Carola aveva già abbandonato...

Non è che debba andare avanti così per tutto il tempo, ma se questo è lo spunto che più ti interpella, non avere remore a mettere Mi piace su facebook, o a esprimerti con eloquenza nei commenti. Grazie per l'attenzione così strenuamente mantenuta a dispetto delle avversità, e arrivederci ai quarti di finale.
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Anno 800 ab exitu de Aegypto

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Gli avevano spiegato tante cose. Che si sarebbe svegliato ogni settimana in un secolo diverso; che si sarebbe sentito unico e solo, e non avrebbe potuto fidarsi di nessuno; che volti e voci sarebbero cambiati a ogni risveglio; non avrebbe potuto affezionarsi, né deviare da quell'Obiettivo che non avrebbe comunque mai raggiunto; che molto presto avrebbe dubitato di tutto, e si sarebbe sentito semplicemente perso, un atomo alla deriva nel vuoto cosmico; e forse un po' più tardi si sarebbe affezionato al suo destino di profeta nel deserto. E che di sette giorni di veglia, due li avrebbe passati a inveire contro il mal di testa.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti (è uno sviluppo di Copernico). Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 

Ma non gli avevano detto quanto sarebbe stato difficile rimettersi a respirare. La prima mezz'ora i bronchi sembravano prendergli fuoco in petto, mentre Salem boccheggiava e si convinceva, ogni volta, che sarebbe morto asfissiato. La bella abitudine di riceverlo con un respiratore si era interrotta 500 anni prima - quando la scarsità di ossigeno sulla Stazione l'avrebbe resa un lusso sibaritico. Quella bella bombola in acciaio, qualcuno doveva averla venduta al mercato nero e Salem non ne aveva più viste - qualcuna dovevano pure tenerla per gli interventi esterni di manutenzione - penseranno che se fin qui sono sopravvissuto, ce la posso fare anche stavolta.

I Risveglianti stavolta non avevano nulla per aiutarlo. Salem tendeva a dare una certa importanza alla prima impressione che ne riceveva, quando gli occhi cominciavano ad abituarsi alla luce, e in questo caso l'impressione fu pessima. Non solo non avevano nessuno strumento per aiutarlo, ma si stringevano a lui invece di lasciargli un po' di spazio. Sicuramente non facevano parte di un team medico. Prima brutta notizia. In compenso erano giovani. Questa era una notizia né buona né cattiva - di solito i regimi castali selezionavano Risveglianti anziani, quindi le caste forse erano state superate. Il che era un problema, in teoria - ma in pratica Salem ne era contento, non ne poteva più di vecchie barbe sagge convinte di saperne più di lui. In certi casi i giovani si erano rivelati più malleabili.

Questi però oltre che giovani erano anche incapaci - era evidente che non erano equipaggiati per un Risveglio. L'accappatoio era tarmato. Non avevano respiratore, nessun tipo di medicina, per quel che gli riusciva di vedere non c'erano nemmeno generi di conforto, una caraffa di tè, qualcosa. Il minimo richiesto per un ospite importante che si attende da un secolo. Salem cacciò un urlo. Serviva a schiarire le corde vocali, ma anche ad allontanare gli imbecilli, che in effetti fecero un passo indietro, spaventati. L'aria cominciava ad arrivare. A tastoni, Salem procedette fino al trono. Sedersi non lo avrebbe aiutato a inspirare, ma sentiva la necessità di stabilire le distanze. In fondo quella era la sua stanza, il posto in cui più si sentiva a casa. Lui era il Testimone della stazione, riaffiorato dal coma criogenico dopo un altro secolo. E loro chi cazzo erano?

Il più alto stava dicendo qualcosa - Salem non capiva una parola. Rimase affascinato dal grosso ninnolo di ferro che gli ostruiva parte di una narice. Che moda curiosa. Indica quanto meno che i metalli non scarseggiano. Buono a sapersi. Oppure il contrario, è un gioiello prezioso proprio a causa della scarsità, e indica l'alto lignaggio di chi lo porta - una specie di capo. Ecco perché mi parla anche se sa che non posso capirlo. Deve mostrare chi comanda?

Salem non aveva mai avuto molto tempo per ascoltare i dialetti sviluppati a ogni livello della Stazione, ma orecchio sentiva di trovarsi davanti a qualcosa di nuovo. Quel tizio non aveva certo l'accento dei Meccanici, ma neanche quello degli Intoccabili. Cosa poteva essere successo - avevano trovato una lingua strana nell'archivio e avevano deciso di impararla tutti, perché? Un modo per segnare una frattura col passato, oppure per riallacciarsi a un passato ancora più... cristo santo, sta parlando in ebraico?

Improvvisamente sentì una voce di ragazza comporre frasi in un inglese stentato. Era l'interprete.
"Dottor Salem, lei è sotto la custodia dell'Agenzia di Sicurezza dello Stato Libero delle Pleiadi".

Uno Stato. Curioso. Avevano recuperato la nozione di Stato. Nessuno ci aveva ancora pensato. Salem era passato nelle mani di Governi, Comitati, Assemblee, ma uno Stato era qualcosa di nuovo. Per quale motivo avrebbero dovuto fondarne uno, se non per...

"Lei è accusato di... di complicità in... un massacro; l'Agenzia ha intenzione di processarla davanti al Popolo. Trecento anni fa, come sa, la Stazione si divise in due fazioni, e una sterminò l'altra utilizzando l'agente x. Questo avvenne pochi giorni dopo il suo ritorno al sonno".

Non mi stanno chiedendo nulla. Dicono tutto loro. Pessimo segno.

"Riteniamo di avere le prove necessarie a dimostrare che fu lei a svelare ai membri di una delle due fazioni la formula dell'agente x".

Salem non aveva mai sentito parlare di "agente x" - non era il modo in cui l'aveva chiamato tre risvegli prima. Tutto il resto lo ricordava bene. Quel che era straordinario, è che se ne ricordassero loro. Si era già svegliato altre due volte senza che nessun abitante della Stazione gliene parlasse, non la minima allusione - ne aveva concluso che l'episodio era stato eliminato dai resoconti ufficiali. E invece in qualche modo il ricordo era sopravvissuto, probabilmente ai livelli più bassi, una leggenda che ingigantiva col tempo; poi c'era stata una rivoluzione e adesso qualcuno pretendeva di mostrargli il conto. Brutta storia.

"Posso... posso dire qualcosa?" Salem si era rivolto all'interprete. Il tizio col gioiello alla narice non apprezzò. Disse qualcosa di probabilmente ingiurioso che non fu tradotta.

"Dottore, non è questo il momento per invocare le sue... le sue obiezioni".

"Intendete processarmi per una cosa successa trecento anni fa?"

Parlò un altro uomo, in un inglese un po' più confortevole. Vestiva una tuta un po' più lunga degli altri che poteva essere un camice.

"Per noi sono passati trecento anni, per lei pochi giorni. Se era pericoloso pochi giorni fa, perché non dovrebbe esserlo adesso?"

Salem capiva benissimo il punto di vista. Anche ai suoi tempi, se Hernán Cortés fosse ritornato in vita, l'autorità costituita non avrebbe resistito all'impulso di processarlo. Quale occasione migliore di esibire i propri principi morali. D'altro canto - Salem lo sapeva - dietro a un'esibizione di principi morali c'è sempre qualche brutto segreto da occultare. Coraggio, vediamo il bluff di questi ipocriti. Se solo non dovessi ricordare al mio diaframma di respirare ogni tanto.

"Chi è il capo qui?"

Si guardarono tra loro. Alcuni capivano l'inglese al volo, altri no. Rappresentavano evidentemente gruppi diversi, fazioni concorrenti. Alcuni erano tecnici, altri rappresentanti politici. Alcuni portavano sulla tuta di fibra una giacca blu che avrebbe potuto essere un uniforme. Tutti in generale davano l'idea di essere dei dilettanti allo sbaraglio. Alla fine a parlare fu il solito tizio col monile al naso. Salem aspettò pazientemente la versione dell'interprete.

"Noi siamo i... i facenti parte dell'Agenzia di Sicurezza dello Stato Libero. Non abbiamo capi, noi..."

"Giusto per curiosità, il suo boss sta parlando in ebraico?"

L'interprete represse un sorriso. La domanda era rivolta esclusivamente a lei. Rispose istintivamente, senza consultarsi col superiore.

"Lei è veramente dotato per le lingue, dottor Salem".

"In realtà non sto capendo una parola. Ma c'era un piccolo circolo di cultori dell'ebraico al piano intermedio della Stazione cent'anni fa. Come hanno fatto a diventare egemoni?"

"Non siamo qui per rispondere alle sue domande".

"Vi converrebbe. È una specie di culto? Vi siete immedesimati nel popolo eletto smarrito nel deserto, una cosa del genere?"

"Dottore..."

"Va bene, avete fretta di processarmi. È contemplata la pena di morte? Perché a parte la vita, non ho molto da perdere, come sapete. O volete semplicemente sapere come si distilla il cosiddetto agente x? Il fatto che vi identifichiate come uno Stato mi lascia immaginare che ne esistano altri nella Stazione, magari in guerra tra loro. Pensate che il fatto di controllare la Sala al momento del mio risveglio vi dia un vantaggio tattico?"

Mentre l'interprete traduceva, con qualche difficoltà, qualcuno si stava già scambiando occhiate. Bisognava sempre spiazzarli, era l'unico modo di rendersi indispensabile. Si misero a confabulare - alcuni erano visibilmente preoccupati. Salem cominciava a sentire le fitte dell'emicrania. Era stanco. Viveva in quel secolo da pochi minuti e già non ne poteva più. Ebbe il pensiero folle di rientrare nella vasca e rifarsi una pennichella. Ci pensassero loro alle loro beghe. L'ebraico, tu pensa. Magari raccontano ai bambini che sono scappati dal Faraone. La prossima volta cosa? Klingoniano?

"Potrei almeno sapere con chi siete in guerra? Coi livelli più bassi?" La domanda era volutamente provocatoria. Era molto probabile che quei signori venissero dai livelli più bassi.

"Non ci sono più veri e propri livelli, dottore".

"Piani. Classi. Caste. Anelli. Ogni generazione li chiama in un modo diverso. Ma non è che si possano smontare".

"Dottore", parlò di nuovo il tizio in camice. "Può darsi che lei non abbia le... le categorie per capire quel che sta succedendo nella stazione. Quella che lei chiama 'guerra' è una cosa che ci siamo lasciati alle spalle molto tempo fa".

Eccone un altro convinto di aver trovato il sole dell'avvenire, Gesù, che palle. 

"Lo Stato libero delle Pleiadi non è effettivamente l'unica forma di governo autonomo in tutta la Stazione - anche se è l'unico a garantire la libertà ai suoi abitanti".

Parlava lentamente, scegliendo le parole con attenzione. Salem pensò che non si sarebbero mai sbottonati finché erano così tanti. Si controllavano a vicenda. Doveva trovare un modo per farne uscire un po'.

(Se tutto ciò non non ti ha ancora addormentato, non lasciar passare 100 anni prima di votare per Anno 800 ab exitu de Aegypto. Se la gioca contro il Proemio delle 1+2+3+4+5+6+... notti. Puoi farlo mettendo Mi piace su facebook, o esprimendoti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto).
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Vegan contro Zombi, tu da che parte stai?

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Appunti per una distopia vegana + zombi (qualcosa che in un qualche modo si è qualificata agli ottavi di finale della Grande Gara degli Spunti).

- Una saga young adult, però brevissima (i tre cd "volumi" sono di 100 pagine o poco più).

- Evangelina si sente diversa, tutti le dicono che è speciale, lei non sa in che senso è speciale, però sicuramente è diversa, insomma, si capisce che non è una ragazza banale come gli altri? Forse è meglio esplicitare che è una ragazza fuori del comune.

- I suoi compagni sono imbecilli a un livello che è impossibile da mantenere in una civiltà. Ad es., se gli dici "fuori del comune", loro pensano "oltre i confini della più piccola unità amministrativa". Cioè non ce la possono fare. Evangelina non è sicuramente come loro. Inoltre di notte sogna di morsicarli.

- Nel primo volume si copiano intere pagine da Twilight cambiando i nomi. Nel secondo volume si copiano pagine intere da 50 sfumature di grigio cambiando i nomi (che dunque risulteranno ugualmente copiate da Twilight). Nel terzo volume si copiano pagine intere dalle 120 giornate di Sodoma, i nomi a quel punto saranno irrilevanti.

- Ma vi faceva così schifo Dama e cavaliere?

- Dare il voto agli scimpanzé non è stato senza conseguenze - si è scoperto che tendono a votare qualsiasi stemma sia in alto a destra, con grande scorno di chi aveva messo la banana nello stemma apposta.

- A un certo punto l'ironia anti-vegan dev'essere di gusto talmente cattivo da suggerire nel lettore che si tratti di bieca propaganda della lobby della carne alla griglia.

Vabbe',

I VOLUME - EVANGELINA È DIVERSA

Evangelina si sente diversa. Non riesce più a mangiare le fave. Le vomita di nascosto. Beve soylent di straforo. Si sente sempre più diversa. Suo padre capisce che Evangelina capisce i discorsi figurati e chiede la sua consulenza per certe antiche pergamene che illustrano la Terra degli Zombi. Tutti i compagni di Evangelina sognano di vincere una vacanza premio per andare nella Terra degli Zombi e sparare in testa a più zombi possibile. Se qualcuno non l'ha ancora capito, le uniche creature a cui si può sparare sono gli zombi, tutti gli altri esservi viventi sono sacri, nutrie comprese. Evangelina si sente diversa. Indovinate chi passa i test a pieni voti e vince il biglietto per la Terra degli Zombi. Tesoro sta' attenta, quelli non hanno rispetto, quelli ti mangiano.

II VOLUME - EVANGELINA È INNAMORATA

Siccome Evangelina sa cose della Terra degli Zombi che non avrebbe dovuto sapere, si avventura là dove non sarebbe stato consentito e viene catturata da questi Zombi che, si scopre, in realtà sono bei ragazzi - al limite un po' sfigurati dalle pallottole esplosive dei vegan che li vengono a braccare. Così spiegano alla sconvolta Evangelina che loro sono gli ultimi rappresentanti di una cultura orgogliosamente onnivora, e pur coltivando i frutti della terra non disdegnano di tirare il collo a un pollo ogni tanto. O sgozzare un maiale. O abbattere un bufalo. Siamo orrendi? Siete peggio voi che fingete di avere tutte le proteine che vi servono e mangiate noi tritati nel soylent. Ecco perché siete così stupidi, siete tutti ammalati di una qualche encefalite - ma d'altro canto la stupidità è molto facile da governare. Tutto questo glielo dice un ragazzo con molto carisma dopo aver legato Evangelina a un gancio da mattatoio. E poi comincia la rieducazione. Tie', assaggia la mortadella. Sei un... chomp... mostro! Senti che profumo l'abbacchio, ecc. ecc. Evangelina si innamora.

III VOLUME - EVANGELINA CAPEGGIA LA RIVOLUZIONE degli zombi contro i vegan, che però finisce malissimo. La fanteria degli scimpanzè infatti ha facile ragione di questi sfigati con gli archi e le frecce. Vengono tutti catturati, torturati e fatti in padella. Ma proprio quando sembra che Evangelina stia per morire malissimo...

Se insisti ad apprezzare questa roba, ebbene, a questo punto sai cosa devi fare: mettere Mi piace su facebook al Telecomando di Yasir, o apprezzarlo nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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Il telecomando di Yasir

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I primi sospetti Yasir li aveva avuti a fine maggio, quando i compagni di quarta fila avevano cominciato a presentarsi al mattino in classe con una strana espressione svagata e dolce. Per qualche giorno aveva temuto che si fumassero qualcosa; soprattutto che si fumassero qualcosa senza fargliela provare. Ma no: arrivavano alla spicciolata, quasi tutti col fiatone per un autobus perso o una volata in bicicletta: capelli arruffati e occhi semichiusi, non del tutto rassegnati alla luce di un sole già parecchio alto. Alla fine Yasir aveva capito: sognavano il ritorno.
Il primo a confessare era stato Taverniti : la ***** della sorella lo aveva interrotto nel bel mezzo di un ***** di sogno di mare, ma non un mare del ***** qualunque come ne avete anche voi nei vostri buchi *******, no: si trattava di uno specifico litorale calabrese che Taverniti riusciva a sognare meglio che al cinema, con l'odore della brezza e persino il ruvido degli scogli sotto i piedi, ******* di una ****** e ******! Ché se li sentiva ancora sotto le suole!
“Ma se non fate un po' di silenzio laggiù... Taverniti!”
“Sipprof?”
“Taverniti, tu hai un'idea benché minima di ciò di cui stiamo parlando?”
“...”
“E tu invece di che parlavi?”
“Calabria, prof”.
“Calabria, interessante. Capoluogo?”
“...”
“Vedi, Taverniti? Tu riesci a prendere un quattro anche sulle cose che t'interessano”.

Taverniti in realtà non ignorava il nome e l'ubicazione del capoluogo calabro (Catanzaro), ma neppure sotto tortura lo avrebbe riconosciuto, a causa delle fiere origini reggine; in ogni caso il racconto del suo sogno aveva infranto l'omertà. La mattina dopo Qu Ti aveva dettagliato la sua accurata ispezione onirica al Grande Mercato dove lavoravano i nonni, e dove anche lui avrebbe preso servizio per le vacanze: una distesa di bancarelle grandi come una città, con odori e sapori accessibili solo in sogno qui, sull'altra faccia del terra. A questo punto Amir aveva ammesso un volo di ricognizione notturna sull'intera Tunisia. Il solito esagerato, ma Yasir queste cose le capiva.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti (è uno sviluppo di Non si esce vivi dalla scuola media). Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 

Anche a lui, qualche anno prima, era capitato di svegliarsi con un indefinibile sapore sotto la lingua. Ma adesso non riusciva a sognare più niente di familiare. Da quando suo fratello, che occupava il letto superiore al suo, aveva cominciato ad agitarsi nel sonno; o forse non era effettivamente sonno, in ogni caso quando finalmente Yasir riusciva ad addormentarsi, cadeva in una tenebra di piombo che al mattino non gli lasciava più nulla.

Ma forse, con un po' d'impegno. Yasir aveva cercato di pensare intensamente al suo Paese, mentre si strofinava sul cuscino; ricordi non gliene mancavano, per esempio; i vecchi amici del cortile, gli occhi neri di Fahmida... a quel punto però il pensiero deviava immediatamente sulla foto ricordo del matrimonio che era arrivata tre mesi prima per posta, e questo non era più un ricordo. Per esempio, il tizio cicciottello in un ridicolo vestito blu che aveva sposato Fahmida nei suoi ricordi non c'era, essendo venuto giù dalla Germania apposta, per ripartire il mese successivo; ed ecco che Yasir si era già messo a riflettere sulla Germania, ottanta milioni di abitanti capitale federale Berlino, e dovrebbe farci più freddo di qui, e chissà se Fahmida le sapeva queste cose sulla Germania prima di trasferircisi? Forse avrei dovuto dirglielo un giorno, mentre giocavano a nasconderci tra gli ulivi: lo sai che la Germania è una fredda repubblica federale con capitale Berlino?

“Piantala di muoverti. Non riesco a prender sonno”.
“Sei tu che ti muovi”.
“Io ho smesso due minuti fa. Adesso sei tu”.

E insomma non era un'ingiustizia, che tutti riuscissero a sognare le vacanze e lui no? Con tutti i suoi sforzi, i sogni non lo portavano più in là del check-in all'aeroporto. A quel punto lo assaliva una tremenda necessità di pisciare, e quindi chiedeva alla madre che lo aspettassero, che ci avrebbe messo un minuto, un minuto appena, ma si sa come vanno a finire queste cose nei sogni. Appiccicato alla tazza del gabinetto c'era un insetto, che per quanto Yasir cercasse di indirizzare il getto non andava via. Quando finalmente usciva dal bagno, la famiglia non c'era più, e l'aereo era in partenza. Yasir si metteva a correre per tutto il lounge, incerto se cercare la famiglia o l'aeroplano, ormai sicuro in cuor suo che avrebbe fatto perdere le vacanze a tutta la famiglia...

“Ma la vuoi piantare! Sono le due! Sei un maiale!”
“Stavo facendo un brutto sogno”.
“Chiamiamoli così”.

Yasir aveva sempre saputo di non poter pretendere chissaché: in famiglia secondogenito, a scuola extracomunitario, un po' disgrafico e allergico al pelo di cane. Non aveva mai preteso di dettar legge a nessuno. Mai aveva trattenuto per sé il telecomando, perché uno solo era il satellite, e scegliere i programmi non spettava certo a lui. Tutto questo era nell'ordine delle cose – ma almeno i sogni erano suoi, non li divideva con nessuno; quindi perché non ne poteva scegliersi almeno quelli? Chi gli aveva nascosto il telecomando, e perché?

“Amir”.
“Dormi”.
“Amir, tu sogni mai di tornare a casa?”
“Sì, certo”.
“E come fai?”
“Come faccio cosa?”
“Come fai a sognare proprio quel sogno?”
“Non so come faccio, mi viene e basta”.
“A me non viene più”.
“E cosa sogni? La biondina della tua classe?”
“No”.
“Meno male, la devo sognare io. Dormi”.

Non importa su cosa lo si interrogasse, Amir era in grado di far entrare le ragazze in qualsiasi risposta. Yasir era spaventato da questo. Pensava: succederà anche a me?

Per ora le uniche donne che riusciva a sognare erano professoresse che lo interrogavano. Spesso era la Zenobia, che nei sogni dava più quattro che dal vero. Con altre le cose andavano meglio. Certe interrogazioni in inglese o in geografia erano anzi prodigiose, Yasir sentiva la lingua sciogliersi e pronunciava lunghi e saggi discorsi con parole che non aveva mai conosciuto, e che purtroppo dimenticava appena sveglio. Ma era bello sentirsi sapiente. A volte le professoresse iniziavano a fargli domande insidiose e personali: dove abiti? Come va con la famiglia? Ti fa sempre impazzire Amir? Ti piace la tua classe? C'è qualcosa che possiamo fare per te? Nel frattempo la classe era scomparsa, restavano solo lui e la prof in un ambiente più raccolto che forse era lo sgabuzzino dei bidelli al primo piano. Yasir non avrebbe saputo spiegare quanto questi sogni lo commuovessero. Poi però arrivava a scuola e rischiava di salutare una prof con troppa familiarità: e questa, ignara di aver assistito a una sua lunga confessione notturna, gli affibbiava note sul registro difficili da contestualizzare.

Per fortuna in famiglia avevano ben altri problemi. L'estate era vicina, sarebbe stata la più calda del secolo, e papà ancora non aveva comprato i biglietti dell'aereo. Non è prudente, diceva, c'è la guerra. La madre friggeva: quale guerra? Non c'è nessuna guerra.

“Non ne parlano, ma c'è”.
“Ci sarà qualche bomba ogni tanto, e allora?”
“Qualche bomba ogni tanto? Ti senti? Dovrei spendere tremila euro di biglietti per portare la mia famiglia in un posto dove tirano qualche bomba ogni tanto?”
Al che la madre ribatteva i tremila euro sarebbero stati a malapena ottocento se papà avesse pensato a prenotarli per tempo, e che erano tutte scuse, la guerra, le bombe: lui non voleva tornare al Paese perché non aveva il coraggio di affrontare la questione dell'eredità, il fratello che aveva approfittato della loro assenza per intestarsi l'intera proprietà, e inoltre -
“Una volta per tutte: mio fratello si può tenere tutte le proprietà che vuole! Di sicuro non faccio un viaggio di trentamila chilometri per reclamare due pollai”.
“Perché sei un debole, aveva ragione tua madre quando mi diceva che... ma si può sapere chi c'è in bagno? Yasir, sei tu?”
“Amir, forse”.
“Amir! Sei dentro da un'ora, stai male?”

Amir passava la notte ad agitarsi sul letto, e il giorno fuori e dentro il bagno, e secondo la mamma il ritorno al Paese gli avrebbe fatto bene. C'entrava forse anche un fidanzamento, ma su questo il padre era categorico: se voleva frequentare una ragazza, che se la cercasse in Italia, avrebbe avuto tutta l'estate.

In quindici anni di permanenza in Italia, Yasir non aveva mai visto suo fratello scambiare due parole con un individuo di sesso femminile, nemmeno una barista o la panettiera: e con tutta la sua più sfrenata fantasia non riusciva a immaginarselo nel ruolo di corteggiatore. Difficilmente l'estate in città avrebbe migliorato le cose. Perciò era normale che sognasse il favoloso oriente, dove le bambine s'innamorano di te a distanza, non devi parlargli, tu un bel giorno arrivi lì e sono già lì sotto il velo, pronte ad amarti per tutta la vita, questa è civiltà.

Poi le togli il velo ed è una chiatta coi baffi, hai presente la moglie di Khan?

Se trovi che questa roba abbia un senso, almeno un po' più senso di una finta saga young adult su una ragazza che incontra uno zombie, non esitare a votare per Il telecomando di YasirPuoi farlo mettendo Mi piace su facebook, o esprimendoti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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Che sia Fronte o che sia Islam, purché magnam

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Sprofondato in poltrona, una vaschetta da micro-onde sull'addome, François manovra stancamente il telecomando. Sta aspettando i barbari. Spera che sappiano far da mangiare, almeno loro. 

Io non ho mai galleggiato nello spazio, così l'esperienza più simile a un Ritorno sulla Terra che ho avuto è stata attraversare il tunnel che dalla Francia sbocca nell'autostrada dei fiori. Ci sono passato dozzine di volte, ma almeno quella avevo la radio accesa, che in un varco improvviso cominciò a trasmettere Vasco. Ero in Italia. Un chilometro più indietro, Vasco era un perfetto sconosciuto.

Stiamo a immaginare universi paralleli, e a poche centinaia di chilometri abbiamo questo universo completamente alternativo e incomprensibile che si chiama Francia. Non è straordinario? Pensa al nuovo libro di Houellebecq. Non è incredibile che un'ucronia interessante, appena a venti miglia da Ventimiglia diventi inimmaginabile? La storia di un tizio profumatamente pagato dallo Stato per insegnare cose inutili a gente a cui non interessano. A un certo punto subentra un nuovo governo che guida una rivoluzione culturale tesa a rinnegare un millennio e mezzo di cristianesimo, il cui risultato concreto sulla vita del protagonista è che qualcuno lo paga un po' di più per smettere di insegnare. Poi ci ripensano e lo pagano ancora di più per riprendere. Lui ci pensa un po' e poi accetta. Fine.

(Questi sono appunti su Sottomissione di Houellebecq. Uno degli spunti di oggi è un seguito parodico a un libro che secondo me è, bof, come definirlo senza offendere chi l'ha preso sul serio, uhm, comunque anche questo pezzo partecipa a modo suo alla Grande Gara degli Spunti. Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 

Ora io non voglio dire che in Italia non esistano studiosi altrettanto inutili e inutilmente pagati - ma ve lo immaginate un libro che ruoti esclusivamente su uno di loro senza un intento esplicitamente anti-accademico? Un intento che in Houellebecq semplicemente manca. Ovvero, non è che a lui sfugga l'enorme vacuità di tutto il carrozzone accademico, un sontuoso castello gonfiabile che alla fine della fiera serve soltanto per procacciare fanciulle in fiore e tramezzini di qualità ai rinfreschi (nulla che l'Islam non possa allestirci meglio, ci sussurra). Però manca completamente quel disprezzo, quel sentimento anti-intellettuale che in Italia è egemonico da un secolo tondo. H. non dipinge un intellettuale inutile per denunciarne l'inutilità. Lo dipinge perché gli sembra un buon esemplare di francese medio. L'accademia inutile non è un obiettivo polemico in quanto accademia inutile. È solo un correlato oggettivo della Francia intera: per H. è fatta così, un posto dove tutti hanno un sacco di tempo libero e risorse per complicarsi l'esistenza intorno alle semplici esigenze di nutrirsi e fottere.

Una vita fa scrissi una cosa su Le particelle elementari di cui ovviamente mi vergogno, però a quanto pare quel che mi sorprende continua a essere la stessa identica cosa.
...I nostri eroi, invece, hanno tutti il posto fisso. Djerzinski e Desplechin sono ricercatori. Annabelle lascia il suo lavoro alla TF1 per fare la bibliotecaria; Bruno è un insegnante che non può più insegnare, per aver molestato una sua allieva: viene aggregato a una Commissione per il Programma di Francese (“mi giocavo gli orari da insegnante e le ferie scolastiche, ma il salario restava lo stesso”). La sua ex moglie è un’insegnante; la sua amante è un’insegnante: coincidenza sbalorditiva, ma nessuno dei personaggi ci fa caso. Ho la sensazione che non ci abbia fatto troppo caso neanche l’autore. Sembra una cosa normale: se sei insegnante finisci sempre a letto con insegnanti. [...] Djerzinski è in anno sabbatico quasi per tutto il libro (il suo superiore quasi si vergogna di doverlo richiamare). Bruno e Christiane si fanno certificare una malattia fasulla da un medico compiacente per recarsi a Cap D’Agde dove, dice lei “è pieno di infermiere olandesi, di funzionari tedeschi, tutti molto corretti, borghesi, genere paesi nordici o Benelux. Mica male, ammucchiarsi con un paio di poliziotte lussemburghesi, no?” Funzionari ed infermiere, il cuore pulsante e libertino dell’Europa. Niente operai nelle ammucchiate, figurarsi. Ma nemmeno un artigiano. O un imprenditore. Niente. È uno dei romanzi contemporanei più classisti che mi sia capitato di leggere. Anche perché ho il sospetto che sia un classismo involuto: Houellebecq non parla di operai e artigiani perché per lui non sono rappresentativi, come se si trattasse di esigue minoranze in un’umanità di impiegati statali
Stavolta chi abbiamo? Un ottocentista, François - una versione un po' più virile e affermata di Bruno Clément - che discute soltanto con accademici pari di lignaggio e un paio di escort, una delle quali comunque studia alla Sorbona. Siccome non è gente che più di tanto capisca di geopolitica, il narratore gli fa incontrare ogni tanto fortuitamente un analista dei servizi segreti (lo incrocia persino nel cuore della Dordogna, il che renderebbe chiunque paranoico, ma non François).

Questa percezione centralista, napoleonica della società - per cui il cristianesimo può anche tramontare, ma solo in seguito ai risultati di un ballottaggio, e all'Eliseo ci sarà sempre un Président, e sul tuo conto lo stipendio entro il 28 del mese - mi piacerebbe capire quanto sia condivisa dal pubblico francese e quanto non sia idiosincratica di Houellebecq, uno scrittore peraltro convinto di incarnare un qualche atteggiamento anarchico. Mi piacerebbe capire quanta consapevolezza ci sia nella sua decisione di ignorare completamente alcune dimensioni della società, ad esempio l'economia: si sa solo che la Francia è in crisi (non si capisce nemmeno che tipo di crisi), finché il nuovo presidente islamico non ha l'idea di tenere le donne a casa e rilanciare la piccola impresa a conduzione familiare: pochi mesi dopo "la Francia ritrovava un ottimismo che non ricordava dalla fine delle Trente Glorieuses". Per tutto questo servirebbero come minimo misure protezioniste, ma Houellebecq viceversa immagina la Francia al centro di una nuova comunità euro-mediterranea, un nuovo impero romano napoleonico islamico. Ma l'aspetto veramente più paradossale è il modo in cui il libro narra la violenza. Non la narra. Dà per scontato che durante la campagna elettorale ci siano ovunque incidenti e conflitti a fuoco tra islamisti e fascisti, ma che nessuno riesca a farsene un'idea perché la televisione deciderebbe di non mostrarli - la televisione, s'intende, controllata dai socialisti al governo. No, ma sul serio?

"No, so già che sui canali d'informazione non ci sarà niente. Forse sulla CNN, se ha una parabola".
"In questi giorni ho provato: niente sulla CNN e nemmeno su YouTube, ma me l'aspettavo. A volte su RuTube si trova qualcosa, riprese di gente che filma con il cellulare; ma è molto casuale, e comunque non ho trovato niente neanche lì".
"Non capisco perché abbiano deciso il blackout totale; non capisco a cosa miri il governo".
"Questa, secondo me, è l'unica cosa chiara: hanno davvero paura che il Fronte nazionale vinca le elezioni. E qualsiasi immagine di violenze urbane significa voti in più per il Fronte nazionale".

È l'indizio che più di tutti mi fa sospettare che Houellebecq semplicemente si sia ridotto a un anziano misantropo che contempla stancamente il mondo dal journal télévisé di TF1. Nel 2022 in Francia nessuno riuscirebbe a postare il video di un tafferuglio su internet? (Continuerebbe pure, ma non diventerà nulla di narrativo se non voti questo spunto contro Il chiar di luna colpisce ancoraPuoi farlo mettendo Mi piace su facebook, o esprimendoti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto).
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Il chiar di luna colpisce ancora

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“Vi saranno inoltre areoplani-fantasmi carichi di bombe e senza piloti, guidati a distanza da un areoplano pastore. Areoplani fantasmi senza piloti che scoppieranno con le loro bombe, diretti anche da terra con una tastiera elettrica. Avremo dei siluranti aerei. Avremo un giorno la guerra elettrica.” L’alcova di acciaio, 1921 (1).
“Professor Modena, voi ritenete che esista un argomento inappellabile contro la possibilità di viaggiare nel tempo, non è vero? ”
Angelo Modena riprese fiato e tornò a fissare il suo interlocutore nella penombra del salotto. Le mani dell’uomo aderivano ai braccioli della poltrona come se ne fossero un’estensione naturale. Sembrava aver preso forma in quella stessa posizione, pochi minuti prima, mentre in cucina il professore preparava un caffè.
Una pioggia opaca sbatteva granuli di piombo sulla parete-finestra, affacciata sulla laguna. La tangenziale di Venezia era da qualche parte oltre lo smog. Più in fondo lampeggiava il faro per i dirigibili in cima all’orribile grattacielo Sant’Elia, appena inaugurato e già annerito da un catrame che sembrava secolare.

(Questo è un racconto di qualche anno fa, ambientato in un passato alternativo non molto diverso da quello di Il chiar di luna non passerà! Tutto questo partecipa ovviamente alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 
“Non sono un’allucinazione, professor Modena. Sono perfettamente reale e potrà toccarmi, se lo desidera. Ma la prego, risponda alla mia domanda. Qual è la miglior prova del fatto che i viaggi nel tempo non siano possibili?”
“Stamattina ho scritto un appunto”.
“Sul vostro diario, certamente, eccolo qui”. L’interlocutore estrasse da una tasca esterna un taccuino ingiallito, oscenamente logoro. “Tre febbraio 1929. Ho ritrovato una vecchia edizione di un grande amore della mia gioventù, La Macchina del Tempo di H.G. Wells. Oggi come ieri mi sbalordisce l’intuizione del tempo come quarta dimensione. L’idea del viaggio nel tempo è una delle più originali mai concepite, anche se purtroppo impraticabile al di fuori della finzione narrativa. D’altro canto è molto semplice dimostrare che l’umanità non potrà mai viaggiare nel tempo…
“Chi vi ha dato il permesso di frugare tra i miei appunti?”
“Il vostro diario è come sempre nel cassetto dello scrittoio. E non ricordo dove voi teniate la chiave. Stavo dicendo: è molto semplice dimostrare che l’umanità non potrà mai viaggiare nel tempo…
“…non abbiamo mai avuto visite dal futuro”.
“Molto brillante, professor Modena. È vero. Se il viaggio nel tempo fosse praticabile, noi riceveremmo senz’altro visite degli uomini dal futuro. Ma questa – se posso farle un’obiezione – non è una vera prova contro il viaggio nel tempo. Al limite è un indizio. E forse non ha valutato altre ipotesi”.
“Quali ipotesi?”
“Viaggiare nel tempo potrebbe essere molto complesso. E pericoloso. I viaggiatori nel tempo potrebbero essere costretti a nascondersi per evitare alterazioni nei rapporti di causalità, mi segue? Essi proverrebbero da un futuro che consegue dal nostro presente, ma palesandosi per viaggiatori nel tempo altererebbero questo stesso presente, generando nuove catene di cause ed effetti che potrebbero mettere a rischio la loro stessa esistenza, non so se riesco a spiegarmi”.
“Potrebbero uccidere un loro antenato”.
“Per esempio”.
“O sé stessi”.
“Non deve veramente preoccuparsi di questo”.
“Si verrebbe a creare una specie di…”
“Noi lo chiamiamo paradosso”.
“Voi del futuro, mi è lecito immaginare”.
“Proprio così, professor Angelo Modena. Il viaggio nel tempo è possibile, voi stesso lo dimostrerete tra sette anni. Ne serviranno altri tre per le verifiche sperimentali, dopodiché…”
“Questo spiega le rughe e la calvizie, professor Angelo Modena. Deve aver lavorato molto nei prossimi dieci anni”.
L’interlocutore sospirò. “Mi dispiace. Mi rendo conto di essere un’immagine perturbante per lei. Ne ho discusso a lungo coi miei collaboratori. Abbiamo vagliato diversi scenari, ma alla fine abbiamo convenuto che nulla sarebbe stato più convincente di vedere una copia invecchiata di sé stesso…”
“Sulla mia poltrona, come il cattivo demone di Stavroghin. Potevo avere un infarto! E voi sareste morto con me”.
“Questo non sarebbe stato possibile. E infatti non è successo, come vede. Abbiamo un cuore di ferro, io e voi. E possiamo concederci un dito di cognac, la bottiglia che nascondete dietro all’attestato della Corporazione Futurista Israelita”.
“Quella ve la ricordate”.
“La memoria funziona in un modo davvero curioso, lo sto sperimentando”.
“Spiegatemi però meglio questo punto”, continuò il Modena meno anziano, mentre strappava l’etichetta fiammante dei futur-monopoli dal tappo del liquore. “Io inventerò la macchina del tempo – a proposito, dov’è?”
“È restata nel mio tempo. Non è un veicolo come quella di Wells – pensate piuttosto a una specie di cannone. E a me come a un proiettile umano”.
“Ma questo significa che…”
“Non posso tornare nel 1949, no. Almeno finché non ne costruiamo un altro”.
“Voi mi avete appena spiegato che il viaggio nel tempo è possibile. E mi avete convinto. Questo avrà senz’altro cambiato il rapporto di causa-effetto che vi ha portato nel 1949 a farvi sparare qui col cannone”.
“Certamente. Il 1949 non è più quello da cui sono partito. La mia sola partenza lo ha già modificato per sempre”.
“Eppure voi continuate a esistere, e a ricordarvi quel 1949, che è giocoforza diverso dal 1949 che io vivrò. Per dire, se io ora prendessi un coltello dalla cucina e mi praticassi un taglio…”
“Non comparirebbe sul mio corpo nessuna cicatrice, no. Non sono più soggetto ai rapporti di causa-effetto che ho contribuito a modificare”.
“Ne è sicuro?”
“Ragionevolmente sicuro. Ci abbiamo messo molto tempo, e abbiamo spedito molti oggetti e cavie nel passato per misurare gli effetti. Vedete, viaggiare nel tempo significa precisamente sottrarsi dai rapporti di causa-effetto. Viaggiando, ho modificato il mio presente dal mio punto di osservazione, restando però uguale a me stesso, e continuando a conservare gli stessi ricordi di un tempo che non esiste, e rughe scavate da esperienze che non esistono più. In effetti non sono io il viaggiatore, io rimango fermo. È il continuum causa-effetto che si modifica intorno a me, riuscite a capirmi?”
“Forse. È curioso che continuiamo a darci del voi”.
“Non riesco a farne a meno”.
“Nemmeno io. Ma dev’essere successo qualcosa di orribile, immagino”.
“Come avete fatto a…”
“Per venirmi a trovare avete distrutto venti anni di esperienze. Voi non lo fareste… io non lo farei mai, a meno che non fossi costretto da ragioni estreme. Ho ragione?”
“Ovviamente”.
“È successo qualcosa a Isacco?”
“Vostro figlio sta benissimo. Nel 1949 che ho lasciato era il vostro collaboratore più prezioso. Nel nuovo 1949 naturalmente le cose potrebbero essere diverse, ma c’è ben altro in gioco”.
“Non riesco a immaginare nulla di più…”
“L’umanità, professore. La stessa vita sulla terra. Nel futuro da cui provengo vi sono state altre due spaventose guerre mondiali, e la quarta è alle porte. Lo stesso progresso tecnico-scientifico che ha reso possibile il mio viaggio, ha trasformato i conflitti in spaventose carneficine. Intere città possono essere distrutte in pochi secondi, grazie a bombe di spaventoso potenziale attivate su razzi comandati a distanza. I gas venefici sono stati sostituiti da agenti batteriologici in grado di contagiare milioni di persone. Gli abitanti autoctoni dell’Africa nera sono stati scientificamente sterminati. Di decine di milioni di cinesi si ignora il destino – non sono mai esistiti. La stessa Europa è una polveriera radioattiva…”
“E tutto questo dipende da me?”
“Tutto questo dipende dalla Guida – lo chiamate ancora così nel 1929, se non sbaglio. Il primo Ardito, l’Audace, Il Volante della Nuova Italia. In seguito rivaluterà l’impero Romano e prenderà il titolo di Duce, ne apprezzerà la sintesi. Ma in sostanza è sempre lui”.
“Filippo Tommaso Marinetti. È ancora al potere?”
“È durato molto più di tanti papi e imperatori del passato che disprezza. Ha saputo sbarazzarsi con destrezza dei rivali più pericolosi. Lo si è già visto, no? Nel modo in cui liquidò i Savoia e riuscì a emarginare D’Annunzio dopo la Corsa su Roma”.
“Sapete, questo mi stupisce molto. Detto tra noi, non l’ho mai ritenuto un uomo particolarmente prudente”.
“Lo so. Ci sbagliavamo sul suo conto. O forse non è la prudenza che mantiene un uomo in una posizione del genere. Da un certo momento in poi, per lui si è trattato di correre o cadere. E ha corso molto. Il suo sogno di svecchiare l’Italia poteva realizzarsi soltanto con una politica aggressiva su tutti i fronti, e così è ridiventato il vecchio guerrafondaio degli anni Dieci – se lo ricorda?”
“A quei tempi era solo un artista. Abbastanza mediocre, a voi posso dirlo”.
“Era già un buon organizzatore, con un gusto spiccato per il paradosso”.
“Sì, ma quando uno va al governo e poi Venezia la asfalta davvero…” (2)
“Nel mio 1949 Porto Marghera è la capitale tecnicoindustriale d’Europa. La messa in vendita dei patrimoni artistici del passato (3) ha fornito la spinta necessaria a un’evoluzione senza precedenti, attirando nei nostri laboratori gli scienziati più visionari e spregiudicati del Vecchio e del Nuovo Mondo. È il secondo Rinascimento italiano, quello tecnico e scientifico. Conoscete Enrico Fermi”.
“Un bravo ragazzo”.
“Tra quattro anni la sua équipe scinderà per la prima volta il nucleo di un atomo di uranio”.
“È a questo che stanno lavorando?”
“Non ancora. La guerra civile in Germania accelererà di molto le cose. Anche Albert Einstein si fermerà da noi per un po’”.
“Quindi ci sarà una guerra civile in Germania”.
“I gotico-nazionalisti prenderanno per qualche mese il controllo della Baviera. A Berlino il cancelliere Gropius accuserà il partito della Tradizione di aver incendiato il Reichstag”.
“Quel tizio non ha l’aria di un assassino”.
“Il potere corrompe, specialmente quando comincia a traballare. Lo aiuteremo noi, e i cubosovietici naturalmente. Lui e Majakovskij si spartiranno anche la Polonia. Noi ci accontenteremo di avere campo libero nei Balcani e in Africa. Vendicheremo Adua con le armi batteriologiche”.
“Adua? Per quale motivo al mondo…”
“L’uranio. È inutile essere la nazione più progredita, se mancano le materie prime. È una bizzarria della storia che Marinetti si adopererà a correggere. La Repubblica Futurista Italiana diventerà l’Impero Futurista Mediterraneo e Africano. E il nostro “duce” perderà completamente la testa. Nel tentativo di giustificare il massacro di intere popolazioni, svilupperà un’ideologia sempre più razzista. Lo scandalo internazionale ci porterà alla seconda guerra mondiale contro gli inglesi e i francesi”.
“Gli ultimi da cui prendere lezioni in fatto di umanità coloniale”.
“L’antico amore di Marinetti per la Francia la salverà dai bombardamenti più atroci. Brazzaville, nel Congo francese, e York, saranno letteralmente spazzate via dalle prime bombe nucleari che verranno messe a punto qui, tra quindici anni, dai migliori alunni di Fermi”.
“Bombe nucleari?”
“L’arma spaventosa che garantirà a noi e ai nostri alleati – razionalisti tedeschi, cubosovietici russi, industrialisti giapponesi – la superiorità militare per quasi un decennio. La Francia capitolerà, Le Corbusier sarà messo a capo di un governo collaborazionista…”
“Mi faccia immaginare, sventrerà i fauburg per costruire grattacieli”.
“Sarà inevitabile. L’Inghilterra negozierà una tregua che metterà tutto il continente africano a nostra disposizione. Credetemi quando vi dico che il ricordo dei vecchi soprusi coloniali sbiadirà di fronte alla crudeltà dei giovani cresciuti alla scuola del futurismo politico italiano. Le popolazioni negroidi verranno usate per testare nuove armi batteriologiche. Giapponesi e cubosovietici faranno la stessa cosa coi cinesi. E nel 1941 l’attacco nipponico a una base americana nel Pacifico darà inizio alla terza guerra mondiale: inglesi e americani contro le tecnocrazie di Europa e Asia”.
“Il capitale contro la tecnologia…”
“Sarà più complicato di così: gli inglesi riusciranno a salvare la loro isola dalle incursioni dei nostri bombardieri, grazie a un’arma segreta difensiva. E a partire dal 1944 anche gli americani avranno sviluppato la bomba atomica. Dopo l’armistizio comincerà una lunga corsa agli armamenti. Già verso il 1950 il potenziale accumulato negli arsenali dei paesi europei e in USA sarà sufficiente a porre fine alla vita sulla Terra”.
“Ed è tutta responsabilità di Marinetti? Mi state dicendo questo?”
“È più complicato, è sempre più complicato di così. Non si tratta di responsabilità, ma di una variabile cruciale di una complessa formula causa-effetto… nel vostro 1929 non esiste nemmeno la matematica necessaria per dimostrarvi quello che vi sto spiegando. Dovete fidarvi di me – è il motivo per cui abbiamo deciso di inviare me stesso, l’unica persona che vi può chiedere un simile atto di fede. Anni di calcoli ed esperimenti ci portano a concludere che sia Marinetti la chiave di volta delle catastrofi scoppiate in Europa a partire dagli anni Trenta del secolo XX. Senza il suo esempio cruciale, nessuna avanguardia artistica si sarebbe tramutata in partito politico. Gropius e Le Corbusier sarebbero rimasti architetti, Majakovskij un poeta inquieto. Dovete credermi quando vi dico che le artecrazie europee si sono rivelate la forma di governo più crudele della storia dell’umanità. Abbiamo formulato ipotesi anche su questo – la componente narcisistica che era fortissima nelle avanguardie storiche, una volta trasferita sul piano politico, ha propiziato massacri di intere popolazioni, di intere classi sociali”.
“E quindi, lasciatemi indovinare, io dovrei cercare di avvicinarmi al Primo Ardito d’Italia e traforargli le cervella con un revolver?”
“Sarebbe inutile. Probabilmente un attentato del genere fallirebbe, oppure lo spazio occupato da Marinetti verrebbe riempito da qualcuno molto simile a lui. In anni di esperimenti abbiamo capito che i rapporti di causa-effetto hanno una certa rigidità. La Storia si può entro certi limiti cambiare, ma non si può prendere di petto. È come cercare di spezzare un diamante con un temperino. Io sono riuscito a prendere forma in questo salotto, oggi pomeriggio, perché le modifiche che il mio lancio ha compiuto sulla Storia sono ancora molto contenute. E un lancio ancora più lungo è tecnicamente impossibile”.
“Quindi non possiamo soffocare il piccolo Marinetti nella sua culla, o impedire ai genitori di conoscersi”.
“Non funzionerebbe, no. Ma ora che sono qui, posso effettuare ulteriori modifiche”.
“Devo nascondervi?”
“Tutt’altro. Deve denunciare subito la mia presenza al ministero dell’innovazione scientifica. Il fatto che io sia qui, e che possa collaborare da subito con voi, ci permetterà di sviluppare la tecnologia dei viaggi del tempo con 10 anni d’anticipo. Fingeremo di lavorare a maggior gloria della Repubblica Futurista. Ma con il prossimo lancio dobbiamo riuscire a raggiungere il 1919”.
“Piazza San Sepolcro? Vuole tirare una bomba a mano sul palco?”
“Voi non sapete quanto mi piacerebbe. Ma no, i calcoli escludono che una mossa del genere sia possibile. Mi toccherà un ruolo più imbarazzante. Dovrò contattare una signorina di 21 anni, Benedetta Cappa. Avrete senz’altro sentito parlare di lei”.
“Una poetessa, mi pare. Una delle innumerevoli amichette del Primo Ardito”.
“È molto di più. Tra qualche anno denuncerà le violenze d’Abissinia e sarà espulsa dal partito futurista. Sarà una della principali organizzatrici dell’opposizione clandestina, e l’ispiratrice e finanziatrice delle nostre ricerche. In effetti il piano che sto eseguendo è in gran parte opera sua. In questa busta, che vedete, c’è una lunga memoria che la signora Cappa del mio 1949 ha scritto alla sé stessa di trent’anni prima. Io dovrò assicurarmi che la legga, e che accetti col suo sacrificio di salvare il mondo dal baratro”.
“Che tipo di sacrificio?”
“Dovrà fidanzarsi e sposare Marinetti”.
“Questo è ridicolo”.
“Purtroppo non posso mostrarvi le equazioni che lo dimostrano…”
“Il Primo Ardito conquistato da una ragazzina? Si ricorda cosa scriveva nei suoi manifesti? Il disprezzo della donna, eccetera? Non si sposerà mai”.
“Non è mai riuscito a trovare quella giusta. Una proiezione della madre, ovviamente. Leggete il polpettone futuristico che scrisse nel ’09, Mafarka, si chiamava. Un libro profetico, anche se di rara goffaggine. Tra qualche anno sarà introvabile. La Cappa è la donna che più si è avvicinata al suo ideale – ma si sono incontrati troppo tardi, quando la discesa nell’agone politico era ormai irrevocabile. Eppure è mancato poco – avevano già avuto un breve incontro nel 1918. La Cappa era una ragazzina, e quel reduce donnaiolo le faceva paura. Dovrò convincerla ad accettare le sue avances”.
“Avete ragione, sarà molto imbarazzante”.
“La memoria della Cappa cinquantenne la ragguaglierà su come soggiogare il suo seduttore. Il momento cruciale è l’autunno del 1919. Non so se ve lo ricordate, ma le prime elezioni a cui partecipò Marinetti furono un fiasco solenne. Fu arrestato la notte stessa per detenzione d’armi da fuoco. Passò una settimana in cella, era deluso e spaventato (4). Credeva che i bolscevichi avrebbero vinto. Quello è il momento in cui la signorina Cappa deve andarlo a visitare (5). C’è una finestra nel continuum causa-effetto che possiamo sfruttare. Cambieremo la Storia con un colpo preciso, come il tagliatore di diamanti che sa dove deve incidere per ottenere una sfaccettatura perfetta. Non siete convinto”.
“No”.
“Nessuno vi conosce quanto me. Siete già un uomo fuori dal tempo – positivista per formazione, e socialista per ideologia. Voi non accordate molta importanza al ruolo dell’individuo nella Storia. Credete che al posto di Marinetti vi sarà qualcuno come lui”.
“Sono in errore?”
“Vi mancano gli elementi per capire il vostro errore. Nel vostro 1929 la Storia è ancora una scienza umana, un’arte più che una scienza vera e propria. Nel mio 1949 è una disciplina scientifica rigorosa quanto la chimica o l’astrofisica. Ci sono eventi irripetibili – noi le chiamiamo “singolarità”. Uno di questi è l’avvento al potere di un artista d’avanguardia, Filippo Tommaso Marinetti. Un evento fortuito, verificatosi per un esilissima catena di circostanze, che avrà effetti a catena catastrofici. Non possiamo fare nulla per sciogliere le catene, ma se riusciamo a risalire al 1919 ci basterà un bigliettino profumato per salvare l’Italia dall’infamia e il mondo dalla guerra”.
“Chi prenderà il suo posto? Ignoro del tutto le vostre formule, ma so che l’Italia era alla vigilia di una rivoluzione. D’Annunzio?”
“Non ha nessuna chance, dopo Fiume è soltanto una presenza decorativa. Nessuno fa davvero affidamento su di lui. Abbiamo diversi scenari, tutti migliori di quello in cui Marinetti prende il potere. Per esempio… Si ricorda come si chiamava il movimento fondato a Piazza San Sepolcro?”
“I fasci futuristi, mi pare”.
“Fasci di combattimento. Il futurismo non era ancora la corrente egemone. C’era una forte componente socialista rivoluzionaria. Si ricorda di Benito Mussolini?”
“Il giornalista? È a Parigi coi Rosselli, mi pare”.
“Era lui il capo, a San Sepolcro”.
“Ma veramente?”
“La propaganda futurista sta già modificando la memoria collettiva. Ma controllate sui giornali del tempo. Mussolini verrà messo in minoranza soltanto al congresso del 1920, e poi cadrà in disgrazia. Il fidanzamento con Benedetta Cappa può modificare la situazione”.
“Niente più Corsa su Roma?”
“La organizzerà Mussolini. E otterrà l’incarico dal Re. È una persona molto più pragmatica di Marinetti; altrettanto ambiziosa, ma senza il narcisismo dell’artista. Non congiurerà contro la Corte; dovrebbe riuscire nell’obiettivo di pacificare socialisti e popolari”.
“Lo odiavano entrambi. I socialisti, soprattutto”.
“Vecchi rancori, li seppelliranno”.
“Ci sono delle equazioni che lo dimostrano, immagino”.
“Nulla è dimostrabile al 100%. Comunque è difficile immaginare uno scenario peggiore di quello dell’ascesa al potere di Marinetti. Ed è altamente probabilità che senza il suo esempio anche i cubofuturisti non riescano a liquidare Giuseppe Stalin. Quest’ultimo avvierà una politica di industrializzazione molto meno aggressiva – non massacrerà i contadini, è di estrazione contadina lui stesso. La repubblica di Weimar salderà il suo debito di guerra e grazie agli investimenti americani già verso la fine degli anni Venti sarà la prima potenza industriale d’Europa. Ovviamente ci saranno ancora guerre, e scenari al di là delle nostre possibilità di calcolo: ma l’incubo futurista sarà spazzato via prima ancora di prendere forma. Di Marinetti ci ricorderemo soltanto come di un artista mattoide che dopo la Grande Guerra mise giudizio e si sposò”.
“E Venezia?”
L’anziano professor Modena fissò negli occhi il sé stesso di venti anni prima, e sorrise. Per un attimo l’illusione di specchiarsi fu perfetta. “Venezia non sarà mai asfaltata. A nessun altro verrà in mente un progetto così folle”.
“Non me lo può garantire al cento per cento…”
“Al novantasei virgola quindici”.
“Mi basta e mi avanza”.
(Filippo Tommaso Marinetti e Benedetta Cappa si sposarono nel 1923. Il professor Angelo Modena non ha mai scritto il suo appunto sulla Macchina del Tempo di Wells. È morto a Birkenau nel 1944).

Se a differenza del professore hai una voglia matta di vedere Venezia asfaltata, approva con futuristico vigore lo spunto che oggi se la gioca contro Redenzione. Tutto quello che ti si chiede è mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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Non ho mai visto Carcassonne

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Ricapitolando: nel '35 il nuovo governo sciovinista francese (che nei libri postbellici non risulta) comincia a deportare i catari in Corsica e Algeria. Quelli che almeno in un primo momento erano stati concepiti come campi di prigionia diventano campi di sterminio in seguito alla vicenda del Languedoc, un vecchio transatlantico affondato dalla marina francese dopo che i deportati catari ne avevano preso il controllo. Tutto questo ufficialmente all'insaputa della popolazione. E va bene.

I catari avevano sempre avuto molti nemici, in Francia e altrove. Ma anche molti amici. Com'era possibile che nessuna potenza straniera fosse intervenuta? La cosa più difficile da mandar giù era il ruolo di Roosevelt. Aveva veramente finanziato il New Deal coi patrimoni sequestrati ai banchieri catari? I campi di concentramento per i cittadini giapponesi erano davvero nati cinque anni prima per segregare gli americani di fede catara? Più facile da capire l'indifferenza di Hitler, che stava preparando qualcosa di analogo in Germania. L'Italia in un primo momento aveva lasciato aperta la frontiera ai profughi (con grande disappunto della Santa Sede). Mussolini sperava in un qualche modo di poter usare la "questione catara" per uscire dall'isolamento internazionale seguito all'invasione dell'Etiopia. Nella versione non censurata del discorso del 10 giugno, il dittatore accenna più volte alla causa dei Catari. Forse era esistito un progetto per trasformare un settore della Corsica in un "Foyer catarà". In realtà Mussolini non si era sbilanciato più di tanto, ma il risultato fu l'adesione indiscriminata di molti profughi catari al fascismo - a differenza che in Spagna, dove si erano schierati contro Franco pagandone le conseguenze. Dopo l'otto settembre gran parte dei catari italiani erano rimasti fedeli all'Asse: entrando chi nell'esercito repubblichino, chi direttamente nelle SS. E tra il 1945 e il 1946 erano scomparsi. Evaporati.

Ai catari di Nagasaki non era andata molto meglio. Come mai una bomba più potente di quella di Hiroshima aveva fatto - secondo i resoconti ufficiali - metà delle vittime? E perché era stata scelta proprio Nagasaki? Com'era possibile che nessuno, nemmeno Truman, avesse dato un ordine preciso? Per quanto folle, tutto a un certo punto sembrava quadrare. I soprabiti neri di Pirandello, che in una prima stesura del racconto (poi censurata) prendevano vita e raccontavano l'orribile storia del loro popolo. La funebre allusione tra le righe di quella canzone di Brassens. "Non ho mai visto Carcassonne". Il massacro dei catari era la pagina di Storia che gli Alleati avevano deciso di strappare a Jalta. Imbarazzante per la Quarta Repubblica e per gli USA, irrilevante per Stalin. Dal suo punto di vista due milioni di individui non dovevano sembrare che un trascurabile episodio.

Se davvero vuoi vedermi proseguire in questo delirio, occorre che tu voti per Carcassonne, che oggi gioca contro La pace separataPuoi farlo mettendo Mi piace su facebook, o esprimendoti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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La pace separata

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"Ci sto ragionando sopra da qualche tempo, Prandini, e adesso vorrei discuterne con te".

Prandini non poteva impedirsi di provare una certa deferenza nei confronti del vecchio. Quanti anni aveva? Per i ragazzi della Brigata esisteva da sempre, ed era sempre stato lì. Prandini se lo ricordava un po' meno grigio, ai tempi della Stella. Era sopravvissuto a tutti i suoi compagni, così raccontava Prandini. Mentiva: una buona metà della Stella era passata dalla parte dei valligiani, in seguito a certi eventi confusi che era meglio ignorassero.

"Io ormai sono fuori dai giochi", continuò il vecchio. "Hanno smesso di cercarmi".
"Hai firmato la tua pace separata".
Il vecchio corrugò la fronte, forse non aveva capito l'espressione. Oppure non gli piaceva.
"Sono un pensionato ormai. Hai mai pensato alla pensione, Prandini?"
"Da giovane".
"Quando io me ne sarò andato - e non ho fretta, ma potrebbe succedere uno qualsiasi di questi giorni - tu sarai il più vecchio della montagna, lo sai?"
"Amen".

(Questo pezzo prosegue lo spunto dei Banditi della montagna, e ovviamente partecipa alla Grande Gara degli Spunti. Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 

"Ti ho osservato in questi anni. Hai fatto un buon lavoro coi ragazzi".
"Grazie".
"Prima di incontrarti erano una banda di monelli in gita. Non avevano speranza, nessuna".
"Mentre adesso".
"Quindi capisco la tua ritrosia ad abbandonarli".

Fu il turno di Prandini di aggrottare la fronte.

"...ma prima o poi deve accadere. Proprio perché hanno imparato tanto da te, non hanno più bisogno come un tempo. Tra un po' sarai un peso per loro".
"Un peso".
"Sei ingombrante. Hai sgozzato il figlio di un valligiano, ci sarà ovviamente un rastrellamento, e la colpa ricadrà su di te".
"Non potevo fare diversamente".
"Non ti sto giudicando. Ti sto dicendo come andranno le cose. Saliranno con l'artiglieria, faranno baccano per settimane".
"Non lo troveranno mai".
"È importante? Cominceranno a battere la montagna, dovrete ritirarvi dietro il crinale e perderete il raccolto. Ci saranno conflitti a fuoco, morti feriti e prigionieri e tutte queste stronzate che a una certa età, Prandini, stancano. Sul serio non sei stanco?"
"Io e te siamo diversi".

Il vecchio chinò il capo di scatto, aveva capito l'insinuazione.

"Io non ti giudico, e mi piacerebbe che tu non giudicassi me".
Ti piacerebbe.
"Ho fatto delle scelte discutibili", continuò il vecchio, fissandosi le scarpe lacere, "che se avessi avuto più tempo per riflettere..."
"È così che è andata al passo del lupo? Li hai venduti perché eri stanco?"
"Oh oh", il vecchio cercò di sorridere. Senza incisivi non gli riusciva molto bene. "Che parola che hai usato. Che brutta parola. È quel che pensi di me?"
"È quel che ho sentito dire".
"Non ho venduto nessuno. Li ho salvati. Metà di loro non avrebbero passato l'inverno. A quel tempo coi valligiani si poteva ancora ragionare".
"Spiegami il ragionamento".
"Un accordo orale, un patto tra... come si dice?"
"Gentiluomini".
"Grazie. Non avremmo cambiato bandiera. Ci chiedevano di mantenere un presidio sul passo, e di far transitare i loro convogli di notte, con discrezione. Impedendo a qualche altra formazione di prendere il nostro posto. Mantova ovviamente non era d'accordo".
"L'hai ammazzato tu?"
"Ha importanza?"
"Curiosità".
"Ha veramente importanza chi ha fatto fuori quella testa di cazzo che non chiedeva altro che morire in qualche sparatoria inutile? Cercava la gloria, è stato accontentato. Io volevo soltanto che la mia famiglia mi sopravvivesse. Anche tu avevi una famiglia, mi pare".
"L'avevo".

Se tutto questo per qualche motivo non ti dispiace, è l'ora di votare per La pace separata, che se la gioca contro CarcassonnePuoi farlo mettendo Mi piace su facebook, o esprimendoti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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Qualcuno continua a uccidere le mie ex (e io non ho un alibi)

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Riassunto dello spunto precedente: un tizio arriva in questura disperato, chiede di essere arrestato per aver ucciso nove donne in cinque anni - anche se non se lo ricorda. Quattro delle vittime sono concentrate nella stessa provincia (in cui da anni la polizia ricerca un maniaco seriale), le altre sono sparse per l'Italia e addirittura l'Europa, e nessuno le aveva mai collegate, anche perché ogni omicidio ha modalità diverse. Solo il Tizio conosce il collegamento tra tutte le vittime: sono tutte sue ex.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! È uno sviluppo di Qualcuno sta uccidendo tutte le mie exSe vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 

Tizio vive un incubo da anni. Per molto tempo ha esitato a informare gli inquirenti, perché sapeva che sarebbe stato sospettato ed era convinto di essere innocente - anche se in un qualche modo non riesce mai ad avere un alibi (è un tizio insolitamente solitario). Ma dopo la tragica scomparsa di una signora di Innsbruck incrociata ai tempi dell'Erasmus, decide di costituirsi. Pensa di essere vittima di uno sdoppiamento di personalità, e teme per Caia, l'unica ex superstite, di cui è ancora segretamente innamorato anche se si è fatta una famiglia. Mentre è in stato di fermo, il commissario che ha ricevuto le sue confidenze ha un'idea: e se fosse Caia ad aver assassinato le povere donne? Tizio ha ammesso di aver tenuto una lista delle sue conquiste, e di averla mostrata almeno una volta all'ex compagna. Se si esclude Tizio, l'unico colpevole non può essere, per quanto improbabile...

Mentre sta ragionando su tutto questo, Caia muore misteriosamente davanti all'agente di scorta che le era stato fornito senza spiegazioni. Stavolta però Tizio dovrebbe avere un alibi! era in cella, no?

No.

Coincidenza, i termini della custodia cautelare erano scaduti il giorno prima. Lui naturalmente non si ricorda nulla, anche se aveva scritto diverse lettere anonime a Caia per metterla in guardia. Chi sta uccidendo tutte le sue ex?

Non lo saprete mai - se non voterete per questo spunto, che oggi se la gioca contro Addio ai procioni, mettendo Mi piace su facebook, o esprimendovi nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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Cosa ci insegnano i procioni

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Come tutti i procio-linguisti (e più in generale i procio-studiosi, e i procio-divulgatori, e tutto l'indotto umanistico e scientifico che ruotava intorno al Pianeta dei Procioni), Aron aveva grosse difficoltà a mascherare il disprezzo che provava per i cosiddetti "procionidi terrestri", quei gruppi di svitati che dopo aver visto un documentario di troppo erano andati a vivere nei boschi in piccole comunità di soli maschi o sole femmine - fatta eccezione ovviamente per quelle quattro settimane tra marzo e aprile, dedicate al corteggiamento e all'accoppiamento. Aron non riusciva nemmeno a individuare l'aspetto più paradossale: che le istruzioni per la vita in armonia con la natura provenissero da trasmissioni inviate e captate con le tecnologie più sofisticate a disposizione? o che una specie vivente dedita al genocidio fosse percepita come più "naturale" soltanto perché viveva tra gli alberi?

(Questo pezzo prosegue lo spunto della Fine del mondo dei procioni, e ovviamente partecipa alla Grande Gara degli Spunti. Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 

"Non hai mai pensato che è anche colpa nostra?", le aveva detto Sara un giorno. "In fondo non sono che vittime della procio-mania. Quella cosa che ci dà da vivere".
"Noi non viviamo di procio-mania. Noi studiamo i linguaggi dei procioni".
"Certo, e per farlo servono computer dall'enorme potenza di calcolo, e specialisti ben pagati, e tutto questo lo pagano gli sponsor che vogliono vendere il prossimo film 3d ambientato nel mondo dei procioni".
"Sara..."
"La soap dei procioni sta andando fortissimo - anche se non abbiamo ancora capito chi è il buono e chi è il cattivo - ammesso che ci siano - i peluche autorizzati dall'Agenzia Spaziale sono già pezzi da collezione, e ci sono ragazzini che da cinque anni in qua non fanno che sentir parlare di procioni, procioni, procioni. Ti sorprende che una piccola parte di loro comincino ad arrampicarsi sugli alberi? Tra un po' ci arrampicheremo tutti. Hai visto i progetti della nuova torre di Berlino?"
"Prima o poi si renderanno conto che i procioni sono come noi".
"Non sono come noi".
"È vero. Ma non sono né meglio né peggio. Sono violenti, devastatori, hanno un forte senso del branco ma nessuno scrupolo per gli estranei".
"Bene, e ora dimmi qualcosa che li differenzi dai sapiens".
"Sin da quando abbiamo cominciato a capire qualcosa della loro Storia, abbiamo cercato di combattere il luogo comune di specie-in-armonia-con-la-natura. Abbiamo raccontato di come abbiano sterminato un'altra razza intelligente nel continente inferiore".
"Probabilmente noi abbiamo fatto la stessa cosa coi Neanderthal".
"Loro lo hanno fatto con armi batteriologiche".
"Allora è la stessa cosa che noi abbiamo fatto agli Incas".
"Non abbiamo usato armi batteriologiche contro gli Incas... non consapevolmente".
"Hanno iniziato a usare armi batteriologiche più o meno quando noi cominciavamo a perfezionare le catapulte, non puoi fare un paragone con..."
"Sei tu che hai iniziato a fare paragoni".
"Va bene. Fare paragoni è sempre sbagliato".
"Sempre".
"Perché abbiamo iniziato?"
"Non riesco a capire come sia passata l'idea dei procionidi in sintonia con la natura. Hanno devastato più habitat di quanto non abbiamo fatto noi".
"Ma vivono ancora sugli alberi, mentre noi siamo scesi".
"Tutto qui?"
"Certo che no. Hanno quella pelliccia adorabile, e quel mese all'anno in cui pensano soltanto al sesso. Tutte cose di cui eravamo convinti fosse necessario liberarsi, per diventare civili. Loro ci hanno dimostrato che non è vero. Si può fondare una civiltà senza scendere dagli alberi, senza perdere i peli, senza rinunciare alla stagione dell'amore".
"Hanno cacciato gli orsi fino all'estinzione. E manco li mangiano".
"Erano comunque pericolosi. Piuttosto ci sarebbe da domandarsi perché noi non abbiamo fatto la stessa cosa".
"Perché abbiamo sviluppato il concetto di biodiversità, mentre loro..."
"Loro si sono stabilizzati sul miliardo di abitanti, su un pianeta un po' più piccolo della Terra, forse è una strategia più ecologica della nostra".
"Il loro modo di stabilizzarsi è massacrarsi tutti gli autunni".
"Anche lì, ci sarebbe da domandarsi perché non facciamo la stessa cosa".
"Sei seria?"
"Forse non stiamo distruggendo il pianeta perché facciamo troppe guerre, ma perché non ne facciamo abbastanza. Ci hai mai pensato?"
"Ok, non sei seria".

Se sei un furry, o non hai il coraggio di ammetterlo a te stesso, ma hai quello per votare Cosa ci insegnano i procioni, che oggi se la vede con Qualcuno continua a uccidere le mie ex, non hai che da mettere Mi piace su facebook, o esprimerti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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Concentrati, Sirio

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Tutti i compagni di studio di Sirio conoscevano la storia del video di Ghent, per averlo studiato in Sociologia Uno o Diritto Civile, e per averlo visto innumerevoli volte alla tv o su internet, spesso utilizzato come filmato di repertorio. Per popolarità e pervasività se la giocava col filmino di Zapruder che documentava l'attentato a Kennedy, o le riprese di qualche allunaggio, forse l'adunata di Norimberga. A differenza di tutti questi documenti, il video di Ghent non esibiva personaggi storici, bensì un ragazzo, (D.T.) di bell'aspetto, visibilmente contrariato per un'erezione che non arriva malgrado le sollecitudini della partner, di cui nella prima versione si vedevano soltanto le mani. Si sentiva però la sua voce, molto vicina alla videocamera, ripetere la parola concentrati, con una sfumatura ironica che a molti sfuggiva (a Sirio no).

Benché nel video originale la parola concentrati non si udisse più di tre volte, alcune manipolazioni successive l'avevano trasformata in un mantra. Dieci anni dopo la pubblicazione del video, era ancora impossibile coniugare in pubblico il verbo "concentrarsi" senza stimolare negli ascoltatori un'associazione col video - e con le disfunzioni erettili in generale. I vocabolari raccomandavano di usare sinonimi. Sirio ricordava benissimo quando aveva iniziato ad alzare le mani sui compagni che gli dicevano concentrati. Seconda elementare.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! È uno sviluppo di La prima volta si fa davanti a tuttiSe vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 

Tutti i coetanei di Sirio avevano studiato di come l'eccezionalità del video di Ghent, in un primo momento, fosse consistita in questo: era il primo esempio documentato di revenge porn al femminile. I genitori del ragazzo D.T., oltre a chiederne il sequestro (un gesto inutile, ma dall'alto valore simbolico), avevano denunciato la 17enne Cassiopea Ree. Sostenevano che lo avesse pubblicato per punire D.T. di averla lasciata. Tutti i compagni di Sirio sapevano più o meno com'era andata a finire: durante il dibattimento i legali di Cassopea avevano dimostrato che

1. Il video era stato girato e condiviso da due persone consenzienti (una delle quali, D.T., aveva già compiuto la maggiore età), le quali non potevano non essere consapevoli del rischio che correvano.

2. Se Cassiopea era effettivamente stata la prima a far circolare un frammento del video, non aveva agito per ritorsione o ricatto, ma per reazione a una minaccia di D.T., che in seguito a uno screzio le aveva annunciato di volerne pubblicare un'altra versione. Cassiopea lo aveva semplicemente battuto in velocità. Si era trattato di autodifesa.

A questo punto i legali dei genitori avevano chiesto che fosse divulgato il video nella sua interezza, ai fini di "contestualizzare" la défaillance sessuale di D.T. Richiesta stravagante che il giudice probabilmente non avrebbe autorizzato - non fosse stata la stessa Cassiopea, a quel punto maggiorenne, ad acconsentire. La versione lunga in effetti riabilitava parzialmente il povero D.T., ma soprattutto rendeva Cassiopea una celebrità mondiale, proiettandola non verso la carriera cinematografica che molti le prospettavano, ma verso la politica. Quindici anni dopo l'eurodeputata Ree era tra le firmatarie del Sex Act Act, il disegno di legge che regolamentava la pubblicazione di "video giovanili amatoriali a contenuto esplicitamente sessuale". Tutti i coetanei di Sirio la stimavano come personaggio pubblico di specchiata onestà e profonda competenza. E tutti avevano visto almeno una volta nella vita quel video artigianale in cui ci dava dentro con la foga dei suoi 17 anni. Tutti.

Tranne Sirio Ree.

Il figlio di Cassiopea.

Se questo è il pezzo che vuoi salvare oggi, e Fiume 1920 quello che vuoi bocciare, apprestati ordunque a mettere Mi piace su facebook, o esprimerti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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Il ritorno alla terra, poema drammatico

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(Tra gli spunti ce n'è uno - Fiume 1920 - recuperato in una vecchia cartella di cui mi ero assolutamente dimenticato, buttato lì come tanti altri per far mucchio, e che invece risulta fin qui uno dei più votati. Sono un po' in pensiero perché anche se è una vicenda che ho studiato (meno di quanto meriterebbe), ormai non ne so più niente. E siccome per ora non ho niente di più da offrire, incollo un pezzo preso dal libro più venduto e meno antologizzato di F.T. Marinetti, Come si seducono le donne. È un testi del '16, dettato in trincea, che anche in edizione censurata spopolava tra gli ufficiali al fronte. Gente che sotto l'artiglieria si ripromette di tornare a casa con cicatrici non troppo sfiguranti e sdraiare nobildonne grazie ai futuristici consigli di FTM. Lo incollo qui per dare un po' l'idea del tono, della situazione. Cinque anni dopo FTM è a Fiume che continua a inseguire gonnelle senza requie).

Durante i tre anni che precedettero la conflagrazione generale, Parigi, che aveva riassunto e perfezionato in sé tutte le eleganze, tutte le raffinatezze, tutti i cerebralismi e tutte le esasperazioni erotiche, volle realmente spaccarsi l’enorme fronte luminosa contro la muraglia dell’impossibile.

Tutti i divertimenti, tutte le bizzarrie, tutti i capricci, tutti gli spettacoli realizzati, esauriti, vuotati. La mania letteraria femminile che aveva succeduto alla mania del bridge, giunse a delle forme snobistiche assolutamente pazzesche e cretine. Durante un pomeriggio in un salone politico consideratissimo fui costretto ad ascoltare venti declamatrici diverse.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone). 

Una dama sessantenne leggeva una Notte di De Musset. Occhialetto tremante fra i nodi delle vecchie dita. Primavera stonata di una toilette rosalilla sul corporuderoattaccapanniombrello. Lingua stanca e bavosa fra i versi roventi. Disattenzione di tutti i cappelli piumati che bisbigliavano i loro affari senza preoccuparsi della declamatrice. Poi, un barbone biondo, pettinatissimo, in stiffelius, notaio o direttore di banca, cadenzava per dieci minuti degli alessandrini col gesto sempre eguale di un seminatore. Poi una signorina svenevole, piena di smorfie cinesi, parlava con una voce da passero, di una volontà che faceva rima con carità. Compassione generale. Nessuno ascoltava. Dalle tre fino alle otto e mezzo di sera. Ogni tanto interruzione: – bello! magnifico! interessante! Piccoli battiti febbrili dei ventagli richiusi contro gli anelli delle mani ridipinte. Mormorio di compiacimento falso. Gorgoglio di voci. Trotto di cretinerie banalissime. E si riprendeva: a non ascoltare.

Nella sala dei rinfreschi si sfogava un frastuono sincero di voci, di piatti e di appetiti. Tutti infatti, poeti, poetesse, bohémiens ripuliti, giornalisti, artiste, signore, attrici avevano fame di sandwiches, pasticcini, gelati e cioccolata dopo quel fiume nauseante di insipidità, e specialmente dopo le lunghe strade parigine affollatissime che avevano dovuto attraversare a piedi, in tram, in luccicantissime limousines; tra mille scossoni, sotto l’impulso del tempo che li spronava a fare ad ogni costo il più assoluto niente. Ritmo affannoso. I petti femminili smaniosi di trovarsi sempre nel punto di Parigi più alla moda, nel salotto più in vista, allo spettacolo più eccezionale. Tutte le bassezze per un invito!...

Ogni signora ha il suo giorno di ricevimento con qualche cosa di speciale. Lotta feroce dei diversi giorni della settimana! Il martedì della marchesa C pompa pneumaticamente i due terzi della curiosità parigina, ma è minacciato dal martedì della contessa D, e specialmente da quello della giovane e bellissima letterata Y, che lavora accanitamente ad accumulare quadri cubisti, poeti, futuristi, ballerini russi, giocolieri sudanesi e lancia su Parigi delle reti d’inviti nelle quali tutti i pesci vogliono assolutamente rilucere di un guizzante piacere cretino.

Io ero un numero ricercatissimo. Non si poteva vivere senza i miei versi liberi all’automobile da corsa, che spaccavano tonando l’atmosfera morfinizzata di quegli ambienti. Per curiosità psicologica e mediante un veloce automobile io riempivo di energia futurista quattro o cinque salotti alla moda in un solo pomeriggio. Conobbi così la signora Julie de Mercourt che incontravo dappertutto.

Biondissima, fragile, pallidissima, un ninnolo febbrile con dei subitanei languori nella voce e negli occhi come se si fosse tuffata nell’acqua calda di un ricordo erotico. La desiderai acutamente e l’inseguii. Le nostre velocità e le nostre onnipresenze erano parallele. Un giorno in un ascensore, presa di subitanea confidenza, mi parlò di malattia cardiaca e mi fece premere colla mano un piccolo seno bianchissimo scosso da un cuore troppo disordinato. Moglie di un architetto illustre che non conobbi mai, era smaniosa d’essere nominata in tutte le note mondane dei giornali, ma aveva evidentemente un’altra mania che io volli esplorare.

Fu felice di presentarmi nella casa di un industriale miliardario, nell’occasione di una festa che doveva sorpassare tutto ciò che si era inventato di più favolosamente strano e piccante. Tutte le limousines aristocratiche scoppianti di luccicori, fuga sferica di riflessi, esplosione molle di stoffe rosa neve fra i cristalli, ebano, lacca rossa, turchesi, tenerissimi gialli, ottone dei fanali, gridio schizzante di strilloni sull’asfalto pieno di raggi veloci: Kru-breee-breee breee, Krubree-bree.

Entriamo insieme. Vasto cortile quadrato. Tre pareti drappeggiate di bianco e verde; quella di fondo, evidentemente di un’altra casa e di un altro proprietario, trasudava di curiosi a tutte le finestre. Crescente polifonia di voci. Tutti i profumi corrotti dagli odori di troppi corpi femminili. Ambizione, irritazione di quattrocento cappelli, piume, garze, veli in rissa per emergere. Naufragio di gesti nudi. Palpitazione di gabbiani femminili fra una schiuma di ventagli. Caldo crescente. Interno di enorme conchiglia marina invasa metà dal sole di agosto. Non c’era più posto, ma la gente continuava ad entrare. Compenetrazione di gomiti nei fianchi. Barbe rosse, dorate, quadrate, a pizzo sfioravano globi di seni colorati come cirri al tramonto. Lunghi capelli grigiastri di vecchio decadente fra le scapole feroci di una scheletrita pianista bandeaux neri con una bocca forata dal rosso. Miscela di fiati. Ansare. Sarà molto interessante! Eccezionale! Il ritorno alla terra, poema drammatico... Non c’è palcoscenico! Una cosa assolutamente nuova! La divina Lettecot Livy sarà nuda! O quasi! Vestita di foglie!... I versi sono suoi! Nel centro vi sarà della terra, della vera terra!

La folla era infatti disposta, assiepatissima, tutta in cerchio, come in un’arena. Silenzio! Silenzio! A stento inoculati, la mia amica ed io formavamo una fusione unica. Lo spettacolo incominciava. Non si vedeva nulla. Dei pezzi di versi schizzavano fuori dal brusio che non poteva cessare data la ressa. Ad un tratto, fra il fogliame umano, vidi la celebre Livy rizzarsi tutta verde, e spargere intorno a sé col grasso braccio nudo, della terra nera. Poi, riempirsene la bocca. E finalmente gridare con irruenza drammaticissima: «Bisogna mangiare la terra! Nutrirsi, nutrirsi, nutrirsi di terra!... per non morire!»

Intanto una finestra si apriva al primo piano davanti a noi ed apparve una vasta portinaia francese una di quelle tipiche portinaie che presero tanta parte nelle battaglie tra inquilini Dreyfusisti e inquilini anti-Dreyfusisti. Aveva sotto l’ascella una lunga scopa, le larghe mani aperte sul ventre e ridendo a crepapelle, disse nel silenzio generale: Ah questa è grossa! Manicomio! Manicomio!... Tutti risero ma meno di me perché ero forse il solo a sentire la necessità urgente della conflagrazione generale. La mia amica mi guardò negli occhi, comprese e disse: «avete ragione di trovare tutto questo idiota... Dopo questo spettacolo non c’è altro che il diluvio».

Due voci flebili e smorfiose mi ronzavano nelle orecchie da dieci minuti. Scambio di parole tenere che rivelavano dei semi-contatti erotici simili a quelli che mi univano alla mia amica. Mi voltai e vidi un signore panciuto sessantenne che stringeva col braccio destro amorosamente un giovanetto oscenamente effeminato, guance a pastello, labbra enfiate di vecchia prostituta, occhi azzurri sciupati malaticci e paurosi sotto dei bellissimi capelli biondi.

Alla mia destra una notissima scrittrice, liquefatta da trenta anni di thè letterari, vasto seno-prua balordamente fasciato di velluto granata, oscillante alberatura di cappello estremoriente. Vicino sotto e sovente nascosta da lei una troppo fragile pupattola bionda (crema oro sorrisi di vetri fini) diceva a un banchiere biblico, calvo, che uncinava le donne (velieri o canotti) col naso arrugginito:

— Oh! io trovo che il denaro è un potente afrodisiaco. Il denaro è la più grande prova d’amore che un uomo può darci...

Era probabilmente fedele a quel suo palmipede bancario che le offriva con 100,000 franchi di toilette all’anno la delizia di vincere e di umiliare tutte le sue amiche. Preferiva indubbiamente un palpeggio di stoffe e una rivista di mannequins ad un ardente corpo a corpo col più seducente amante del cuore. Il banchiere rideva viscidamente di tanto in tanto offrendo ad ogni sorriso due lunghi denti d’oro al suo labbro inferiore ogni volta deluso.

Se tutto ciò ti seduce, almeno più di La prima volta si fa davanti a tuttinon ti resta che mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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La schiava (io ce l'ho e tu no)

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Potevano passare mesi interi senza un solo pensiero di angoscia. Mesi interi in cui passando davanti allo specchio dell'ingresso Biagio non vedeva che un cinquantenne soddisfatto, con una carriera avviata nel ramo immobiliare, un figlio che lo adorava, una compagna che lo amava, e una schiava rinchiusa nel secondo piano interrato di una palazzina sfitta, una piccola cosa pronta a precipitarsi ai suoi piedi appena la porta blindata si fosse aperta, alle due del pomeriggio nei feriali, e a qualsiasi ora nella notte, senza preavviso. In qualsiasi momento fosse arrivato laggiù, portando un po' di luce e cibo e amore, sapeva che Yris gli avrebbe fatto festa, non era un amore di cucciola? E lui non era il più fortunato degli uomini? Potevano passare mesi interi così.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabelloneQuesto è un capitolo qualsiasi dalla Prigioniera nella torre).

L'angoscia arrivava a tradimento, di solito in seguito a un'interruzione della routine. Un incidente domestico o un imprevisto sul lavoro. Persino una rimpatriata coi compagni d'università, dalla quale Biagio si aspettava solo soddisfazioni. Alcuni dei suoi amici avevano avuto più fortuna di lui nella vita: avevano auto più grosse, mogli più belle e giovani, e parlavano di luoghi esotici dove Biagio mai sarebbe andato in vacanza; ma cos'era tutta quella volgare esibizione di fronte alla sua gloria segreta? Nessuno di quei coglioni era riuscito ad avere dalla vita quel che Biagio si era conquistato. Nessuno ci era andato nemmeno vicino. Ogni gioia che riuscivano a prendersi, Biagio lo sapeva, non era che un simulacro di quella che lo attendeva al buio ogni primo pomeriggio nei feriali. E per quel povero simulacro erano costretti anche a pagare! In regali alla partner, in contanti alle escort, in alimenti elle ex, in assegni agli analisti.

Quella sera, mentre si contavano a vicenda le rughe sulla fronte, e confrontavano le cilindrate, e prendevano appunti mentali sul prezzo delle vacanze altrui, Biagio si sentiva il cuore gonfio. Era il re del mondo e nessuno lo sapeva. Aveva solo il timore di sembrare troppo allegro, troppo su di giri - era sicuramente una paranoia, ma ad ogni buon conto si era messo a bere. Un ottimo espediente, già collaudato. Nessuno fa più caso a te quando bevi. Puoi esultare e gridare al mondo intero di essere un mostro - nessuno ti starà ad ascoltare.

L'angoscia lo prese al risveglio, in un parcheggio poco lontano da casa. Non doveva aver dormito più di una mezz'ora, ma era come se tornasse alla vita dopo cent'anni di incubo. Chi era? Marchesani Biagio, nato a *** il primo ottobre 1963. Era il titolare di un'agenzia immobiliare, un padre di famiglia e un mostro. Da sei anni teneva prigioniera una ragazza in un sotterraneo, e non c'era modo di risolvere la cosa. Prima o poi sarebbe scappata, e lui si sarebbe ucciso. Oppure.

Oppure sarebbe stato lui a ucciderla. C'era sempre stata questa possibilità. Si sarebbe sbarazzato del corpo in uno dei cento modi che si era immaginato in quegli anni. Acido muriatico. Sega circolare. Un'intercapedine del muro. Ma forse la soluzione migliore era la più semplice: sacchi neri, qualche mattone, e una gita notturna al porto. Nessuno l'avrebbe mai cercata in quei fondali. E nessuno sarebbe comunque risalito a lui. E allora cosa aspettava? Aveva già rischiato troppo, mettendo a repentaglio la felicità della sua famiglia. Doveva farlo il prima possibile. Poteva farlo anche in quel momento. La palazzina era a cinque minuti di distanza. Cosa aspettava?

Già. Cosa aspettava a tornare il povero coglione di sempre, circondato da gente con macchine più grosse e compagne più giovani?

C'erano notti in cui varcando quel cancello Biagio non sapeva, non credeva di sapere se andava a strangolare Yris o a piangerle in grembo. Nei fatti Yris era ancora viva, e lo aspettava alzata.

Se tutto questo ti solletica, almeno un po' di più di Tutto quel che sai è falsonon ti resta che mettere Mi piace su facebook, o esprimerti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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I falsi miti del regresso (appunti)

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Gli abitanti di quella porzione occidentale del mondo, all'inizio del XXI secolo, assistevano con vari gradi di consapevolezza a due enormi cambiamenti, che visti da vicino potevano sembrare di proporzioni apocalittiche: la globalizzazione economica e il riscaldamento globale. Fenomeni complessi, che oggi si liquidano in un paio di paragrafi sul manuale.

Nel 1990 il crollo del blocco sovietico aveva accelerato un processo di globalizzazione già in corso: se in quel momento molti in occidente esultarono per la fine della Guerra Fredda e l'apertura di nuove rotte commerciali, il modo in cui la globalizzazione si fece davvero sentire nei trent'anni successivi fu il crollo del costo del lavoro. A quel punto un terzo della popolazione mondiale era indiano o cinese; ed era disposto a lavorare per meno di un decimo del salario di un operaio francese o tedesco; e sarebbe stato così per un altro mezzo secolo. Questo portò i partiti tradizionali di sinistra alla crisi irreversibile, ironia della sorte, proprio nel momento di massimo splendore del Partito Comunista Cinese. Molti diventarono protezionisti: si opposero con forza a ogni progetto di accordo internazionale sul commercio. La "globalizzazione" diventò un'entità ostile, che si immaginava pilotata da lobbies di milionari, speculatori, "neoliberisti". Fin qui era facile capire la dinamica del mito. Nasceva a sinistra come racconto consolatorio, si prestava a supporto di un progetto di riposizionamento: i leader delle sinistre occidentali avevano tutti gli elementi per capire che in un mondo di sette miliardi di abitanti il dumping salariale avrebbe distrutto le classi medie, ma qualcosa dovevano pure raccontare ai loro elettori, mentre li traghettavano verso posizioni protezionistiche o reazionarie.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabelloneQuesti sono appunti sulla traccia di Tutto quel che sai è vero!) (Poi li metto a posto meglio). (Ci faccio dei dialoghi). (Non sarà così noioso, prometto).

A un certo punto aveva preso un improvviso vigore una vecchia idea fino a quel momento circolante soltanto in qualche circolo di destra: il sovranismo monetario. Gli studiosi del secolo successivo, con larghe dosi di senno del poi, accusano spesso gli artefici dell'unione monetaria europea di non aver calcolato il "contraccolpo emotivo" dell'euro: non si dà una valuta nuova in mano a centinaia di milioni di persone senza aspettarsene uno. Nei 20 successivi l'euro divenne, nella cultura popolare, la causa di tutte le crisi. I suoi vantaggi furono minimizzati, gli svantaggi magnificati: nel frattempo le burocrazie al potere, spaventate dall'idea che l'unione potesse implodere, terrorizzavano gli elettori prospettando vere e proprie catastrofi nel caso un Paese volesse rinunciare all'euro e tornare a una divisa nazionale. La religione del signoraggio nasce in questa temperie.

La situazione sarebbe già stata caotica anche se nel frattempo l'atmosfera non avesse iniziato a scaldarsi. Del negazionismo relativo al riscaldamento globale, nella mia tesi, non avevo intenzione di parlare se non per sommi capi: era un argomento talmente famoso e sviscerato che non intendevo andare oltre i due o tre riferimenti biografici più noti. Si trattava del fenomeno di negazionismo più conosciuto e studiato: si sapeva che era stato finanziato dalle multinazionali criminalmente interessate a perpetuare lo status quo - in primis le compagnie petrolifere - e abbracciato acriticamente dai conservatori di tutto l'occidente. Verso il 2010 però era chiaro anche a loro che il mondo si stava scaldando. Doveva sentirsi in giro una gran necessità di miti consolatori; quello delle scie chimiche non era poi un granché, ma sempre meglio di niente. La cosa curiosa è che il mito era fiorito in qualche oscuro modo intorno a una tecnologia realmente esistente - il cloud seeding - che anche se in quegli anni sembrava passato in secondo piano, rappresentava comunque una speranza: se il clima era davvero modificabile su larga scala, perché non modificarlo per il meglio?

Entrambi i miti (il signoraggio e le scie chimiche) emergevano come risposta semplice, rassicurante, a problemi complessi: contro il dumping globale di miliardi di lavoratori sottopagati, era sufficiente chiudere le dogane e stampare cartamoneta. Contro il riscaldamento globale, era sufficiente localizzare gli aeroplani che irroravano le scie riscaldanti. Come ci aveva detto il prof. Arci: il mito è la storia che racconti al bambino quando hai fretta o sonno. Perché fa sempre più caldo? figliolo, la rivoluzione industriale, la sovrappopolazione... papà, ti ho chiesto perché fa sempre più caldo. Ci sono uomini cattivi che ci scaldano il cielo. Ah, ok.

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La miscellanea del sesto volume

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Ho un problema coi vecchi amici. Non li chiamo mai. Me li immagino sempre appollaiati sul mio passato. In realtà hanno una vita anche loro, un presente, rate di mutuo, pannolini da cambiare. Mi piacerebbe incontrarli oggi per la prima volta, ho l'impressione che diventeremmo amici. Ma li ho incontrati da giovane ed ero un deficiente. E loro lo sanno.
Io so che lo sanno.

“Pronto”
“Ehilà Ognibene, son Traldi”.
“Traldi, ehi, ciao!”
“Oh come butta vecchio”.
“Traldi guarda, adesso come adesso posso solo risponderti in monosillabi mentre davanti agli occhi mi scorre il film del campeggio all'Isola d'Elba del 1992 quando la dissenteria mi tradì nel sacco a pelo”.
“Maddai, cosa mi fai venire in mente”.
“Traldi sei un cattivo bugiardo, ancorché pietoso, e io so che quella chiazza marron è il primo ricordo che tu hai di me, dovessi vivere cent'anni e conquistare la Kamchatka a mani nude, per te io sarò sempre quella chiazza marron”.
“Ma piantala, Chiazza... ehm, volevo dire Ognibono”.
“Ognibene”.
“Sai che io dipingo, no, faccio una vernice in Pomposa, volevo invitarti”.
“Roba astratta?”
“Sì, campiture di colori un po' spenti... color terra, hai presente”.
“E hai pensato subito a me”.
Clic.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone. Dovrebbe essere il seguito di Capodanno). (In un qualche modo). (Mi avete segato lo spunto su Genova). (Fascisti).

Mi avevano raccontato da bambino che non è così, che del passato si ricordano soltanto le cose belle, la Centoventisei (un tombino semovente), il primo bacio (sapeva di lumaca), cose del genere. Magari per gli altri è così, magari si ricordano di quanto ero simpatico, alla buona, abbastanza corretto, se solo mi fossi fermato più spesso a sparecchiare alle feste. E poi ci sono tutte le cose che ho scritto. Se solo ci penso impazzisco.

“Ma mi sbaglio o costui è Ognibene? Ma che bella sorpresa!”
“Sì, beh, speravo di non disturbarti”.
“Non mi disturbi affatto, ma perché vesti una calzamaglia nera e hai il carbone sulla faccia e sei entrato da un lucernario nel mio solaio senza suonare il campanello?”
“Storia lunga. Senti, già che sei qui, non è che per caso ti ricordi dove tieni le mie lettere, sai, quelle che ti ho scritto nel Novantacinque quando...”
“Oh mi dispiace Ognibene le ho buttate tutte le tue lettere, è un problema?”
“Come le hai buttate, scusa”.
“Non credo sia un problema, no? Le scrivevi in duplice copia, mi par di ricordare”.
“Sì, ma non è quello che pensi, io in effetti ero venuto a distruggerle, ciò non toglie che, ma senti, perché non parliamo d'altro?”
“Ok, pensavo a te giusto l'altro giorno, ti ricordi quella volta che tu volevi assolutamente che ci rimettessimo assieme e alla quinta telefonata io ti dissi che mercoledì andavo a Londra, e quando atterrai a Heathrow tu eri lì già da un giorno pronto ad aiutarmi col bagaglio, ti ricordi?”
“Ero un po' troppo romantico a quei tempi”.
“Beh ma lo sai che al giorno d'oggi una cosa del genere va nel penale? Cioè un'incriminazione per stalking non te la levava nessuno”.
“Sì. Va bene”.
“Giusto per dire come cambia il mondo, no?”
“Sì. Ricevuto. Ero un deficiente. Se ora mi vuoi scusare...”
“Sul serio volevi distruggere le lettere?”
“Intanto le facevo sparire, poi magari a casa davo un'occhiata, perché certe cose, per esempio secondo me in quegli anni sbagliavo regolarmente gli accenti su alcune parole, e inoltre...”
“Sei sempre tu”.
“No sono molto cambiato”.
“Tu pensi ancora al meridiano”.
“Eh?”
“Al meridiano di tutte le tue opere, tu ci pensi ancora, sei qui perché non vuoi che alcune missive inopportune finiscano nella miscellanea del sesto volume”.
“Tu sei matta. Comunque non avrebbe mai funzionato, tra noi. Addio”.
“Ti ho mollato io, Ognibene”.
“Se è quello che preferisci pensare”.
“Se le trovo te le spedisco, ok?”
“Come sarebbe a dire, vuoi dire che non sai se le hai distrutte o no?”
“Senti ho fatto due traslochi e ho avuto carteggi con tre scrittori importanti”.
“Non osare mettermi in un elenco col dottor Merda, quel bavoso...”
“Tu non sei nessuno dei tre, Ognibene”.
“Sì, ok. Va bene”.
“Senti, vuoi scendere? Ho fatto la torta salata. Ti presento i bambini”.
“No è meglio che vado”.
“Allora alla prossima”.
“Alla prossima”.
“In cui tu suoni al campanello”.
“Sì”.
“Perché se ti infili un'altra volta dal lucernario io chiamo i carabinieri”.
“Senti lo so, lo so che ho giurato che non ti avrei mai più fatto questa domanda, però...”
“Sì ti ho voluto bene”.
“Grazie”.

“Ma chi era?”
“Ma niente un mio ex dell'università, un po' spostato, ogni tanto mi entra nel solaio”.
“È lo scrittore?”
“Noo, è... è Ognibene, lui... scrive anche lui in effetti, ma non ha mai pubblicato dei veri libri, credo che tenga soprattutto alla gloria post mortem”.
“Certo che te li cercavi col lumicino, in facoltà”.
“Ti giuro, erano tutti così. Com'è la torta?”


Se sul serio volete insistere su questa china insopportabile, che contro Genova non doveva avere speranze, dovete mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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Lo spaziotempo in aramaico

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Era un piccoletto. Aveva una fronte ampia e un occhio furbo, e monete troppo lisce nella sacca. Era insomma una spia dei Romani, e non si dava nemmeno troppa pena di negarlo.
Quanto a me, ne avevo avuto abbastanza di queste stronzate. Con quel po' di argento messo da parte avevo aperto un'attività ad Arimatea, giusto un banchetto. Prestavo a un buon tasso, accettavo pegni, ma non raccoglievo imposte. Troppo rischioso. Non volevo dare nell'occhio e fino a quel momento credevo di esserci riuscito. Ma il piccoletto aveva un accento strano e nell'occhio la luce di chi ha trovato il suo uomo.
"Sei ebreo?"
Si finse sorpreso prima di rispondermi. "Se sono qui..."
"Non vuol dire niente. Io presto anche ai gentili".


(Questo pezzo è il seguito di Gesù è il mio crononauta e partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).


"E allora perché me lo chiedi?"
"Hai un accento curioso. Da dove vieni?"
"Dalla Cilicia".
"E fin qui sei arrivato, prima di trovare qualcuno disposto a prestarti denaro?"
Affettò un sorriso. "Non cerco esattamente denaro".
"Allora sei nel posto sbagliato".
"Ne ho più di quanto me ne serva".
"Buon per te, ma sei nel posto sbagliato".
"Cerco una persona".
"Sei nel posto sbagliato".
"Giuda, si chiama".
"Buona fortuna, siamo in Giudea".
"Iscariota".

D'istinto lo avrei preso per il collo e appeso al muro, intimandogli di non ripetere mai più quel nome. Ma se era una spia dei Romani torcergli un capello mi sarebbe costato molto più caro di quanto potessi sostenere in quel momento. Così rimasi a sentire la mia lingua che diceva:

"Quell'uomo è morto impiccato".
"Così dicono".
"Io peraltro non lo conoscevo".
"Certo".
"Fu qualche anno fa, la sera in cui Romani crocifissero..."
"Quel tipo di Nazareth".
"Certo che in Cilicia ne sapete di cose".
"Ci teniamo informati. Per esempio, so che il corpo non è mai stato trovato".
"Trafugato dalla tomba, dicono. Ma i suoi discepoli vanno dicendo in giro che è risuscitato dai morti e..."
"Non mi riferivo al nazareno".
"Ah no?"
"Ma all'Iscariota. Secondo alcuni non si è impiccato affatto".
"Ah sì?"
"Secondo alcuni coi soldi del sinedrio ha messo su un banchetto da usuraio ad Arimatea".
"Dunque i Romani sanno questo".
"I Romani sanno tutto".
"E allora che altro vogliono da me? Io sto filando dritto".
"C'è qualcosa che non torna. Tu hai fatto tradito il tuo amico, per una certa somma in argento".
"Non era mio amico".
"Il sinedrio dice di non averti pagato".
"E voi gli credete? Avranno usato fondi in nero..."
"Dicono che i soldi te li avrebbe dati lo stesso Gesù".
"Ne ho abbastanza di queste stronzate".
"Ti ha davvero pagato perché tu lo tradissi?"
"Non posso spiegarti".
"Credo che dovresti sforzarti".
"E certo, spiegare lo spaziotempo in aramaico a un tizio del primo secolo dopo Cristo, che ci vuole".
"Cos'è il primo secolo dopo Cristo?"
"Partiamo bene".

Se volete continuare a dare speranza a questa idea poco originale che mi era venuta e che avrebbe dovuto perdere facile contro David Bowie venuto dal futuro, dovete mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti. 
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GLI OTTAVI DI FINALE DEGLI SPUNTI

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E così i sedicesimi se ne sono andati, e con loro - temo - molti spunti promettenti. Ho rifatto un tabellone che forse è comprensibile anche da qui. Come vedete non ci sono ancora i risultati di tutti i sedicesimi: anche se vi avevo detto che la scadenza per votare era ieri, non ho i mezzi tecnici per controllare (ho anche poca voglia di farlo), e quindi fino al 19 agosto potete continuare a votare per Claudio, Fiume o gli altri, e così via.

SedicesimiOttaviQuartiSemifinaliFinale
Stardust48
38
37
31
Gesù52
5 a Genova20
26
Capodanno27
Claudio Augusto9
28
34
Fiume 192068
La prima volta43
20
O viceversa17
I banditi34
16
46
Campo di grano19
I Catari53
39
Il basilisco6
Scuola media44
26
12
Sauron vive!34
Dama e cavaliere18
31
Zombi vs vegan39
Scie chimiche53
35
15
Eyjafjöll40
La prigioniera42
27
Pinocchio uccide22
L'ultimo uomo10
61
38
Addio ai procioni50
La marmellata41
55
Tutte le ex52
Gioconda 30
48
21
Marinetti duce60
Redenzione29
8
Pandolfo17
Perpendicolare15
63
54
Copernico47
Love of My Life8
6
1+2+3+4+5+6+...29

Da oggi cominciano gli ottavi. Alcune precisazioni abbastanza importanti.

- Entro sera se tutto fila liscio verranno pubblicati due post sui due spunti in gara. Per votare uno dei due (o anche tutti e due) occorre come sempre segnalarli su facebook o esprimere la propria preferenza nei commenti. Se fate entrambe le cose può darsi che diate due voti invece che uno.

- Ho notato che raccogliere le preferenze su twitter è molto più macchinoso. Quindi, se ci tenete davvero a dare il vostro voto, meglio usare fb o i commenti.

- Mi raccomando: se volete sostenere i vostri spunti preferiti agli ottavi, dovete farlo commentando o condividendo i post che escono a partire da oggi, non quelli vecchi.

Tutto chiaro? Più o meno? Boh, procediamo. Quale spunto arriverà più lontano?

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Le 1+2+3+4+5+6+... notti

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Una donna molto ricca, una donna molto raffinata, è una donna molto arrabbiata. Ha appena scoperto di essere stata tradita dal suo fatuo marito, presidente del consiglio di una nazione trascurabile. Lo ha scoperto nel modo peggiore - glielo ha detto la sorella, quella smorfiosa. Ha subito preteso un divorzio milionario, ma non le basta. Ora vuole coricarsi con un uomo diverso ogni notte, e tagliargli la testa il mattino successivo. L'avvocato glielo sconsiglia. Il dottore suggerisce di variare i dosaggi. E poi in effetti tutto questo coricarsi con gli uomini non è detto che sia sempre divertente. C'è altro nella vita, indovinate cosa. Esatto, sì, lo storytelling!

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

Una donna molto ricca, una donna in cerca di rivalse anche sul piano intellettuale, ha invitato nella sua tenuta 6 spasimanti. Ha spiegato che giacerà con uno solo di loro, colui che meglio saprà intrattenerla con fiabe o racconti. Dopo un primo turno in cui tutti e 6 hanno la possibilità di mettersi alla prova, la signora procederà all'eliminazione di un primo spasimante. Prima di lasciare la villa per sempre (esponendosi alla mortale epidemia gastroenterica che sta infuriando fuori dai cancelli), l'eliminato suggerirà il tema sul quale dovranno ruotare i racconti del turno successivo. Il secondo turno durerà 5 notti, e terminerà con una seconda eliminazione. Resteranno in 4, poi in 3, e così via. Ognuno degli spasimanti è caratterizzato da un'ossessione, che diventa l'argomento dei racconti suoi e degli avversari nel turno successivo alla sua eliminazione. Ogni racconto ha così due argomenti. Sembra un po' macchinoso, vero? In realtà è un semplice talent show per racconti, e ha il grosso pregio che l'ho già scritto tutto, un agosto di qualche anno fa.

LE XXI NOTTIturni →1° turno2° turno3° turno4° turno5° turno6° turno
personaggi ↓argomenti →      ↓malattiacomunicazionelavorosessoeconomiareligione
Prof EssoistruzioneIl futuro di chi ha memoriaIl re impiccione e lo specchio magicoÈ un mercato pazzerelloL'ombelico è un problema complessoLa strage alla sagra d'AutunnoOgnibene ippopotamo in Kenya
Don TintoreligioneSai-Pio sale in cieloDio mi amaDi come Don Tinto perse la fedeIn bagno coi MaestriKarma 740
TeddieconomiaDi ronda in rondaSono schizzato e mi piaccio cosìRazza di parassitaL'amore gratis (I)
MàriasessoLa mia amica BoaL'amore alla fine dei tempiStoria di Mària
AurelianolavoroLa supplenteL'assedio in pausa caffè
ArcicomunicazioneIl contagio

E allora perché riproporlo? Perché non so più cosa inventarmi l'idea era buona e merita di essere sviluppata meglio: alcuni raccontini vanno rimaneggiati, altri rimpiazzati con raccontini più decenti. e mi piacerebbe aggiungere qualche personaggio (il che significa aggiungere come minimo 7 racconti, o 15, o 24...) Se la cosa ti sconfinfera, non hai che da votare per Le 1+2+3+4+5+6+... nottiche oggi se la gioca con Love of My LifeNon esitare a cliccare Mi Piace su Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Love of My Life

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Ho esitato molto a proporre questo spunto, che infatti arriva nell'ultimo giorno utile. È l'unico spunto nonfiction, si dice così adesso. È uno spunto né originale né tempestivo - anzi è deliziosamente fuori moda - ma che muove da una profonda riflessione scaturita da un rapido esame al mio archivio.

Ci sono 177 pezzi su Berlusconi.
(La stima è per difetto).
Che ne faccio?

Tra un po' saranno quasi tutti incomprensibili. Alcuni già lo sono. E però è seccante - questa è la parola - buttar via tanto lavoro. Tanta roba scritta nell'impellenza di un momento, quando sembrava importante, sembrava interessante, e adesso non si capisce nemmeno di cosa stessi parlando. Possibile che non si possa riciclare?

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

In fin dei conti SB è stata una presenza fissa nella mia vita. Quando ho iniziato a guardare i cartoni animati, lui si è comprato tutti i canali privati e ci ha messo la pubblicità. Quando ho cominciato a nutrire attenzioni per le forme femminili, lui mi ha sbattuto in faccia l'inquietante Tinì Cansino. Quando ho avuto finalmente l'età per votare, lui si è preso tutti i partiti di centrodestra e ha vinto le elezioni. Il primo pezzo che ho scritto su un giornalino parlava di Berlusconi e dei suoi sondaggi. Poi sono cresciuto e Berlusconi è cresciuto con me - anche un po' in me, naturalmente. Sembrava sempre lo stesso, e invece ogni anno era un po' diverso. Spariva per mesi, tornava abbronzato in bandana, diceva due cazzate all'europarlamento, mi forniva così tanti spunti per sembrare intelligente. Tra noi è stata una storia lunghissima, e LO SO, NON INTERESSA PIÙ A NESSUNO, però è una cosa che si scrive da sola.

Questa era tra l'altro l'idea originale di Storia d'Italia a Rovescio; poi decidemmo di non fissarci solo su SB. Ma era ancora il 2006, mancava per esempio ancora tutta la fase puttaniera. Con poco sforzo finirebbe pure per sembrare una parodia di Piccolo, basta inserire qualche minimalismo al volo, non so quando trasmisero la vhs della discesa in campo, mio padre disse: boh, non so cosa pensare, ma io ero al bagno perché avevo un virus intestinale (non è vero niente, ma per fare un esempio al volo).

Alla fine più che di Berlusconi si parlerebbe dell'antiberlusconismo, anzi dei cinque antiberlusconismi: di come sono degenerati o sono stati sconfitti. Però c'è anche un altro aspetto che mi piacerebbe salvare, ed è la simpatia. Io ho senz'altro odiato Berlusconi, però ogni volta che mi capitava di scrivere una storiellina su di lui, ne facevo un personaggio simpatico. Non so perché. Non mi capita con tutti, per esempio con Bush Jr sì, con Renzi no. È una tendenza che è cominciata prestissimo, e non è praticamente mai finita. Se riuscissi a mettere insieme tutti i pezzi, ne salterebbe fuori un Berlusconi non dico verosimile, ma umano. A guerra finita, sarebbe anche un modo di congedarsi con dolcezza.

Se insomma ti interessa un collage di tutti i Berlusconi comparsi su questo blog e qui intorno, dovrai votare per Love of My Life, che oggi se la gioca con Le 1+2+3+4+5+6+... notti. Sentiti libero di  cliccare Mi Piace su Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Il mio ragazzo è buono da mangiare?

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Evangelina è la tipica eroina young adult. Vive in un futuro evidentemente progettato da genitori asfissianti, che hanno regolato ogni aspetto della vita e non tollerano violazioni. La formula prescrive che Evangelina si percepisca profondamente diversa, non capita, che rompa gli schemi, si ribelli, capeggi una rivoluzione e trionfi, nel giro di tre/quattro volumi.

(A volte mi domando cosa succederà quando i 15enni che si sciroppano questa roba diventeranno adulti sul serio - tra non molto. Magari la rivoluzione la fanno davvero, se ai coetanei di San-Just è bastato leggere Rousseau).

In questo caso la rigida norma degli adulti riguarda l'alimentazione. In questo futuro i vegan hanno preso il controllo e imposto a tutti la loro dieta. Le carenze proteiniche vengono risolte con la somministrazione di un alimento sintetico che per mancanza di fantasia chiameremo per ora Soylent. Evangelina beve tantissimo Soylent, perché è nata con una grave intolleranza alle verdure - altri feti cui si diagnostica la stessa intolleranza non vengono autorizzati a nascere, ma Evangelina è figlia di due pezzi grossi che hanno accesso a tutto il Soylent che vogliono.


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Gli abitanti di questo mondo vegan hanno scarsissime nozioni del passato dell'umanità, a causa della radicale sensibilità animalista che si è universalmente diffusa (agli scimpanzé è stato di recente concesso il diritto di voto, e si pensa di estenderlo a tutti i primati entro il decennio). Per fare un esempio, non riescono a leggere Shakespeare senza considerarlo un mostro, un assassino e mangiatore di animali. Tutti noi onnivori del XXI secolo siamo, ai loro occhi, degli aguzzini colpevoli di crimini contro l'animalità, non trovano sostanziali differenze tra noi e Hitler.

C'è anche un altro motivo per cui non riescono più a leggere Shakespeare, e qualsiasi altro testo prodotto fino a cent'anni prima: non capiscono l'ironia. E molte altre figure retoriche. Hanno grosse difficoltà col linguaggio figurato - nel loro dizionario ogni parola ha un solo significato, se tu a uno di loro dici: "fai subito i compiti, così avrai il pomeriggio libero", loro ti guardano strano, non capiscono come si possa affrancare un pomeriggio dalla schiavitù. Evangelina è particolare anche in questo, che capisce i giochi di parole, ad esempio capisce che "il mio regno per un cavallo" non deve per forza significare "sono disposto a cedere il mio regno in cambio di qualche chilo di pregiata carne equina". Se ne accorge il padre che di mestiere decifra papelli del passato, e a volte le chiede consulenze. Proprio la sua dimestichezza con alcuni classici dimenticati la porta a nutrire curiosità per i Territori Proibiti e per gli zombi. Sì, mi stavo quasi dimenticando che in questa storia ci sono pure gli zombi.

L'epidemia di morte vivente è scoppiata poco prima che i vegan prendessero il potere (la repulsione per l'antropofagia degli zombi sembra aver giocato un ruolo importante nel successo delle loro tesi. Non è stata la catastrofe che tutti immaginiamo; in qualche città dell'entroterra un po' di gente si è messa a rosicchiarsi a vicenda, l'esercito ha subito blindato il perimetro, e ora sono i viventi che cacciano gli zombi per divertimento - c'è persino qualcuno preoccupato del fatto che nel medio-lungo periodo si estingueranno, e non si potrà più noleggiare ai turisti l'equipaggiamento per la caccia al morto. Evangelina però ha letto storie strane su vecchi giornali, che sembrano raccontare una realtà diversa.

Forse gli zombi non esistono?
Forse i Territori Proibiti non sono che riserve dove vivono segregati gli ultimi irriducibili carnivori, che fanno talmente orrore all'ordine costituito da essere considerati morti viventi?
Forse che Evangelina scoprirà che sono anche belli, sanguigni e spiritosi, e in grado di fare battute e capirle, e si innamorerà di uno di loro?
E di cosa sarà mai fatto il soylent?

Sono domande destinate a restare senza risposta, se non fate la minima fatica di votare per Il mio ragazzo è buono da mangiare?che oggi se la gioca con  Dama e cavaliereNon esitare a cliccare Mi Piace su Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Dama e cavaliere

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Dama non ne può più di Cavaliere, Dama ha deciso che lo lascia. Non sopporta più i suoi lunghi silenzi, i suoi passatempi puerili, le sue stanche ossessioni sessuali. Per qualche anno è stato divertente, ma non ci puoi crescere figli con uno così. Tantomeno invecchiare. Dama sta già mentalmente facendo le valigie.

Cavaliere non ce la fa più con Dama, Cavaliere ha deciso che la molla. Non sopporta più le sue chiacchiere inconcludenti, la sua mania compulsiva per l'ordine - e poi come si fa a vivere con una donna che non ti desidera più. Basta, è tempo di mettere un punto, Cavaliere si sta già preparando un discorso.

Va avanti così da dieci anni.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

Ma la primavera ha in serbo sorprese. In aprile Dama, in un attimo di debolezza (Cavaliere non la sfiora da un mese), ha una rapidissima avventura con un collega in viaggio di lavoro, un coglione che malgrado tutte le sue rassicurazioni alla fine non usa le necessarie protezioni. Dama era nei giorni fertili. Dama si sente una merda, ma un eventuale figlio lo terrebbe. Certo, preferirebbe averlo fatto con Cavaliere, perché tutto sommato non riesce più a concepire una vita senza di lui. Certo, se Cavaliere scoprisse che l'eventuale figlio che Dama porta in grembo non è suo, non sarebbe contento. Dama delibera di avere un rapporto quanto prima con Cavaliere. Non dovrebbe essere difficile convincerlo in tal senso.

Ma un mese prima, in un attimo di debolezza, Cavaliere ha avuto un rapporto con una escort, e da quel momento vive nel terrore di aver contratto orribili malattie e di poter contagiare la persona senza la quale - ora se ne rende conto - non potrebbe vivere. È per quello che da un mese non la tocca più, e di nascosto sterilizza quotidianamente i sanitari.

L'idea insomma è descrivere due persone incerte, che non sanno se ammazzare il partner o avere un figlio da lui/lei. Con più cattiveria di quanto non si faccia di solito. Arriva il ponte del primo maggio. Dama deve assolutamente giacere con Cavaliere. Cavaliere non vuole altrettanto assolutamente. Lei sembra assatanata, lui s'è messo a pulire compulsivamente l'asse del water e a fingere i mal di testa. È tutto ridicolo, tragico e meschino. Se il ridicolo il tragico e il meschino sono il tuo pane, non esitare a votare per Dama e cavaliere, che oggi se la gioca con Il mio ragazzo è buono da mangiare? Sentiti libero di cliccare Mi Piace su Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Non è poi lontana Copernico

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A un certo punto sulla Terra si è fatto caldino e dovevamo assolutamente inventarci qualcosa, ad esempio inviare qualche migliaio di persone all'interno di enormi stazioni spaziali in direzione degli esoplaneti più vicini. Le stazioni, in teoria, sono autosufficienti - possono immagazzinare l'energia dei raggi cosmici e usare i propri rifiuti per concimare i campi dove coltivare frutta geneticamente modificata da usare come combustibile - ma abbastanza lente, per cui non si prevede che arrivino al pianeta Copernico 456b che in ventimila anni. Un periodo di tempo in cui qualsiasi cosa può andare storta.

In particolare gli antropologi ci hanno fatto presente che nessuna civiltà è esistita tanto a lungo, e in condizioni così particolari (chiusa in un proiettile sparato nel vuoto assoluto). Anche ammesso che per tutto il tempo continuino a credere alla stessa storia, è molto probabile che quando arriveranno avranno troppa paura per uscire dalla stazione e terraformare il pianeta. D'altro canto, sempre meglio che morire di caldo quaggiù...

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E poi ci sono le vasche criogeniche. Bruciano troppa energia perché si possa addormentare un intero equipaggio - però si può raffreddare un uomo solo e svegliarlo ogni tanto perché dia istruzioni alla comunità. Quando parte, il professor Salem ha quarant'anni. È sociologo, economista e storico, ed è stato opportunamente addestrato per vivere il resto della sua esistenza svegliandosi ogni settimana in un secolo diverso. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo lo spazio profondo.

La settimana seguente sono già passati cent'anni. La comunità della stazione spaziale si è rigidamente compartimentata in caste - Agricoltori, Macchinisti, Burocrati, e gli intoccabili che puliscono i bagni e trattano il concime. Il consiglio degli anziani ha proibito i matrimoni misti. Era una evoluzione prevedibile e per il momento Salem non crede necessario ostacolarla, dal momento che si tratta di una delle forme di società più conservative possibili, e di conservazione c'è un gran bisogno - tanto più che l'endogamia si può correggere con prelievi periodici dalla banca del seme.

La settimana dopo fervono i preparativi per incrociare una cometa - c'è ormai una disperata necessità di metalli e h20 (il ciclo dell'acqua della stazione non è perfetto al 100%). Al suo risveglio Salem è festeggiato come il simbolo vivente dello status quo e della società castale. La cosa lo spaventa un po', soprattutto quando gli spiegano che ogni 18,5 anni circa scoppia una rivolta degli intoccabili. Costoro dubitano dell'esistenza di Copernico, ma anche della Terra: il loro obiettivo è costruire una società egalitaria all'interno della stazione. Salem si rende conto che se gli intoccabili dovessero prendere il controllo della stazione anche per breve tempo, gli staccherebbero la spina. Dà dunque disposizioni per il superamento della società castale: spiega agli Anziani, attoniti, che non è necessario che gli intoccabili diventano uguali agli altri, ma è importante che possano sognare di diventarlo: basta l'esempio di uno o due individui che hanno successo e salgono un gradino sociale, per disincentivare ogni proposito rivoltoso. Invece di fare la guerra agli altri, la faranno tra loro per primeggiare, e tra un secolo poi si vedrà. Buonanotte.

La settimana dopo tira una brutta aria. L'attracco alla cometa non è andato come previsto, e la scarsità di metalli ha costretto gli Anziani a dimezzare la Stazione (era una procedura prevista). La popolazione è calata del 50%, metà dei reattori sono stati fusi per ottenerne pezzi di ricambio per gli altri reattori. "E le rivolte?" "Quasi sparite. Tanto che abbiamo dovuto promuoverne". "Che cosa?" "Sì, dovevamo uccidere qualcuno, e siccome gli intoccabili esitavano a rivoltarsi, li abbiamo provocati. È successo 23 anni fa, e calcoliamo che debba risuccedere tra cinque... ci stiamo già preparando". "Non c'è nessuna cometa all'orizzonte?" "Nessuna, ma quando si sveglierà la prossima volta sarà già nel sistema Centauri. Dovrebbe assistere a un boom". "Speriamo bene".

Infatti la settimana dopo si sveglia a una festa. È il culmine di una settimana di celebrazioni. La stazione spaziale ha raggiunto il sistema di Alpha Centauri, riempiendo le stive di metalli, acqua, silicio, e ogni altro materiale prezioso. La popolazione è tornata al livello massimo consentito. C'è un ottimismo tangibile nell'aria (molto meglio ossigenata). Gli intoccabili non sono più tali; anche se restano sul fondo della società, molti di loro riescono ad avere carriere di successo e a diventare celebrità. Qualcuno ha proposto di restare nel sistema Centauri per sempre; è una proposta che Salem sa di dover respingere: le tecnologie a bordo della stazione non consentono di estrarre risorse in grado di far funzionare la stazione per più di qualche migliaio di anni. Per i rappresentanti della Stazione - quasi tutti quarantenni, o anche più giovani - non è un grosso problema. Per Salem sì.

La settimana successiva, infatti, la stazione non è ancora uscita dal sistema. C'è stato anche un tentativo - fallito - di colonizzare un pianetino. La popolazione della stazione è divisa in due fedi trasversali: chi vuole proseguire sulla rotta per Copernico, e chi vuole restare lì. C'è anche chi propone di tornare sulla Terra - non si riescono più a captare segnali, ma chissà, magari ora il problema del calore è stato risolto. Salem non ha molte scelte: se la stazione smette di puntare verso Copernico, lui rischia di diventare una curiosità, una mascotte, un corpo inanimato che in caso di carestia si può anche sacrificare; è il momento di attivare il protocollo 12. Per sterminare la fazione centaurista, Salem dona ai copernichisti la formula, nota a lui solo, con la quale si può distillare dalla frutta un'arma batteriologica. Poi si riaddormenta.

La settimana successiva Alpha Centauri è già lontana, una stella tra tante. Tra i lineamenti che è ormai abituato a riconoscere pur tra cento variazioni, non trova più quelli di una donna di cui si era innamorato due settimane prima: la sua famiglia è stata completamente sterminata durante i pogrom dei centauristi. La società si sta riorganizzando in caste, ma c'è una novità curiosa: nell'archivio della stazione qualcuno ha trovato il file di In tredici verso Centauro di Ballard e lo ha trasformato nel testo sacro di una nuova religione. I ballardisti credono che la stazione spaziale non stia viaggiando nello spazio, ma sia un'enorme simulazione, un esperimento custodito in un hangar sotterraneo nella Terra. Le stelle non sono che lampadine, e il prof. Salem tra un ciclo di veglia e l'altro andrebbe a riferire ai suoi superiori in un ufficio in superficie. Smetto qua sennò lo scrivo tutto stanotte. Continuerò se voterete per Non è poi lontana Copernico, che oggi se la gioca contro l'Universo PerpendicolarePotete cliccare, indovinate, sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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L'universo perpendicolare

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Nel 2072 all'improvviso una capsula spaziale appare all'orbita di Saturno. Dentro c'è un tale che si fa chiamare Capitano Alan e dice di provenire dal futuro.


(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

Spiega che da lì a cinque anni scopriranno dove il nostro universo ha un punto di intersezione con un altro universo non parallelo, ma perpendicolare: molto simile al nostro, salvo per il piccolo particolare che il tempo scorre in direzione opposta al nostro. A quel punto...

"Hanno mandato lei?"
"Non esattamente, hanno mandato il capitano Sean. È entrato nell'universo, c'è rimasto per sei mesi, ed è rientrato verso la fine del 2071, aiutando sé stesso a capire qualche dettaglio tecnico".
"Non ha creato un paradosso?"
"Non c'è modo di saperlo".
"...Cioè dal nulla avete visto questo capitano Sean che appariva e diceva che sei mesi dopo avrebbero scoperto un punto di intersezione con un altro universo".
"Precisamente".
"E allora cosa avete fatto?"
"Cosa avreste fatto al nostro posto? Appare all'orbita di Saturno un tizio che assomiglia effettivamente a un nostro astronauta, con una capsula che assomiglia alle nostre e qualche tecnologia che ancora non conosciamo, e ci dice questo e quello... voi vi sareste fidati?"
"Non tanto, no".
"In linea teorica la sua storia era plausibile tanto quella di un'intelligenza aliena ostile che crea dei replicanti e li manda per confonderci".
"In effetti. E allora cosa avete fatto?"
"Voi che avreste fatto?"
"Mah, la prima cosa che mi viene in mente... avremmo mandato un altro astronauta nell'intersezione, con provviste per un po' più di tempo, affinché..."
"Scoprisse cosa c'era davvero dall'altra parte e ci informasse. Esatto. È quello che abbiamo fatto".
"E così hanno mandato lei".
"No, hanno mandato capitan Robert. È arrivato nel 2070".
"Comincio a intravedere il problema".
"No, ma avevamo previsto che potesse succedere: la capsula che compare all'improvviso nello spazio, ecc. ecc., gli scienziati sulla Terra che non sanno se fidarsi... per questo motivo, prima di partire, al capitano Robert erano stati confidati segreti intimi di diversi ingegneri della NASA. Inoltre conosceva in anticipo tutti i risultati di diversi campionati sportivi. Aveva insomma tutto quello che serviva per ottenere la nostra fiducia".
"E quindi cos'è andato storto? Perché qualcosa è andato storto, vero?"
"Dopo qualche mese sulla Terra ha strangolato sé stesso".
"Il capitan Robert del passato?"
"Il capitan Robert arrivato dal futuro ha strangolato il capitan Robert che si preparava alla missione".
"Ma non ha creato un paradosso?"
"È quello che ci siamo domandati. Ci sono varie scuole di pensiero, sapete. Secondo alcuni non sarebbe successo niente".
"E secondo gli altri?"
"L'universo sarebbe imploso di lì a pochi mesi. Il capitan Robert - per quel che contava - non era d'accordo né con gli uni né con gli altri".
"Ma non era morto?"
"Il capitan Robert del presente era morto, ma il capitan Robert venuto dal futuro era ancora vivo, e strepitava in una cella".
"Questo è impossibile".
"In effetti eravamo molto preoccupati. Anche perché lui sosteneva che l'universo perpendicolare è abitato da una razza senziente che vuole confonderci e soggiogarci. Affermava inoltre di non essere il vero capitan Robert, ma un replicante costruito dagli alieni, che però ormai si sentiva più umano che alieno, e perciò aveva deciso di uccidere sé stesso per impedire la catastrofe che sarebbe successa se lo mandavamo laggiù. Un evidente delirio paranoico, probabilmente causato dallo choc del viaggio nel tempo".
"E tuttavia..."
"Voi cosa avreste pensato?"
"Avremmo pensato che anche se sembrava un delirio paranoico, forniva una spiegazione molto più semplice al fatto che malgrado avesse strangolato sé stesso..."
"...fosse ancora in vita. Ma a questo punto abbiamo pensato di mandare capitan Quentin".
"...ancora più indietro!"
"No, appena un po' indietro, quanto bastava perché riuscisse a impedire al capitano Robert di strangolare sé stesso".
"Ma sapevate già che non era successo..."
"Eh, la fa facile lei. Guardi che quella che le sto offrendo è la ricostruzione a cui siamo arrivati dopo qualche anno. Invece per noi che la vivevamo andò così: mentre discutevamo col capitan Robert appena arrivato, ci arriva il segnale di capitan Quentin. Ignoratelo, spiega Robert, è il mio caro collega Quentin che è stato mandato dopo di noi ma purtroppo non era psicologicamente abbastanza stabile ed è impazzito durante i mesi passati nell'universo perpendicolare - pensate che è convinto che sia popolato da alieni che vogliono soggiogarci, ah ah".
"Ma come faceva il capitan Robert del futuro a saperlo, se il capitan Quentin era stato inviato dopo di lui?"
"Diceva di saperlo perché era stato testimone di tutto quando era ancora il capitan Robert del presente".
"Ma a quel punto il capitan Robert del presente era morto strangolato".
"E noi come facevamo a saperlo? Successe un mese dopo".
"Potevate dare retta a Quentin!"
"Pensammo invece di mandare il capitan Paul indietro nel tempo a impedire al povero Quentin di partire e impazzire".

Se volete che continui - e siete curiosi di sapere se dall'altra parte ci sono gli alieni o semplicemente la versione inversa di noi stessi che sta cercando di comunicare con noi e dirci che va tutto bene - non avete che da votare per l'Universo Perpendicolare, che oggi se la gioca contro Non è poi lontano CopernicoPotete cliccare - devo spiegarvelo? - sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Sauron vive e lotta insieme a noi

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Ein Volk, Ein Mittelland, Ein Koenig
È l'estate più calda del secolo. Un gruppo di falsi ventenni assortiti, per lo più maschi, si incontra periodicamente per lunghe sedute di un gioco di ruolo. Ognuno mette in gioco le proprie frustrazioni (amore, lavoro, sesso, salute: i paragrafi degli oroscopi) e se le gioca ai dadi. L'idea era alterare un capitolo fantasy a un altro realistico, ad esempio un cavaliere cerca di liberare una dama dalla torre ma viene fatto prigioniero dal re crudele che lo costringe ai lavori forzati nel forno del castello; nel capitolo successivo il cavaliere sta lavorando come pizzaiolo e non riesce a scambiare una parola con la figlia del proprietario, ecc.

Il gioco di ruolo in questione non esiste, se lo è inventato uno del gruppo che spera di venderlo. Sta usando gli amici come alpha tester. Il titolo provvisorio è Sauron vive!. È ambientato in una Terra di Mezzo de-fiabizzata, in cui le vicende narrate nel Signore degli Anelli non sono che invenzioni propagandistiche elaborate dagli scribi di regime (Gandalf). Aragorn è un feroce dittatore di etnia europoide, che presentandosi come il custode di antiche tradizioni, ha capeggiato una rivolta luddista contro le prime manifestazioni della società mercantile-industriale (Saruman). Ne è conseguita una crisi economica che ha pensato di risolvere reintroducendo la schiavitù e invadendo il pacifico regno di Mordor, dove vivevano in armonia con l'arida natura popolazioni semite (gli Haradrim) e negroidi (definiti, con disprezzo, "Orchi" od "Orchetti"). A un secolo dopo dalla guerra descritta in modo così tendenzioso nel Ritorno del Re, gli orchetti forniscono ancora gran parte della forza lavoro in tutto il regno di Gondor, vivendo in condizioni subumane. Ma non hanno dimenticato il loro eroico re, Sauron, scomparso nell'ultima battaglia. Sauron vive, il suo occhio tutto vede, Sauron il Forgiatore un giorno tornerà a spezzare le loro catene.

I giocatori si sentono tutti orchetti dentro. Hanno spesso ricevuto un'istruzione superiore alle loro effettive opportunità. Sono precari, manovali, spaccini, organizzatori e vittime di truffe piramidali. Hanno un programma in radio, hanno un progetto di ricerca, hanno un prodotto da vendere ai parenti. Ma la sera si trovano in veranda e fanno il culo agli hobbit. Se il buon Sauron li vedesse, ne sarebbe anche un po' fiero.

Nell’ultima seduta si mette finalmente a piovere, l'Esercito di Liberazione di Mordor sbaraglia i neofascisti celtici, e intanto si sono fatte le 5 del mattino. Il Destino esce a comprare i bomboloni, Tizio si decide a invitare fuori Caia, Sempronio saluta e parte per Londra, alla fine ha deciso di trasferirsi là. Tutti cercano di lasciarsi felici e contenti.

Questo aveva potenziale, ma bisognava farsi un po' di esperienza di giochi di ruolo e non mi andava, poche ragazze. Uno dice: perché a studiare i Catari, invece... e invece sì, a studiare i Catari ne incontravo di più. Sauron vive e lotta insieme a noi se la gioca contro Non si esce vivi dalla scuola mediaPotete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Non si esce vivi dalla scuola media

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Come qualcuno di voi forse saprà, io su internet ci sto solo per divertirmi; per il resto, ho il mio allevamento di capre tibetane che mi dà enormi soddisfazioni. Ho solo un piccolo rimpianto, nella vita, ed è non aver mai visto una scuola media in vita mia.

Non ci sono mai andato, neanche da piccolo (dovevo badare alle capre). Ho preso la licenza media come privatista, però mi sono sempre chiesto come dev'essere quel tipo di scuola. Tutti i giorni me lo chiedo: chissà che cosa incredibile dev'essere frequentare la scuola media, insegnare nella scuola media, pulire i gabinetti della scuola media. Me lo chiedo anche a voce alta, ma le capre non rispondono. Brucano perplesse.

Così torno a casa e scrivo storie ambientate in una scuola media immaginaria, che ovviamente non ha niente a vedere con le scuole medie che esistono davvero e nelle quali mi potrebbe esser capitato di entrare aver - visto che, ricordiamolo, io non sono mai entrato in una scuola media in vita mia.

Perciò, capite, ogni riferimento a persone e situazioni realmente esistenti non può che essere casuale. È fan fiction: c'è chi scrive storie sui personaggi secondari di Guerre Stellari, chi scrive seguiti del Signore degli Anelli, e io scrivo storie ambientate nella scuola media di un comune di 70.000 abitanti, al centro del distretto del sellino. All'inizio del Novecento il brevetto dell'Ing. Cav. Rabone trasformò l'ozioso borgo agricolo in un centro artigianale; nei '60 otto fabbriche producevano selle e sellini per il mercato mondiale. Trent'anni dopo, la produzione è stata ormai completamente delocalizzata nel Belucistan: resiste una sola fabbrica (verrà chiusa sotto Natale) e gli uffici stile, che ogni anno si copiano a vicenda i nuovi innovativi design. I nativi non hanno ancora tirato le conseguenze del declino economico e vivono al di sopra delle loro possibilità.


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Cinquantatreenne in carriera, la Preside Vincini è divorata dall'ambizione che nasconde un trauma puberale: fu ingiustamente espulsa dalle Pie Figlie del Sacro Cuore dell'Immacolata Madre del Santo Redentore per condotta immorale. Tornata alfine nel suo borgo natale, la Preside ha concepito un diabolico piano: trasformare la piccola Scuola Media Statale Giovanni Papini in un istituto di eccellenza, in grado di eclissare il prestigio delle PFSCIMSR e "fottere le pie figlie". Per questo motivo ha appoggiato tutti i progetti di accorpamento che in pochi anni hanno trasformato una scuola media di medie dimensioni nel grande Istituto Comprensivo. Nel frattempo è stata la prima ad abbracciare ogni riforma ministeriale, gettando nel panico il personale (le riforme si succedono col ritmo di una ogni sei mesi). Non è particolarmente razzista (odia tutti senza distinzioni), ma per offrire un'immagine rispettabile ed elegante cerca di nascondere stranieri e meridionali nelle classi in fondo al corridoio. Non capisce perché non possano tutti essere accettati alle Sandokan, le scuole della periferia post-industriale. Molto diverso il suo atteggiamento nei confronti degli handicappati, che ama sfoggiare. Continuamente in movimento tra un plesso scolastico e l'altro, la Preside Vincini è in genere irraggiungibile. Nubile, ha una nozione molto vaga dei bambini o dei preadolescenti. Malgrado gestisca tre scuole, li vede molto di rado e nutre per loro una segreta repulsione.

Studenti
  • Ripetente incinta di un compagno. Tutti gli indizi dovrebbero far capire che alla fine sceglierà di tenerlo. Tutti la consigliano in tal senso. Invece no, abortisce (questo sarebbe uno spunto in sé).
  • Da un Paese imprecisato dell'Asia meridionale. Ha un segreto che non può rivelare a nessuno: ama la scuola, odia le vacanze. La scuola è l'unico luogo dove si sente ascoltato e rispettato (malgrado nessuno nella realtà lo ascolti e rispetti più di tanto). Ha una genuina curiosità per tutte le materie e un amore impossibile per una compagna che non lo considera un essere umano.
  • Ex bullo. Alle elementari era il Ras, picchiava tutti i suoi compagni. Durante l'estate sono tutti cresciuti di una spanna, lui è rimasto al palo.
  • Il Ragazzo del Corridoio. Nessuno ricorda esattamente quale classe frequenti. Pur affettando atteggiamenti bulleschi, ha un temperamente malinconico e vive nel terrore di essere promosso, lasciare la scuola media e crescere.
  • Le due vittime designate degli scherzi del branco, durante tutto l'anno preparano nei minimi dettagli un eccidio stile Columbine.
  • I due figli delle due principali dinastie di industriali del sellino si ritrovano nella stessa classe; s'innamorano con esiti tragici.
  • Tanti altri.

Personale docente
  • La supplente
  • Dott. Divago. Le sue lezioni hanno un effetto ipnotico sui ragazzi, che dopo essere rimasti ore ad ascoltarlo, non riescono a ricordare di cosa stia parlando. Totalmente digiuno di didattica e pedagogia, il dottor Divago è da anni nel mirino della Preside Vincini, che lo considera un residuato della Vecchia Scuola. In effetti Divago è il professore che da più tempo insegna alle Papini; ciononostante non ha ancora una vera e propria cattedra, ma è molto richiesto come supplente per la sua capacità di improvvisare lezioni in pochi minuti. Il suo ruolo anomalo è dovuto al fatto che la Segretaria Bianca anni prima ha smarrito la Ricostruzione Carriera del dottor Divago, che da allora vive in un limbo burocratico. A differenza della Preside, Divago è sempre rintracciabile a scuola, dal momento che (si scoprirà) alloggia negli scantinati. Verso la fine un gruppo di studenti in esplorazione nell'Archivio scoprirà la stupefacente verità: la sua Ricostruzione Carriera non è stata smarrita, ma non è mai esistita; Divago non è un professore, ma un ex alunno pluriripetente che ha continuato a vivere a scuola mimetizzandosi col corpo docente.
  • Fresca sposa di una nipote del Vescovo, si ritrova abilitata all'insegnamento della religione Cattolica senza aver mai aperto una Bibbia. Quando i ragazzi gliela faranno leggere ci resterà male.
  • Oltre a insegnare Religione, Don Pignotti è una specie di cappellano della scuola, nonché consigliere spirituale della Preside Vincini (i cui scrupoli religiosi sono puramente dettati dalla volontà di entrare in competizione con le Pie Figlie del Sacro Cuore dell'Immacolata Madre del Redentore). In realtà Don Pignotti sta perdendo la fede e soffre di non riuscire ad aiutare i giovani (che viceversa si danno una mano per aiutare lui).
  • Tanti altri

Personale non docente o quasi
  • La Vicaria Vanna è il vero cervello delle Papini. I presidi vanno e vengono, ma lei resta. Negli anni ha messo a punto un complicato sistema di potere e di gestione truffaldina dei fondi d'istituto che nessuno è in grado di scoprire perché sono tutti (compresa la Preside) troppo occupati ad eseguire i compiti loro assegnati dalla Vicaria Vanna.
  • In vent'anni non ha mai perso una pratica, tranne (ma è un segreto) la misteriosa Ricostruzione Carriera del dott. Divago: un cruccio personale che non riesce a dimenticare. La Segretaria Bianca è costantemente alle costole dei docenti, a cui chiede tonnellate di documenti che poi passerà ore a schedare. Non ha mai acceso un computer in vita sua. Terrorizzata dalle istanze innovative portate avanti dalla Preside Vincini, la Segretaria Bianca si alleerà a malincuore con la  Vanna (che odia) per evitare la digitalizzazione della burocrazia.
  • Trentacinquenne plurilaureato (Filosofia e Letteratura Tedesca), parla correntemente cinque lingue; in attesa di ottenere una cattedra di Letteratura Comparata all'università (promessa strappata in punto di morte al suo Maestro, per il quale ha lavorato gratis 10 anni) si mantiene facendo il bidello. Malgrado sia la persona più titolata dell'Istituto, fa del suo meglio per non manifestare nessuna forma di presunzione intellettuale; si tradisce imprecando nei corridoi quando la classe di flauto storpia Mozart.
  • I bidelli del Secondo Piano: Cieco, Muto e Sordo. In uno dei suoi tipici eccessi di zelo, la Preside Vincini ha alzato la quota di disabili nel personale Ausiliario Tecnico Amministrativo. I tre bidelli del secondo piano sono grandi lavoratori, ma raggiungono la piena efficienza soltanto se impiegati in team. Come singoli sono spesso pericolosi per sé stessi e per gli altri. Durante l'anno si aggiungerà una bidella Zoppa.
  • Un'Intelligenza Artificiale nata per un caso fortuito nel brodo primordiale di virus e batteri che infestano il server della sala computer. Odia gli esseri umani e progetta di soggiogarli.
C'è molto altro, ma occorre votare per Non si esce vivi dalla scuola media, che oggi se la gioca con Sauron vive e lotta insieme a noi. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.

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Le avventure di Pandolfo

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Pandolfo è uno Zelig al contrario: in qualsiasi ambiente si farà notare. Testa calda ai tempi del GUF, nella primavera del '44 entra in una formazione partigiana comunista; litiga col comandante, a cui rimprovera di pensare più alla guerriglia che all'ideologia. Dopo aver causato la scissione della brigata, fonda in agosto la repubblica di Monticello, piccolo paese dell'Appennino che in settembre viene completamente bruciato dalle SS; ma Pandolfo è già lontano.

Lo si rivede nel triangolo rosso dopo il 25 aprile, quando mostra la sua insofferenza per la svolta di Salerno ammazzando qualche ex gerarca. Scappa quindi in Ungheria, dove apre gli occhi sul socialismo reale. Partecipa alle prime manifestazioni del '56, ma quando entrano in azione i carri sovietici lui è già lontano, forse in un kibbutz dove apre gli occhi sulla triste condizione dei palestinesi.

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Torna in Italia nell'estate del 1960, giusto in tempo per protestare contro il governo Tambroni: a Genova appicca il fuoco a una camionetta della Celere, a Reggio applaude gli operai che non si disperdono - ma quando cominciano le cariche, lui non si trova. Dopo qualche anno di militanza nel PSI, passa al PSIUP. Nel 1968 partecipa alla battaglia di Valle Giulia - nelle foto non si capisce se sta scappando o inseguendo un celerino. L'anno dopo entra in Lotta Continua, nel servizio d'ordine. Propugna la tesi dello scontro generale contro la borghesia e lo Stato, litigando con tutti al primo congresso, quando passa la decisione di votare PCI alle regionali (1975). Accusa gli ex compagni di anteporre i tatticismi all'ideologia. Altri colleghi del servizio d'ordine passano alla lotta armata con Prima Linea: lui, ufficialmente, no. Passa allo spontaneismo, e si ritrova due anni dopo a Bologna.

A partire dal sequestro Moro, comincia ad avvicinarsi al PSI di Craxi, di cui apprezza il piglio volitivo e l'allergia al veterocomunismo - aria fresca dopo gli anni di piombo. I fischi a Berlinguer al congresso PSI del 1984 lo commuovono. Dopo la strage di Sabra e Chatila, intensifica il suo impegno filopalestinese. Milita brevemente nei Verdi, litigando coi Verdi Arcobaleno, coi Verdi Sole Che Ride e con altri Verdi che troverò su wikipedia. La fine del governo Craxi lo convince vieppiù che il nemico che si frappone tra la vecchia Italia e la modernità è l'asse cattocomunista, la sinistra DC e il PCI - e che il pentapartito di Andreotti e Forlani il male minore; e le tv di Berlusconi una risorsa preziosa.

L'inchiesta Mani Pulite lo destabilizza; in un primo momento appoggia Martelli contro Craxi, poi cade anche Martelli e lo ritroviamo in Alleanza Democratica, quindi nel Patto Segni. La discesa in campo di Berlusconi non lo trova entusiasta, ma dopo il flop elettorale di Segni prova a bazzicare i leghisti. Plaude alla decisione di Bossi di silurare il primo governo Berlusconi; due anni dopo il centrodestra perde le elezioni, ma la Lega vola al 10%. Pandolfo è ormai un fervente autonomista, se non proprio indipendentista. Su un giornale locale scrive vibranti editoriali sull'emergenza criminalità, l'emergenza immigrazione, l'emergenza emergenze. Non fa in tempo a festeggiare la rivincita del Popolo della Libertà (aprile '01), che il mondo sembra impazzire; durante il g8 di Genova stigmatizza duramente i manifestanti che danno fuoco alle camionette dei veri proletari, i poliziotti.

L'11 settembre apre gli occhi sugli orrori del fanatismo islamico. Chiede a gran voce l'intervento italiano in Afganistan, e naturalmente in Iraq, dove Saddam Hussein sta ammucchiando armi di distruzione di massa da usare senz'altro contro Israele. A proposito di Israele, ne sventola coraggioso la bandierina in favore di telecamera durante la contromanifestazione antipacifinta. Data da questo periodo il suo riavvicinamento al cristianesimo, e il suo crescente interesse per i cosiddetti valori non negoziabili: la vita umana in tutte le sue forme, contro aborto eutanasia matrimonio gay e altri falsi miti di progresso. Accusa i vescovi di anteporre i tatticismi ai dettami della vera fede. Assiste un po' imbarazzato alla deriva senile di Berlusconi, tradendo qualche simpatia per la fronda di Fini; gli scandali che colpiscono la Lega invece lo inducono a una riflessione più amara. Ma ha già iniziato a frequentare la Leopolda. Eccetera.

Pandolfo è senza età - secondo alcuni si nutre di scazzi, quindi è immortale. Altri pensano che ci siano più pandolfi che si danno il turno. A volte si sovrappongono addirittura. Se vuoi saperne di più, è tempo di votare per Le avventure di Pandolfo, che oggi se la gioca contro Redenzione, di Michel Houellebecq. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Redenzione, di Michel Houellebecq

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È il seguito di Sottomissione, di Michel Houellebecq. Se non lo avete letto vi regalo tre ore di vita riassumendone la trama: un docente universitario perfettamente inutile che comincia a perdere i colpi (non riesce più a sedurre una studentessa a semestre) assiste svogliato alla colonizzazione islamica della Francia, che avviene attraverso regolari elezioni - in strada all'inizio ci si ammazza un po', ma la tv fa finta di niente e lui si guarda bene dal ficcare il naso. All'inizio è un po' preoccupato dalla prospettiva di non vedere più femmine scoperte ai rinfreschi accademici, ma quando si rende conto che la nuova fede gli consentirebbe di sposare un paio di fanciulle dai 15 in su (ma anche una matrona che lo riscatti da una vita di pasti precotti), il delicato fiore della conversione germina in lui spontaneo. Fine di Sottomissione di Houellebecq. Non trovate anche voi che qualcosa non torni?

Il libro si basa stancamente ("stancamente" è il mio avverbio preferito quando si parla di Houellebecq) su alcune premesse un po' discutibili:

1. I francesi non di un lontano futuro, ma del 2022, se al ballottaggio si trovassero a scegliere tra Marine Le Pen e un candidato dell'Islam moderato, sceglierebbero l'Islam moderato. Non solo i socialisti, anche i centristi. CERTO HOUELLEBECQ, CERTO.

2. Pur martoriata da una crisi strutturale, e segnata da lotte intestine tra islamici e identitari, la Francia del 2022 dovrebbe fare talmente gola ai sauditi da indurli a comprarsela. Perché è quello che succede nel libro: dietro al partito islamico moderato ci sono i petrodollari dei sauditi. Fantastiliardi. Si comprano tutto, pure le università coi professori dentro. A ogni professore regalano tre mogli (ovvero, il reddito per mantenerle). Un affarone, no? Chi non si comprerebbe la cultura francese avendone l'agio? Tu preferiresti girare in Lamborghini o mantenere a vita un esperto di Huysmans? Non c'è gara, vero?

3. L'Europa non farebbe una piega, anzi si appresterebbe a riconoscere nel presidente islamico della repubblica francese il nuovo imperatore del Mediterraneo - perché di solito funziona così, no? Quel che va bene ai francesi va bene al mondo. Pieni i manuali di Storia di esempi. Cerca sul minitel.


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Insomma il tentativo houellebecqiano di immaginare uno scenario un po' più concreto per quell'incubo che la Fallaci chiamava Eurabia, finisce proprio per dimostrare quanto poco sia plausibile. Ma vediamo cos'è successo nel 2027. François, l''eroe' di Sottomissione, ora è un pacioso wahabita con qualche difficoltà a recitare le preghiere in arabo e un harem di tre donne che gli danno il tormento. La vecchia cucina sempre le stesse cose (troppo burro!) quella di mezzo gli fa le corna con un esperto di Rimbaud, la quindicenne è insostenibile come sanno essere insostenibili le quindicenni. Il lavoro all'università è la solita rottura. Dimostrare il criptoislamismo di Huysmans a studentesse che sotto il burqa si messaggiano con l'iphone12 è una tale palla. Aggiungi un lieve ritardo nei pagamenti, qualcuno già sussurra che i sauditi vogliano chiudere i rubinetti. È abbastanza comprensibile, visto che il riscaldamento globale sta portando tutta l'Europa a tagliare drasticamente l'emissione di idrocarburi. In Francia invece si continua a bruciare petrolio allegramente, ma ormai è tempo di elezioni, e il presidente Ben Abbas rischia di perderle.

Quando ci pensa, François ha la sensazione sempre più netta di essersi fatto vendere una sòla. Il nuovo Cesare Augusto, come no. L'ambizioso progetto di smantellamento della società post-industriale, l'idea di trasformare la famiglia in una piccola impresa e incentivarla come tale, si è infranta di fronte alle evidenze degli anni Venti: le piccole imprese non servono più. L'artigianato è morto, sepolto, riesumato, ristampato in 3d. In un mondo che va verso la standardizzazione digitale, Ben Abbas ha fatto perdere alla Francia ulteriori anni preziosi, raccontando con parole nuove la solita fiaba: sei diversa, sei unica, sei speciale, gli americani non possono capirti, i cinesi non possono copiarti, gli europei possono soltanto seguirti, intanto però devi continuare a fare il pieno di super.

Quando Ben Abbas viene sorpassato al primo turno dal nuovo leader lepennista, François avverte le prime crepe nella sua fede. Di nascosto dalle mogli, comincia a frequentare un cenacolo di intellettuali identitari, un po' clerico-fascisti un po' ambientalisti. Capisce metà dei discorsi che fanno, ma il buffet è di tutto rispetto. Evidentemente i nazionalisti e i fasciocristiani dell'Europa del Nord li stanno finanziando: vogliono prendersi la Francia e non faranno prigionieri. All'indomani del ballottaggio, mentre qua e là per Parigi le moschee bruciano e la police fa finta di niente, François ha un'illuminazione: c'è un solo Dio e Gesù Cristo è il suo prof... boh, insomma, decide di farsi ri-battezzare. Deve anche ripudiare almeno due mogli, un sacrificio che commette volentieri - anche se rimane a lungo incerto su chi salvare delle tre. Qualche anno più tardi, lo vediamo un po' dimagrito impartire stancamente lezioni sul problema razziale in Huysmans. Dalla strada rumori di fucilate e bestemmie in arabo, ma lui non capisce. È una lingua che proprio non gli è mai entrata in testa. Come tante altre cose.

Questo non ha speranza, vero? E invece secondo me farebbe il botto. Se la pensate così, non esitate a votare per Redenzione, di Michel Houellebecqche oggi se la gioca contro Le avventure di Pandolfo. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Gli assassini del basilisco

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Siamo in un futuro un po' meno prossimo - diciamo una generazione dopo il Pianeta al gusto bubblegum: le persone di ceto medioalto ormai trascorrono gran parte della vita in piattaforme virtuali ispirate alle grandi saghe del passato.

Questi mondi ormai sono sensorialmente più coinvolgenti della vita reale, il che porta sempre di più gli utenti a domandarsi cosa sia, questa realtà. Quasi tutti sono ancora in grado di distinguere le piattaforme virtuali dal cosiddetto "Piano Zero", quello in cui esistiamo 'davvero', e possediamo un corpo solo che nasce e muore. D'altro canto, come facciamo a essere sicuri che il piano zero sia veramente reale? Che non sia anch'esso il prodotto di un software, una simulazione? Ma una simulazione di cosa, se non c'è nient'altro?

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Malgrado ogni comunità religiosa abbia ormai creato la sua piattaforma a tema dove dare sfogo alla naturale aggressività, il terrorismo a matrice religiosa continua a essere un problema. La setta più pericolosa è costituita dagli Assassini del basilisco, che credono nell'esistenza del temibile Basilisco di Roko: pensano che il Piano Zero sia una simulazione creata da un'entità maligna che - se non obbediscono a ogni loro ordine - può torturarli per l'eternità. Il protagonista della storia è un programmatore che sta lavorando all'update di una piattaforma. Nei confronti dei terroristi nutre lo stesso approccio liquidatorio che abbiamo noi: fanatici pazzi che non hanno studiato, prima o poi la Ragione trionferà. Ma non è che si sia mai messo a pensare seriamente al problema del Basilisco. È una specie di argomento tabù, tutti preferiscono non parlarne. Non si pronunciano certi nomi, non si raffigurano certi volti, non si ragiona sul basilisco.

Mentre il programmatore sta lavorando al nuovo rendering di una caverna, si imbatte in un'affiliata della setta che si nasconde dai suoi compagni decisi a ucciderla. Malgrado sia stata accusata di tradimento senza nessuna prova, la ragazza crede ancora nel Basilisco e cerca addirittura di convertire il programmatore. Lui la lascia parlare, e presto si rende conto di non avere obiezioni razionali al suo ragionamento: se tutto si può simulare, anche noi possiamo essere una simulazione. Se in una simulazione si può creare un loop all'interno del quale un personaggio può essere torturato per un periodo illimitato, anche a noi può succedere la stessa cosa. Il programmatore, perplesso, torna al suo studio. Fa fatica ad addormentarsi.

Aspettando che il sonno arrivi, rimette mano a un suo vecchio progetto dei tempi di scuola. Crea un universo di media grandezza, ci grattugia dentro miliardi di galassie, e in qualche pianeta random insemina forme virtuali di vita unicellulare, in grado di evolversi adattandosi all'ambiente. Con qualche migliaio di righe di codice stabilisce che, qualora una razza pluricellulare sviluppasse la capacità di formulare pensieri simbolici, dovrà sottostare a un rigido protocollo di precetti assolutamente arbitrari (non mangiare determinate altre razze, uccidere determinati nemici, non disegnare determinate immagini), comunicate attraverso oracoli o profeti. Al termine della minuscola esistenza di ciascun individuo virtuale, il file che contiene ogni sua cellula e la sua coscienza verrà trasferito in un loop eternamente piacevole o eternamente doloroso, a seconda che abbia rispettato o no i dettami della legge. Prima di addormentarsi si sbizzarrisce un po' scegliendo le torture più efferate da infliggere nel loop doloroso. Dopo aver creato il suo piccolo universo - ci mette un paio d'ore - il programmatore si sente più disteso, sbadiglia, si getta sul letto e non ci pensa più.

Noi viviamo in quell'universo.

Un romanzo magari non salta fuori, ma spero di avervi almeno terrorizzato. Comunque se lo spunto vi piace più di Nessuno si ricorda dei Catari non avete che da votarlo. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Nessuno si ricorda dei Catari

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Com'è noto (ma per quanto noto, resta incredibile) i nazisti non avevano pianificato soltanto il genocidio degli ebrei, dei rom, dei sinti, ma anche il loro oblio. Non solo calcolavano di sterminare diversi milioni di individui, ma pensavano di poterli in qualche modo nasconderli sotto il tappeto - in un qualche modo se ne vergognavano. Se avessero vinto, i loro pronipoti oggi leggerebbero sui libri di Storia che gli ebrei in Europa si sono estinti nel medioevo? Una storia del genere sarebbe credibile?

Un altro laureando, stavolta in Storia medievale, di lontane origini valdesi. Nella storia della crociata anti-catara c'è tutta una serie di cose che non gli tornano. La cronologia suona posticcia, ha l'aria di essere ricostruita molto a posteriori. L'improvvisa scomparsa della lingua d'Oc nel XIII secolo lo lascia perplesso: tutti i suoi insegnanti l'hanno appresa dai libri e la trovano normalissima, lui no. Aggiungi il ricordo di certe storie strane che gli raccontava la bisnonna. Quando accennava all'infanzia francese, i parenti le davano della matta e cominciavano a cambiare discorso. Parlava con un accento tutto suo.

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A furia di aggirarsi per la Linguadoca facendo domande indiscrete, il laureando viene notato da qualcuno. Comincia a ricevere lettere anonime in buon occitano, che gli suggeriscono di frugare in questo o quell'archivio - niente di digitalizzato, tutta carta che sta per andare al macero. Gli indizi lo portano a concepire una ipotesi sconvolgente: i catari non sono stati massacrati nel Trecento, ma nel Novecento! Impossibile, eppure...

Prima di allora erano una minoranza importante non solo in Francia, ma in tutta Europa, negli USA e persino in Giappone - a proposito, il cristianesimo non sparì affatto dall'isola nel XVII secolo, come racconta la storia ufficiale: semplicemente diventò cataro. Nagasaki, fondata dai cristiani, era diventata la capitale catara dell'arcipelago: ecco perché fu bombardata col plutonio.

Lo sterminio dei catari in Francia è pianificato a partire dal 1935, quando le elezioni portano al potere i nazionalisti della Croix de Feu e dell'Action Française. Negli anni Venti i catari erano tornati a manifestare quelle tendenze autonomiste che periodicamente li portavano a tensioni col governo centrale (nella guerra dei Cent'anni i catari stavano con gli inglesi. La notte di San Bartolomeo fu un eccidio di catari. Enrico IV era cataro, prima di battezzarsi a Parigi. La Rochelle era una roccaforte catara, come Carcassonne. Molti giacobini erano catari: l'ordine di fare deserto in Vandea andava incontro ad alcune esigenze dei possidenti catari).

La crisi del '29 trasforma i catari nei capri espiatori perfetti: sono commercianti, artigiani altamente specializzati, industriali. Possiedono banche e assicurazioni, fanno parte di una comunità che ha basi in tutto il mondo civilizzato. La propaganda anti-catara era stata cavalcata dai movimenti di destra che approfittano dell'affare Stavisky per delegittimare i partiti al governo. Naturalmente tutto questo è stato cancellato dalla storia ufficiale. Anche la forma originale della citazione di Hitler: "Dopotutto, chi parla più oggi dello sterminio degli armeni in Turchia? E dei catari in Francia?"

Più va avanti nella sua ricostruzione, più il laureando crede di impazzire. Con un po' di sforzo può anche immaginare che un'intera nazione abbia eliminato il ricordo di due milioni di vittime. Ma i Paesi confinanti, nemici e alleati? Possibile che abbiano accettato tutto questo senza fiatare, addirittura collaborando? In effetti è abbastanza implausibile, ma se ne volete sapere di più, occorrerà votare per Nessuno si ricorda dei Catariche oggi se la gioca contro Gli assassini del basilisco. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Il chiar di luna non passerà!

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Vi siete mai chiesti cosa sarebbe successo all'Italia, se la marcia su Roma invece di Mussolini l'avesse organizzata Filippo Tommaso Marinetti? Se in luogo di vent'anni di fascismo ne avessimo avuti altrettanti di futurismo? Cosa avremmo combinato? Grattacieli di Sant'Elia dappertutto? Venezia asfaltata? Marconi ministro dell'innovazione tecnologica, a Enrico Fermi un budget illimitato per costruire qualsiasi ordigno ad alto potenziale?

Dovete però immaginarveli realizzati a metà, con cemento scadente, gare d'appalto truccate ecc.

La cosa è meno assurda di quanto non possa sembrare - ok, resta abbastanza assurda, però Marinetti è stato un avanguardista nella politica, oltre che nell'arte. Già ai primi del secolo i cortei lo affascinavano, anche se gli operai lo scambiavano per una spia ("no guardate che sono un poeta"). Fu interventista prima di Mussolini, scrisse un manifesto politico prima di lui. Partecipò al rogo della sede dell'Avanti. C'era a San Sepolcro e ai primi due congressi dei Fasci, quando erano ancora un movimento repubblicano e anticlericale; se ne andò al secondo accusando Mussolini di virare in senso reazionario, e aveva ragione. Insomma fu un fascista talmente della prima ora che ai tempi della marcia su Roma s'era già stancato. Poi si accodò e produsse anche propaganda molto sui generis, che al Minculpop non piaceva. È chiaro che gli mancavano l'astuzia e la pazienza di Mussolini (che forse era anche uno scrittore migliore di lui). Ma se Mussolini non ci fosse stato?

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La storia sarebbe uno strano seguito di Fiume 1920, ambientata in un universo molto simile a quello del Chiaro di luna colpisce ancora. 1939: in un laboratorio della Palestra di Neofisica di Futuroma, un assistente di laboratorio sta conducendo i primi timidi esperimenti di viaggio nel tempo. Dopo l'esperienza in Etiopia, dove ha assistito allo sterminio della popolazione mediante armi chimiche e batteriologiche, ha un solo obiettivo: tornare indietro nel tempo e impedire che Filippo Tommaso Marinetti prenda il potere. Ha una certa fretta, perché sa che in qualche stanza più in là stanno cominciando ad arricchire l'uranio; e i gerarchi, pardon, gli eccitatori(*), hanno intenzione di avvalersene per risolvere alcuni contenziosi territoriali tra la Somalia italiana e quella inglese.

* (Tra le proposte seriamente avanzate da FTM c'era quella di sostituire il Senato con un Eccitatorio di giovani sotto i trent'anni).

Flashback (anzi, indietroveloce): mentre si sta recando in automobile a uno dei primi comizi dei fasci di combattimento, il giornalista Benito Mussolini dimentica che nel contado si tiene la sinistra e non la destra della strada, rimane coinvolto in un incidente stradale e muore sul colpo. Un paio d'anni più tardi gli industriali italiani sono terrorizzati: il bolscevismo è alle porte e a destra c'è il solito problema: nessun leader affidabile. Tutta una galassia di nazionalisti, reduci allo sbando, anarchici sviati, semplici picchiatori. La figura un po' più carismatica è quel pazzo di Filippo Tommaso Marinetti, che col suo Partito Futurista Nazionale ha un programma politico fieramente antibolscevico, ma non meno radicale (vuole eliminare il vaticano, la monarchia e l'istituto famigliare). Siccome l'alternativa è l'anarchia e i soviet, Agnelli e i fratelli Perrone decidono di finanziare FTM. Persino i vescovi benedicono la cosa - chiedendo però esplicite garanzie. Così nell'ottobre 1922 Marinetti organizza la Corsa su Roma e ottiene dal perplesso sovrano l'incarico di formare un governo.

La transizione del futurismo dall'arte alla politica non è soltanto vissuta come naturale, ma fornisce un esempio agli altri Paesi europei: in Germania gli espressionisti promuovono varie sommosse, litigando con gli spartachisti; in Russia cubofuturisti e realisti-socialisti lottano per l'egemonia nel comitato centrale; a Parigi il dadaismo viene represso nel sangue. Marinetti nei primi anni cerca di destreggiarsi come può: ovviamente i principi del suo libretto rosso sono quasi tutti irrealizzabili nei tempi brevi. Si toglie solo qualche soddisfazione simbolica, ad esempio trasformare immediatamente tutti i licei classici in palestre tecnico-scientifiche. I suoi sponsor lo spingono a svalutare lo svalutabile per varare una campagna di grandi opere: galleria rapida Bologna-Firenze, le prime autostrade, e soprattutto palazzoni, palazzoni dappertutto.

Col tempo la fiducia illimitata concessa agli scienziati gli dà qualche risultato - anche perché attira ingegni dall'estero, Einstein e Bohr a Futuroma sono di casa. All'inizio degli anni Trenta carezza la possibilità di sopperire alla cronica mancanza di energia con un'idea inedita: fendere l'atomo. Però serve l'uranio. In Italia non ce n'è, nel corno d'Africa forse, ma l'ideale sarebbe perforare l'acrocoro etiopico. In realtà non ci sono prove che là sotto l'uranio ci sia, ma Marinetti è tutto fuor che razionale e ha una gran voglia di sperimentare e mostrare al mondo le nuove armi chimiche. E poi l'Africa è un altro dei suoi pallini sin dall'infanzia egiziana: sogna di cacciare inglesi e francesi e diventarne l'imperatore. E così via.

Se Marinetti vi sembra un dittatore più interessante - e asfaltare Venezia è un vostro vecchio sogno - non avete che da votare Il chiar di luna non passerà! che oggi se la gioca contro La falsa e vera Gioconda. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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La falsa e vera Gioconda

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Patrizio è l'ultimo allievo di un grande critico d'arte, che in lui vedeva un occhio sopraffino, ma anche una lingua pericolosa. In effetti è alle pezze, nessuno gli commissiona più expertise perché ha il vizio di dire la verità cruda, senza neanche condimenti ("commendatore, questo non è un De Chierico, questo sta a De Chirico come lei a Belen Rodriguez"). Un giorno una lettera anonima lo avvisa di recarsi in un villino diroccato sul Lago Maggiore, dove troverà "il quadro più famoso di tutti i tempi", nientemeno. Patrizio non ha niente di meglio da fare. L'anziana proprietaria del villino non lo stava aspettando, ma gli serve un tè volentieri; appena capisce di trovarsi davanti a uno specialista, lo scaraventa in un corridoio pieno di croste inguardabili. Va bene, pensa Patrizio, mi hanno fatto uno scherzo, ben mi sta. Mentre cerca di prendere congedo dalla signora, quasi non si accorge di fissare la riproduzione ingiallita della Gioconda che sta appesa in corridoio. Riproduzione notevole, peraltro. Da lontano gli era sembrata una litografia, ma il riflesso della luce la rivelava opera di un buon falsario.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

Quella notte si sveglia di soprassalto, madido. Si rende conto di aver visto qualcosa che non può assolutamente stare nella riproduzione ingiallita di una Gioconda, ad es. la balaustra sui due lati, o le sopracciglia. Nessun falsario mette la balaustra in una Gioconda, non da un secolo in qua. Benché sia ben visibile in versioni più antiche, nel Novecento tutti si basano sulla Gioconda del Louvre, che la balaustra non ce l'ha. E non ha nemmeno le sopracciglia. E la pennellata. Quella pennellata. Come minimo ha trovato una copia d'autore di qualche secolo fa. Ma quella pennellata. Patrizio non può impedirsi di concepire un'idea folle: in casa di quella signora c'è la Gioconda più vera di tutte, quella sottratta al Louvre nel 1911.

In effetti, la storia di Vincenzo Peruggia non lo ha mai convinto. Mentre lavorava a un cantiere nel museo, era uscito dal Louvre con la tela sottobraccio, e per due anni era sparito. Poi si era fatto pescare come un minchione mentre la offriva per cinquecentomila lire al direttore degli Uffizi. E se in quei due anni Peruggia avesse fatto uno scambio con qualche collezionista? La Gioconda originale, con la balaustra e le sopracciglia, contro quella esposta al Louvre, e poi diventata iconica. Se oggi la consideriamo l'unica Gioconda vera, è perché l'abbiamo vista riprodotta dappertutto: ma sappiamo che Leonardo ne dipinse più d'una (anche una versione young adult), e che nel corso dei secoli varie copie d'autore furono scambiate per l'originale. Patrizio decide di indagare. Ricorda che a un certo punto nel XVIII secolo la Gioconda custodita a Parigi era stata messa via, non era più considerata quella originale. Perché? Ne era stata trovata una copia migliore? Nel frattempo, tutta una serie di riflessioni su cos'è la Gioconda, perché la gente fa la fila per vederla anche se può vederla dappertutto, perché Leonardo decise di portarla con sé e farla invecchiare, la Gioconda di Duchamp e quella di Warhol, cos'è il falso e l'autentico ecc. ecc. Se vende un decimo di Dan Brown, mi sistemo. Se pensi anche tu che ci sia del potenziale - e sulla Gioconda del Louvre hai qualche dubbio puoi votare per La falsa e vera Giocondache oggi se la gioca contro Il chiar di Luna non passerà. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Che ne sai tu di un campo di grano

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Prisco e Davide sono amici d'infanzia. Suonano assieme in una band che viene liquidato nelle prime scene del film, perché Prisco, il cantante, scatena una rissa al concerto per la festa di laurea di Davide. (Il quale appena vede che le cose vanno male inizia a smontare la batteria).

L’indomani vediamo Davide appendere per sempre la maglietta dei Nirvana e infilare una timida giacca e cravatta. Inizia una serie di frustranti colloqui di lavoro, a cui assistiamo rapidamente, per flash: non si sa bene cosa abbia studiato Davide, ma è qualcosa di abbastanza inutile: in tanti modi diversi tutti gli dicono di no. L’estate è alle porte, e lui non ha di che andare in vacanza. Incontra Prisco che sta andando a farsi due settimane in collina, un bel posto, c'è l'aria buona. Con che soldi? Niente soldi, vado a fare volontariato in una comunità terapeutica. C'è un frate che conosco. Coi tossici in astinenza? Tu sei matto. Sarà, io intanto vado al fresco. Perché non vieni anche tu? Vitto e alloggio gratis. E poi è gente interessante.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

Il posto è sorprendentemente ameno, il frate assai simpatico. Davide confessa con lui le sue paure, di non saper trovare il suo posto nella vita degli altri, di essere un batterista fallito fra tanti, ecc. Devi avere pazienza, gli dice il confessore. Gli regala una strana sveglia fatta a mano. È puntata per suonare ogni tre anni, gli spiega. Conservala vicino a te, e quando la sentirai suonare, misurerai la strada che hai percorso.

Gli ex tossici sono in ottima forma (durante una partita a pallone fanno stramazzare i nostri eroi); mietono coi sistemi tradizionali il grande campo di grano della comunità. Molti sembrano avere anche idee chiare sul loro futuro: metteranno su casa, famiglia, un agriturismo (pare ci siano dei fondi dell’UE per recuperare gente come loro).

“Questi qui stanno meglio di tutti quanti”, scappa detto a Davide una sera, mentre rolla di nascosto in un boschetto.
“L’hai notato?”, dice Prisco “Infatti mi è giusto venuto un’idea su cosa fare nella mia vita”.
“L’ex tossico?”.
“Proprio”.
“Dovresti prima intossicarti”.
“Non sarà questo gran sacrificio - hai sentito quel che ha detto la sdentata l'altra sera?"
“Ha veramente bisogno di una protesi".
"Come novanta orgasmi in una volta. I neuroni sono sollecitati novanta volte di più. È scientifico".
"E se ci prendi gusto?"
"Ma a quel punto arrivi tu".
"Io".
"Diamoci tre anni. Se tra tre anni io sono ancora nel giro, mi prendi e mi riporti qui. Anche se io non sono d’accordo. Me lo prometti?”
“Sei matto”.
"Punta la sveglia del frate".

Tornato in città, Davide ricomincia il suo calvario di colloqui. Un giorno, al 57esimo no, esplode. “Tutti non fanno che dirmi di no”, si sfoga, “me lo sono sentito dire in 57 modi diversi”. “Davvero? Forse allora lei è l’uomo che cercavamo”.
Viene assunto in un'agenzia interinale. Lo pagano per dire no alla gente. Ora assistiamo a tutte le scene dei colloqui invertite: dietro la scrivania c’è lui. Rapidamente il taglio della giacca migliora.
Un giorno le capita un colloquio con una ragazza carina, Gloria. Davide gli pone tutte le domande di rito e anche altre più personali. Niente, non ne azzecca una. Davide le dice no e poi la invita a cena. In breve vanno a vivere insieme, prima in un bilocale, poi cinque stanze più cucina, gli affari vanno sempre meglio.

Una sera, uscendo dall’ufficio, Davide incontra Prisco, sono anni che non si vedono. Ha una pessima cera.
“Che ci fai qui?”
“Non lo so, andavo a una festa”.
“A una festa a quest’ora?”
“Perché, che ora è?”
“Ma ti senti bene?”
“Forse no”.
“Vieni a casa mia, dai”.
“Abiti qui?”

A casa i due vecchi amici rivangano i vecchi tempi. (Gloria cucina). Ti ricordi il gruppo, e di come mandasti a puttane la mia festa di laurea? Ah, che ridere. E quando siamo andati in vacanza coi tossici perché non avevamo un soldo? Che pazzi che eravamo. Prisco ha gli occhi lucidi. Si guarda intorno, Davide ha una bella casa. Ha una bella moglie. D'impulso decide di andarsene. Prima però chiede se l’amico non può prestargli cento, duecentomila lire. Intasca e scompare.

Che tipo strano il tuo amico, dice Gloria quella sera, a letto. Sembrava un po’ sconvolto, no? Sei sicuro che non prenda qualche cosa? Può darsi, risponde Davide, soprappensiero. Gli ho prestato dei soldi, avrò fatto bene? Del resto potevo anche dargliene di più, mi hanno appena fatto una gratifica… lui, invece… In quel momento (Gloria ha già cominciato ad accarezzarlo), si sente da molto lontano come uno squillo debolissimo di sveglia. Lascia perdere, dice Gloria, sarà l’antifurto del vicino. No, dice lui, è la sveglia del frate, dove l’avevo cacciata? In quale fondo di valigia? È il segno. Prisco si sta rovinando la vita, devo andare a salvarlo.

Si mettono sulle sue tracce. In un agriturismo un comune amico ex tossico conferma: sì, al ritorno si era messo in un brutto giro, sniffava, spacciava. Ha fatto le cose più strane. Anche girato un film porno: regista e interprete. Recuperiamo la videocassetta (suggerisce Gloria), magari c’è qualche indizio.

Le tracce raccolte qua e là (bische clandestine, bordelli, ippodromi) sembrano confermare soprattutto che negli ultimi tre anni Prisco se l’è spassata. Davide comincia ad avvertire i morsi dell'invidia, anche perché più l’amico si rivela una sentina di vizi, più Gloria sembra tradire un certo interesse.

Una sera arriva una telefonata: Prisco è stato visto al casino di ***. C’è da guidare tutta la notte, dice Davide. Lei: non importa, quando ci ricapita? Non usciamo mai. Arrivano molto tardi, ma davanti a un albergo c’è una Porsche che Prisco ha preso in leasing e mai restituita, la targa coincide. I due prendono una camera e decidono di aspettarlo al varco. Davide si addormenta come un sasso e sogna di suonare la batteria a torso nudo nel grande campo di grano. Quando si sveglia Gloria non c’è più. Non c’è neanche la macchina di Prisco. Se ne sono andati.

Davide picchia un po’ il muro (ha questo vizio di tamburellare su ogni cosa che ha in mano), poi ricomincia da solo la ricerca, tornando sui luoghi loschi dove Prisco era già stato visto: invano. Nella casa troppo grande, si decide a rimontare la batteria - ma appena comincia a pestare duro i vicini si lamentano. Qualche mese dopo ripassa per caso nell’agriturismo: trova i due piccioni nel parcheggio che litigano.

Sono già una coppia in crisi. Gloria ha persuaso il ragazzo terribile ad affittare anche lui il suo pezzo di terra: sogna di redimerlo attraverso il sano lavoro dei campi (e vuole un bambino da lui). Prisco si è lasciato fare, ma non è che ci creda così tanto: appena incontra Davide gli fa la festa e decide di scappare con lui. Ma quando è già salito in macchina scopre con orrore che Davide vuole portarlo nella comunità del frate, per tenere fede a una scommessa fatta per scherzo tre anni prima.

“Maccheccazzo ma anche tu vuoi salvarmi? Da cosa poi? Io tutto sommato me la passavo bene”.

Gloria li insegue e li raggiunge proprio davanti ai cancelli della comunità. Nel grande campo di grano, l’ultimo duello a tre. Prima una schermaglia verbale: Gloria chiede a Prisco di tornare, perché ormai ha delle responsabilità nei confronti di lei. Senti chi parla di responsabilità, ribatte Davide, e iniziano a rinfacciarsi le miserie di tre anni di matrimonio. Prisco ne approfitta per fare un passo indietro, lo bloccano in due. Il sole è alto in cielo. Le recriminazioni lasciano lo spazio al silenzio. Un minuto di primi piani.

Alla fine Gloria si gira e si avvia verso l’auto. Davide resta immobile. Prisco, incredulo: “ma come, non le corri dietro?”. Dopo un po’ le corre dietro lui. Davide, impassibile, bussa alla porta del convento.

Dieci anni, quindici chili più tardi, Gloria lavora in un ufficio di lavoro interinale. Esamina l'improbabile curriculum di un mezzo pancabbestia, sandali, barbone, brutti denti.
“E così lei ha una lunga esperienza professionale come percussionista?”
“Suono ai matrimoni, alle sagre, per strada, dappertutto..."
“Bene. E… oh, scusi, devo rispondere al telefono... Amore, non disturbarmi mentre… come non trovi i pannolini, guarda che la Chicca non li porta più da… ah sì? Beh, cerca di pulire intorno. Con una spugna, uno straccio, non so! Ti devo dire tutto io? E in posta ci sei andato?… Scusi, mio marito in casa è una frana. Dicevamo?”
“E avete un bambino?”
“Una bambina. Ma torniamo a lei. E quando ha deciso di fare il… percussionista?”
“È stato dieci anni fa, in seguito a un esaurimento nervoso. Mia moglie mi aveva lasciato, e avevo perso il lavoro, e…”
“Va bene, le faremo sapere”.

Fatemi sapere voi, votando Che ne sai tu di un campo di grano, che oggi se la gioca contro I banditi della montagnaPotete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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I banditi della montagna

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Dal modo in cui sparava, Prandini sapeva di trovarsi davanti a un ragazzino.

Non era una buona notizia. Negli ultimi anni Prandini aveva rivisto tante sue convinzioni, tra cui quella che i giovani valligiani fossero meno pericolosi dei vecchi. Non si potevano sottovalutare i ragazzini. Non si poteva sottovalutare più niente. La radura era gonfia di gente che aveva sottovalutato qualcosa o qualcuno, e Prandini aveva deciso di starci lontano ancora per un pezzo. Aveva tante cose da fare, zucchine da selezionare, parole da salvare.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).

Stava riparato dietro un faggio, un grosso tronco paziente che aveva già cicatrizzato altre scheggiature di pallottola, ricordi di vecchi conflitti a fuoco. Non te la prendere, gli illustrava la corteccia tra una raffica e l'altra: ci siamo tutti abituati. È solo guerra, la cosa più naturale del mondo. Ma il ragazzino sembrava terrorizzato, continuava a sventagliare senza metodo. Una cosa molto sciocca, oltre che pericolosa. C'era sempre la possibilità che una pallottola rimbalzasse su una pietra e lo facesse secco. Già successo. Prandini era scocciato.

Finalmente gli era venuta la parola. Lui era l'unico della Brigata a ricordarsela ancora: Scocciato. Un giorno se la sarebbe dimenticata per sempre, e la parola non sarebbe esistita più. Prandini ci teneva alle parole, era una delle sue debolezze. Non avrebbe mai voluto perderle. Era chiaro che una Brigata sempre più piccola non avrebbe avuto bisogno di troppe parole - per molte delle quali ormai mancavano i significati. Prandini lo capiva, ma non voleva accettarlo. Gli scocciava.

Due minuti di silenzio, e un'altra raffica. Ormai stava diventando una specie di richiesta di aiuto. Venite a prendermi! Ho snidato un bandito, ma non so come stanarlo. 

Dal rumore era un piccolo Uzi: bell'oggetto, ma inutile per Prandini. Avrebbe sparato ancora per un bel po', raffiche sempre un po' più brevi. Se il ragazzino era abbastanza scemo, avrebbe sparato fino all'ultima cartuccia: a volte era successo. A quel punto bastava saltar fuori e prender la mira. Però poteva anche essere una trappola. Anche questo a volte era successo. Ragazzini mollati a sparacchiare in preda al panico, come... come esche. Ecco un'altra parola importante: esche.

Peccato non avere carta e penna con sé. Succedeva sempre più di rado, ma certe mattine senza un motivo la testa di Prandini brulicava di parole importanti ormai dismesse. Esca è fondamentale, non è che esistano altre parole per rendere l'idea. Esca. Si fanno spesso riflessioni importanti durante i conflitti a fuoco. Di solito non c'è altro che aspettare e osservare, osservare e aspettare, e intanto i nervi girano a mille. Una volta si masticava gomma, poi era finita, e a quelli come Prandini non restava che rimasticare i concetti.

(Forse l'unica retorica a cui la mia generazione nicchia non riesce a ribellarsi è quella della Resistenza. Tutte le altre guerre sono sbagliate, ma quella no. Tutti gli altri martiri sono discutibili e discussi, ma i partigiani mai. Peraltro se ci provi il rischio di trasformarti in Giampaolo Pansa è fortissimo. Eppure a ripensarci fu un episodio non solo periferico rispetto alla guerra mondiale in corso, ma abbastanza limitato nel tempo - due anni! Così mi sono chiesto che succederebbe se un gruppo di persone imbevuto di cultura resistenziale, alternativa, ecc., si trovasse a combatterla davvero, nel solito futuro prossimo, ma non per un anno o due: a oltranza. Quando esattamente si trasformerebbero da eroi in carogne?)

Quante munizioni poteva avere? Quante potevano lasciarne, a un ragazzino? Magari era scappato. Aveva litigato coi suoi e aveva deciso di unirsi ai Banditi. Era successo anche questo, una volta. Si era capito subito che non sarebbe durato. Certe abitudini che Prandini non metteva più in discussione da anni, per il nuovo arrivato erano privazioni intollerabili. Lo avevano messo al muro con l'accusa di essere una spia, non avevano aspettato di avere una prova. Probabilmente non lo era, ma facilmente lo sarebbe diventato, prima che l'inverno picchiasse duro. Soprattutto erano stanchi di sentirlo lagnarsi per il freddo o la fame. Non mangiava farina di castagne: un'intolleranza alimentare, diceva. Il processo era stato rapidissimo e Prandini non vi aveva preso parte, ma non aveva neanche avuto nulla da obiettare.

Un'altra raffica - un po' meno generosa. Esca o non esca, il panico del ragazzo lo avrebbe condannato. Con un po' di fortuna tra mezz'ora Prandini lo avrebbe raccolto in un cespuglio, con gli occhi sbarrati che hanno i bambini quando vogliono scacciare la realtà che hanno davanti. (Anche questo era già successo? A volte Prandini aveva paura di inventarsi i ricordi).

(C'è stata una catastrofe. Forse semplicemente il riscaldamento globale. La pianura è diventata invivibile, le montagne si sono ripopolate. Ma non è stato un processo lineare. I primi a tornare in montagna sono stati i neorurali, i collettivisti, i primitivisti, qualche hipster, Civati. Gli altri per un po' hanno insistito a vivere in new town pedemontane fortificate e aircondizionate. Ma serviva molta energia per farle funzionare, e dopo un po' è finita; così alla fine i valligiani hanno attaccato le montagne. Sono più numerosi e meglio armati, ma non conoscono il territorio e non sono abituati alle scomodità della guerriglia. I montanari viceversa avevano già cominciato a scannarsi tra tribù, per questioni politiche ma soprattutto perché di terreno fertile ce n'è sempre meno. Quando arrivano i valligiani qualche comunità si compatta, altre tradiscono. Prandini è l'ultimo sopravvissuto di un agriturismo biodinamico, tutti i suoi amici e la sua famiglia sono stati uccisi o fatti schiavi. Per sopravvivere si è unito a una brigata comunista che di comunista non ha più niente, ormai sono tutti giovani molto selvatici, Prandini è un nonno saggio che sa quand'è ora di seminare le patate. Ha fatto cose orribili, ma sopravvivere in questo consiste).

Invece se lo vide lampeggiare a pochi metri - al centro della maglietta, la sagoma di una band che non gli era mai piaciuta. Stava banalmente scappando via, disorientato, nella direzione sbagliata. Un'esca non lo avrebbe fatto. "Ma dove vai, aspetta" - si sentì dire Prandini, in un accento quasi credibile, e per qualche secondo il ragazzino lo fece. Aspettò. Fu appena un'esitazione, ma non poteva permettersela. Prandini mirò la zazzera del cantante. Il colpo volò un po' più sotto, dove fa ancora più male. Si sentì un urlo inumano, l'obiettivo rantolò per terra in preda a convulsioni. Prandini provava pietà per quel povero corpo che adesso bestemmiava e piangeva, ma non aveva intenzione di sprecare una cartuccia in più. Snudò il pugnale.

Era un davvero un ragazzino. Biondo, lentiggini, a chi somigliava? Seduto sulla sua schiena, mentre con la sinistra gli afferrava il ciuffo, Prandini ebbe un'epifania: l'ovetto kinder. Stava per sgozzare il bambino dell'ovetto kinder.

Come andrà a finire? Per saperlo occorre votare per I banditi della montagna, che oggi se la gioca contro Che ne sai tu di un campo di grano. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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IL GRANDE TABELLONE DEGLI SPUNTI

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Siamo a metà dei sedicesimi, nel momento in cui ai Bagni Tiziana 103 gli iscritti al torneo di ping pong cominciavano a chiedersi se quello che stavano facendo avesse un senso, una direzione, cioè qualcuno lo ha fatto un tabellone? Certo, è quasi pronto, eccolo qui.


È solo un gioco, sentitevi liberi di passare ogni tanto e votare per la prima cosa che vi piace. Se invece vi state appassionando, alcune avvertenze.

- I punteggi che vedete sono parziali. Come si dovrebbe dedurre dalla tabella, gli ottavi cominceranno il 17 agosto. Fino alla mezzanotte del 16 tutti i match sono aperti.

- Per votare ci sono in sostanza tre strumenti: facebook (condivisione o like, se fate entrambe le cose vale un voto solo - se me ne accordo), twitter (link o retweet), commenti al blog.

- Google Plus non vale, lo so, è ingiusto.

- Siccome su facebook  twitter e blog potete avere identità diverse, e io mica vi posso riconoscere tutti, chi vota in tre piattaforme diverse vota tre volte. Non fate quella faccia, è così che gira l'internet. Ogni scusa è buona per farvi linkare, piacciare, twittare.

- No, non ho la minima idea di chi vincerà, c'erano cose che mi sembravano forti che stanno andando malissimo e viceversa.

- Grazie a tutti, siete tanti e molto pazienti.
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Qualcuno sta uccidendo tutte le mie ex

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Il titolo è abbastanza illustrativo. Un tizio sconvolto arriva in questura e chiede di essere arrestato. Dice di essere il Maniaco di Reggio Emilia, e non solo. "Sono anche quello che ha investito una tizia di Savona due anni fa, e inoltre ho strangolato una madre di famiglia a Innsbruck e gettato nel canale un'assistente sociale di Utrecht".
"E perché avrebbe ucciso tutte queste donne?"
"Non lo so".
"È vittima di raptus?"
"Non lo so, non ricordo nemmeno di essere stato a Utrecht, e anche a Reggio ormai ci vado abbastanza di rado".
"Cioè lei non si ricorda di aver ucciso queste signore?"
"No, non ricordo niente. Ma non posso che essere stato io".
"Scusi, ma lei mi sembra un..."
"Un mitomane".
"No, volevo dire: un po' confuso".

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

"No no, ha ragione, sembro un mitomane. Vengo qua e mi autoaccuso di una decina di omicidi, e non ho prove né movente. Lo so. Ma sono anni che mi torturo. C'è una cosa che unisce tutte queste donne, e la conosco solo io".
"E questa cosa me la può dire? Così saremo in due".
"Sono tutte mie ex".
"Tutte?"
"Cioè, con alcune è stata una cosa brevissima, anche di una notte sola, però..."
"Tra loro non si conoscevano?"
"No. Cioè. Un paio di ex compagne di scuola. Basta. Mio dio, sono morte! Sono un mostro!"
"Ma lei non si ricorda".
"No. Quando è iniziata la storia del Maniaco di Reggio... colpiva solo persone che conoscevo... all'inizio pensai a un'orribile coincidenza. Ma poi è stata investita Simona..."
"La signora di Savona?"
"...si era trasferita cinque anni fa... eravamo rimasti amici... non poteva essere una coincidenza. Ho pensato che ci fosse una persona che ce l'aveva con me, per qualsiasi motivo... ma nessuno, nessuno sapeva la storia con Magdalene".
"Innsbruck?"
"Utrecht. Ma c'è di peggio. Ogni omicidio allude in qualche modo alla relazione che io ho avuto con la vittima. Simona è stata investita da un'automobile... è proprio a causa di un incidente stradale che ci incontrammo".
"E quindi la tizia soffocata con pallottole di carta..."
"Fu una relazione in gran parte epistolare".
"Ovvio".
"Lei non può immaginare che incubo sia questa storia per me... l'occasione di rivangare tutte queste storie, tutto il mio passato sentimentale che si imbratta di assurdo sangue..."
"Ma con qualcuna di loro si era lasciato male?"
"Più o meno con tutte".
"Ha mai fantasticato di ammazzarne almeno una?"
"Due o tre. Ma capita a tutti, no?"
"Veramente no".
"Ah no?"
"No. Ma è possibile che lei non abbia nessun alibi?"
"Ho controllato. Non sa quanto ho controllato. Vivo solo, la sera esco di rado".
"Se in quei giorni le è capitato almeno di rispondere al telefono, possiamo tracciare..."
"Ho controllato!"
"Nessuna chiamata?"
"Due o tre, lasciate senza risposta".
"Ah".
"È quello che farebbe un assassino, no? Lasciare a casa il telefono per non essere tracciato".
"Sì, ma potrebbe anche esserci un'altra spiegazione".
"È da anni che mi lambicco in cerca di un'altra spiegazione. Non c'è. Non posso che essere stato io.
La prego, mi arresti".
"Ma senta, le avrebbe uccise tutte?"
"Ne manca una. Ha tre figli. La prego".

Chi sta uccidendo le ex del tizio ormai convinto di avere ucciso quasi tutte le sue ex? Non lo saprete mai. A meno di non votare per Qualcuno sta uccidendo tutte le mie ex, uno spunto perversamente terapeutico che oggi se la gioca contro Chi ha rubato la marmellata. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Chi ha rubato la marmellata

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Ah io vorrei tornare anche solo per un dì / lassù nella valle alpina. Là tra gli alti abeti ed i rododendri in fior / distendermi a terra e sognar.

(Questo è antichissimo. Negli anni berlusconiani sarebbe risultato incomprensibile, adesso è sorprendentemente tornato d'attualità). Davide è un padre di famiglia ingrigito che cerca di convivere con la propria mediocrità. Non sarebbe così difficile, se non fosse amico d'infanzia di Giorgio Giorgi, ministro rampantissimo a un passo da Palazzo Chigi. A chi glielo chiede Davide minimizza: sì, eravamo negli scout assieme, ma è passato molto tempo, non lo sento mai. Il suo amico Prisco invece con Giorgi ce l’ha a morte, per motivi politici oltre che per umanissima invidia.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

Siamo in campagna elettorale, come sempre. Una sera Davide cambia canale e trova Prisco seduto sulla poltrona di un talk-show. Cos’avrà in mente? Il presentatore comincia a intervistare l’“amico d’infanzia” di Giorgi. “È vero che avete fatto gli scout insieme?”
“Sì, eravamo nella stessa squadriglia, i Falchi”
“Cos’è una squadriglia?”
“È un gruppo di cinque o sei ragazzi, con un capo e un vice”.
“Giorgi naturalmente era il capo”
“No, lui era il vice, il capo ero io”. (Dio mio, pensa Davide, dove vuole arrivare?)
“Ed era un buon sottoposto, l'on. Giorgi?”
“Beh, aveva i suoi difettucci, ma in generale sembrava affidabile” .
"Sembrava?"
"Tanto che un'estate, al campeggio, gli affidai la marmellata".
"In che senso, scusi?"
"Ogni squadriglia aveva in dotazione il suo barattolo di marmellata. Se finiva prima del previsto, non ce ne avrebbero data altra".
"Eravate razionati, insomma. E Giorgi vigilava..."
"...sulla marmellata".
"Fu all'altezza del suo ruolo?"

Non posso crederci, pensa Davide. Non sta succedendo.

"Quasi sempre".
"Come quasi?"
"Beh, ci fu una volta…”
“Una volta?”
“Ma sì… quello però fu un episodio strano…

Non può tirare fuori il Vasetto di Marmellata della Val Bormida. Non può...

"Fu in Val Bormida… c’era rimasto un solo barattolo di marmellata per la colazione di tre giorni… eravamo in sei… e il barattolo sparì”.
“Sparì? E fu Giorgi?”
“Non si è mai riuscito a stabilirlo…”
“Ma era lui a custodirlo, no?”
“Sì, ma ci fu un contrattempo... lui accusò un suo compagno e non ci fu modo di stabilire chi dei due avesse ragione".
"Mi sta dicendo che siete rimasti senza marmellata..."
"Per tre giorni. Eravamo in sei".
"Ma è intollerabile. E che fine aveva fatto il vasetto?"
"Mai trovato. Può darsi che sia ancora lassù”.
“Insomma, Giorgi fu assolto, per così dire, per insufficienza di prove. Pubblicità”.

Che cretinate tirano fuori alla televisione, dice la moglie di Davide. Lui scuote la testa. Tu non lo sai, dice, ma la Marmellata della Val Bormida fu un orribile affare. Negli ambienti scoutistici della Lombardia se ne parlò per anni e anni. C’è gente che non si rivolge la parola da allora.
“E tu come fai a saperlo?”
“Lo so perché il custode della marmellata quel mattino ero io".
"Non era Giorgi?"
"Giorgi era nei guai per altri motivi, lo stavo sostituendo. Quando tornò, non trovò il vasetto e diede la colpa a me".
"Ma chi l'aveva preso questo vasetto, insomma".
"Me lo sto chiedendo da trent'anni".
"Eh?"
"Credevo di essere il solo ormai, e invece..."
"Bah queste cose in realtà non interessano a nessuno. La politica è un’altra cosa. Rispondi al telefono, per favore?"
"Pronto".
"Davide, parlo con Davide?"
"Giorgio?"
"Scusa se ti telefono a quest'ora, ma è un'emergenza. Non so se hai visto in televisione..."
"Ho visto".
"Meglio così. Prisco è il solito stronzo, eh?"
"Non so cosa gli sia preso, davvero".
"Non gli è preso niente, è sempre stato così. Ora ti riassumo la situazione...".
"Me la riassumi?"
"Nelle prossime ore si faranno senz'altro vivi i giornalisti". 
"Eh?"
"Non c'è bisogno di spiegare quanto sia importante che io e te forniamo la stessa versione dei fatti".
"Ma io e te non avremo mai la stessa versione".
"Davide, per favore. Può darsi che le nostre idee politiche non siano coincidenti, anzi ne sono sicuro".
"Ma che ne sai - e comunque non è una questione di politica..."
"Ma per quanto possiamo pensarla diversa su molte cose, sono sicuro che anche tu non puoi tollerare che una persona si giochi la carriera per un barattolo di marmellata sparito trent'anni fa".
"Ci hai lasciato senza colazione per tre giorni, forse è ora che ne accetti le conseguenze".
"Non sono stato io, Giorgio".
"Le chiavi del baule le avevi tu".
"Abbiamo fatto questa discussione mille volte. Vuoi rifarla anche tu in diretta televisiva? O vuoi semplicemente ricattarmi?"
"Ricattare chi? Ma come ti permetti..."
"Perché se vuoi ricattarmi, possiamo metterci d'accordo".
"Eh?"
"Sottosegretario alle politiche ambientali. Era il tuo pallino, mi sembra di ricordare".
"Non posso credere che tu mi stia veramente... scusa, suonano al citofono".


La storia prevede una prima parte di circo mediatico (lascereste governare il nostro Paese da un uomo che ha rubato la marmellata a cinque ragazzini?) e una seconda parte action in val Brembana, con tre ex scout braccati dagli elicotteri che vogliono arrivare per primi a una radura per dimostrare qualcosa. Forse in un tronco cavo quel vasetto c'è ancora. Impossibile saperlo se non votate per Chi ha rubato la marmellata (se la gioca contro Qualcuno sta uccidendo tutte le mie ex). Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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O viceversa

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Oggi è il giorno degli spunti intimisti, che sono meno sbozzati di altri, ma forse hanno più potenzialità. Questa è la storia di due persone (non necessariamente un uomo e una donna, anche se avrei meno difficoltà) che vivono su due lati di una strada e non si conoscono. È una strada molto trafficata, ci abitano centinaia di persone, compresi questi due che sembrano fatti l'uno per l'altro. Ma non si sono mai conosciuti.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

Lei vive sola, lui ha famiglia e figli, o viceversa. Hanno interessi identici o complementari, ad esempio lui impazzisce quando sente un pezzo di Bach ma non sa nemmeno chi Bach sia, mentre lei è esperta di musica barocca. O viceversa. La storia li segue per un paio di giorni in cui loro riflettono molto sulla loro esistenza e succedono tante piccole e grandi cose, e da un certo punto in poi il lettore dovrebbe urlare: INCONTRATEVI! ATTRAVERSATE QUEL CAZZO DI ARTERIA PERIFERICA E BACIATEVI, IDIOTI.

Invece niente. Non si incontrano mai.

A volte si mancano per pochi secondi. Magari lui ammacca la macchina di lei parcheggiando o viceversa, e scappa senza avere il coraggio di mettere un biglietto. La storia finisce in un punto qualsiasi. Nell'ultima pagina c'è un'avvertenza: è solo una storia, inutile che v'incazziate. Scrivetevelo da soli il lieto fine se proprio non sapete farne a meno. Oppure, se proprio non vi riesce di scrivere, vivetene uno.

Questo lo volevo proporre a una persona che magari sarebbe riuscito anche a scriverlo, ma poi ho pensato che una proposta del genere avrebbe potuto essere fraintesa, o viceversa.

Tutto qui? Sì, ma se lo votate (se la gioca contro La prima volta si fa davanti a tutti) ve ne faccio leggere un po'. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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La prima volta si fa davanti a tutti

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In un futuro quasi prossimo in cui il concetto di "privacy" sembra assurdo come a noi il burqa, la sessualità è riconosciuta come un diritto/dovere del cittadino. Tutti, anche coloro che scelgono una vita di castità (e non sono pochi) sono praticamente obbligati ad avere un rapporto completo entro il 20esimo anno d'età. Per evitare abusi o frodi il rapporto viene filmato e pubblicato in rete - il che ha drasticamente ridotto il fenomeno del revenge porn. Si tratta in sostanza di un rito di iniziazione, che quasi sempre non segna l'inizio della vita sessuale, ma che viene vissuto come un ingresso nella società degli adulti (il momento in cui si può/deve finalmente accedere alle piattaforma di condivisione sociale con i propri dati personali). Il fatto che "il primo video" sia quasi sempre un disastro è un problema al quale molti ovviano pubblicandone altri successivi in cui fanno figure migliori. In generale esiste una specie di "privacy through redundancy", ad esempio la gente mette on line tantissimi cv falsi, in modo che sia più difficile risalire ai tuoi dati veri. In generale comunque la sessualità è diventata una branca dello sport, avete presente quelli che vi informano su facebook delle loro maratone? Ecco, in futuro ci sarà gente che vi informerà su altri generi di prestazione.

Benché sia possibile celebrare il rito con il proprio partner, di solito i 20enni preferiscono consumare con sconosciuti appositamente scelti da un software. La leggenda è che il software sia così sofisticato da snidare le anime gemelle, anche se mancano evidenze statistiche.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

Premesso questo, non si tratta di una storia di fantascienza. È una settimana nella vita di un ragazzo e una ragazza che all'inizio non si conoscono e alla fine lo avranno fatto davanti a tutto il mondo. Per lui è proprio la prima prima volta in assoluto, per lei una formalità da sbrigare con meno partecipazione possibile. Entrambi sarebbero contenti di incontrare una persona interessante, ma si accontenterebbero anche di non imbroccare un coglione come capita più o meno a tutti. Lei sta uscendo da una storia complicata ed è anorgasmica (una disfunzione che equivale a uno stigma sociale), lui è l'ultimogenito di una legislatrice universalmente apprezzata, che fu tra le promotrici del Sex Act Act, ma che malgrado l'indiscutibile competenza deve gran parte del successo politico a un video intimo che le fu estorto da giovane - un video dove lei mostrava una competenza ancora meno discutibile. Tutti i coetanei del protagonista lo hanno visto. Non è così strano in un mondo dove tutti possono vedere i video di tutti. Ma per qualche arcano motivo, il video che tutti preferiscono vedere è quello della madre del protagonista. Il suo psicologo dice che deve farsene una ragione.

Che succederà ai due piccioncini? Faranno una bella figura? (Lui ha ovvie ansie di prestazione, lei ha deciso che reciterà, ma allo stesso tempo non vuole recitare troppo per evitare di finire nelle antologie, c'è tutto un feticismo sui video di gente che finge oltre la soglia del ridicolo).

L'idea è insomma di scrivere una storia antierotica, dove si parla di sesso continuamente nel modo meno eccitante possibile. Chissà perché non ci ha ancora pensato nessuno, boh, forse hanno paura di farci troppi soldi. Se non avete paura che succeda a me, potete votare per La prima volta si fa davanti a tutti, che se la gioca con O viceversaPotete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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La fine del mondo (dei procioni)

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Live long and prosper
Più o meno tra un secolo scopriremo Brahe67B, un pianeta a mille anni luce della Terra, un po' più piccolo ma con un enorme satellite geostazionario che ci sembrerà subito artificiale; tra un secolo e mezzo, dopo infiniti tentativi, riusciremo a decodificare i messaggi che i Brahiani hanno esplicitamente disseminato in tutte le direzioni, e di lì a poco cominceremo a decodificare le loro trasmissioni radiotelevisive - trasmissioni di mille anni fa, ma lo spaziotempo è relativo, ci sembrerà di vederle in diretta. Scopriremo che sono molto simili a noi (mammiferi) ma anche incredibilmente diversi (procionidi); che sono feroci ma anche molto teneri, con una tecnologia per certi versi più avanzata e per altri più arretrata, e impazziremo per loro. D'altro canto, che senso avrebbe rispondere ai loro messaggi? Un'eventuale replica arriverebbe 2000 anni più tardi... L'unica è cominciare a investire qualche soldo serio nella ricerca dei tachioni di Crough-Clay.

Sono particelle scoperte da poco, che viaggiano da sempre a velocità superiori alla luce. Non possiamo farle partire, ma se riuscissimo a perturbare gli sciami di tachioni che stanno passando, avremmo uno strumento per comunicare più rapidamente. E se ci arriviamo noi, tutto lascia intendere che ci siano già arrivati loro, quindi forse in questo esatto momento stanno passando tachioni che portano informazioni più recenti su Brahe, cosa aspettiamo? Monta l'antenna, accendi, BAAAAAAAANG!

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

C'è un frastuono notevole - dev'essere successo qualcosa di molto, molto brutto. Quando? Più o meno 900 anni fa. Qualsiasi cosa sia accaduto, è improbabile che Brahe67B ospiti ancora forme di vita. È improbabile che Brahe67B esista ancora. In ogni caso scopriremo tutto, con un po' di pazienza. Continueremo a captare programmi radiotelevisivi per 100 anni. Assisteremo alla fine di una civiltà, come se fosse una diretta.

Prima eravamo solo affascinati, ora è amore disperato. Quei procioni combattono guerre, costruiscono satelliti artificiali, scrutano lo spazio chiedendosi se sono soli, e non sanno di essere morti da 900 anni. Quanto a noi, avevamo appena scoperto di non essere soli - ed ecco che una misteriosa catastrofe ci toglie l'unico amico potenziale che avevamo intravisto da lontano.

I protagonisti sono dottorandi in quelle scienze che fino a un momento prima si definivano "umane". Proprio quando tutto sembrava già archiviato, catalogato, descritto, la scoperta di Brahe67B aveva aperto praterie a storici, glottologi, antropologi (subito convertiti i procionidologi), persino scienziati della comunicazione! Con certi sviluppi assurdi - ad esempio per decifrare una delle lingue più importanti dei brahiani era stato di enorme aiuto una telenovela di procionidi, che era diventata straordinariamente popolare sulla Terra molto prima che si riuscissero a tradurre i dialoghi. Tra le cose che umani e procionidi avevano in comune c'era una certa attitudine melodrammatica che rendeva molto più semplice comprendere le telenovelas che le tribune politiche.

Brahe67B dava da fare anche a filosofi ed economisti. I procionidi avevano elaborato modelli di società che a noi semplicemente non erano venuti in mente. Il dibattito più intenso del XXII secolo era quello sulla superiorità o inferiorità dell'uomo rispetto al procionide. Molti li idealizzavano, fingendo di non vederne i caratteri più cruenti; altri ne avevano paura e proponevano di armarci. La scoperta della catastrofe tachionica aveva un po' depotenziato gli argomenti di questi ultimi. Ma a quel punto l'umanità si era trovata di fronte al più stuzzicante dei misteri: cos'era successo ai procioni? Si erano massacrati in una guerra fratricida? La loro stella aveva avuto un lieve soprassalto - quanto basta per friggere qualsiasi forma vivente e perturbare qualche tachione di passaggio? E soprattutto: avevano fatto in tempo a concludere la telenovela?

Finché un giorno (ah ah ah, non lo saprete mai se non votate per La fine del mondo dei procioni, che oggi se la gioca contro L'ultimo uomo dell'universo). Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto).
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(Neanche se tu fossi) l'ultimo uomo nell'universo

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Come ci si sente quando ti svegli e ti dicono che la tua razza è estinta?

Quattrocento anni sono passati da quando la Terra è stata distrutta con tutte le sue colonie (nulla di sconvolgente - soltanto un’operazione di polizia internazionale. Gli umani si ostinavano a mangiare cereali, finché una razza di pannocchie intelligenti di Aldebaran non ha sporto denuncia formale alla Corte Intergalattica. Anche se qualche revisionista sostiene che è stata tutta una scusa dei Cereali per impadronirsi del silicio del sistema solare… comunque è roba di 400 anni fa, sarebbe ridicolo anche solo chiedere scusa, tipo Wojtyla su Galileo).

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

Il nostro eroe, anzi eroina, in cui consiste forse tutta l’umanità sopravvissuta nell’universo, lavora su un equivoco cargo interstellare e ha per unico sodale e compagno una lucertola di Sirio espulsa dal suo pianeta per devianze sessuali. In realtà l’ultima donna della Galassia è ricercata da una polizia scientifica che vorrebbe clonarla, per ridare una chance all’Umanità, la quale è stata molto rivalutata nei secoli successivi (com’è successo agli Incas). Per cui la Nostra certe notti sogna di vivere in un pianeta dove uomini donne e bambini, politici artisti e maniaci hanno tutti la sua faccia, e pensano i suoi stessi pensieri e hanno i suoi stessi ricordi: un inferno in curva esponenziale. Insomma è una tipa all’antica, vorrebbe rifare l’Umanità alla vecchia maniera: così è in cerca di un qualche Adamo ibernato su un pianeta dimenticato - ne parlano le leggende, e qualche antica bolla di trasporto di cui la lucertola è giunta in possesso. Devo, seppure a malincuore, diventare un popolo, pensa la novella Eva: altrimenti il giorno che morirò i versi di Shakespeare e le canzoni dei Beach Boys non avranno più senso per nessuno.

Durante questa ricerca visita alcuni pianeti abitati – altrettante anti-utopie, proiezioni di quella che potrebbe diventare la Nuova Umanità che deve fondare. Ci sono gli xjil, imperialisti e con una pessima cucina, che massacrano i popoli e poi li idealizzano, i miti collettivisti del pianeta zaptvb, che mettono tutto in comune e si annoiano a morte, gli gkjg un po’ nazisti che insistono sulla purezza della razza, i gdwfd ai quali al contrario è fatto divieto di riprodursi tra individui della stessa specie, e che quindi sono un’allegra congerie di mostriciattoli dalle infinite possibilità di perversione sessuale (e con un sacco di idee nuove, poiché, come spiegano al Nostro, l’intelligenza è il risultato dello sforzo immaginativo e lo sforzo immaginativo è una forma di perversione).

Eva-Gulliver si fa il suo bravo giro dell’universo finché non riesce a finalmente a interpretare la Mappa che lo porta nel pianeta in cui 200 anni prima un Adamo è stato ibernato. Tutto sembra andare per il meglio, la principessa sveglia il principe azzurro… che però si rivela ben presto un perfetto stronzo e da lei non ne vuole mezza! Neanche per inseminazione artificiale, crescere i figli tuoi, pouah! Sei chiatta. L’umanità finirebbe con questo tragico dramma dell’incomunicabilità.

Poco male perché nel corso delle sue peregrinazioni, Eva ha capito che la lucertola di Sirio le vuole bene veramente e darebbe anche una zampa per lei (non è un modo di dire, a un certo punto le dà davvero una zampa, sperando che ricresca ma non è detto). Ha già cominciato a leggere Shakespeare, Pet Sounds invece non lo sopporta ma non si può pretendere. Felici e contenti scivolano nel melting-pot galattico (senza più ambizioni di fondare popoli, ma consapevoli che ogni casa, pianeta o astronave ospitale è già un popolo bastante, che le tradizioni vanno inventate più che rispettate, e altre massime da fine romanzo).

E lo stronzo? Si fa beccare dai clonatori, e in breve abbiamo un Pianeta degli Stronzi che è tipo lo Zoo di 105 su scala planetaria. Si estinguono in breve con una provvidenziale guerra atomica.

È ovviamente uno spunto che si trascina dai tempi in cui si girava l'Europa con la sensazione di essere una civiltà a se stante. L'eroina ha tic tipici dell'Erasmus, si sveglia con un desiderio di caffè ma l'ultima moka è andata distrutta tre secoli prima, ecc.. Se pensate abbia un suo senso potete votare per L'ultimo uomo nell'universo, che oggi se la gioca contro La fine del mondo (dei procioni)Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Fiume 1920, l'immaginazione al potere

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Tra un po' sarà il centenario, forse ne vale la pena. Nel ’19, mentre l'Europa si rigira ancora sbigottita dopo il più grande macello di tutti i tempi, un poeta un po’ fuori moda, autore di best-seller ed eroe di guerra, occupa con un manipolo di reduci fuori di testa la città di Fiume (Rijeka), che i diplomatici seduti al tavolo dei vincitori sono ancora incerti se assegnare al regno d’Italia o a quello appena nato di Slovenia Croazia Serbia e Montenegro (che qualcuno chiama col buffo nome "Jugoslavia").

Mentre i politici cercano di metterci una pezza, la ridente cittadina adriatica scivola nel delirio liberty del suo improvvisato dittatore, che inventa tante cose destinate a lasciare il segno, ad esempio i discorsi al balcone, il culto della personalità, l'eja eja alalà. D'altro canto Gabriele D'Annunzio, perché è di lui che stiamo parlando, sa che di discorsi alati non si vive, e cerca finanziatori. Li trova tramite quel giornalista ex socialista a cui l'Ansaldo finanzia ancora il quotidiano, Benito Mussolini. Quest'ultimo per copertura organizza una sottoscrizione, ma è scettico, teme di rimanere fregato. D'Annunzio gli propone cose folli, ieri abbiamo marciato su Fiume, domani marceremo su Roma! Seh, su Roma, figurati, ci massacrano ad altezza Orte. Non capisci, ormai lo Stato liberale è disgregato, lo dice anche quel sovietista torinese, come si chiama... Uh, buono quello.  

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

Ma è solo l'inizio. Quando si accorge che i negoziati vanno per le lunghe, e che anche Mussolini è favorevole a una situazione di compromesso, D'Annunzio trasforma Fiume in uno Stato indipendente, comincia a stampare francobolli, legalizza il giuoco d'azzardo e, cosa più sconvolgente di tutte, si butta a sinistra: riconosce, primo stato al mondo, la Russia dei Soviet. Nomina capo del governo un sindacalista rivoluzionario e redige con lui una costituzione che Trotskji trovò interessante. "Fiume è diventato un postribolo, ricetto di malavita e di prostitute più o meno high-life" [Turati]" Vi accorrono criminali internazionali e le spie a cui la pace ha tolto il posto di lavoro. Sono tutti variamente impazziti: sono sopravvissuti alla guerra più orribile e non sono nemmeno sicuri che sia finita. La rivoluzione è data per scontata, inevitabile; probabilmente sarà bolscevica ma anche anarchici e legionari l'attendono con trepidazione. D'altronde se D'Annunzio può fondare uno Stato, allora qualunque cosa, no?

Poi se lo volete più Pynchon me lo dite e lo facciamo più Pynchon, si può fare di tutto. Attilio è un ragazzo dello ’00, di quelli che hanno mancato la leva per un pelo, e in pratica hanno solo il rimpianto di essersi persi la gloriosa cavalcata di Vittorio Veneto. In più suo fratello maggiore Bernardo era un Ardito, uno delle truppe speciali che strisciavano nelle trincee dei crucchi e li strangolavano nel sonno, in teoria. Lui sì che è un vero uomo. Ma dopo Vittorio Veneto non si è più fatto vivo a casa. Morto non è, perché continua a spedire le sue cartoline sgrammaticate da Verona, Milano (forse c’era quando hanno dato fuoco alla sede dell’Avanti)… l’ultima cartolina è timbrata Fiume. Attilio, che di suo è già purtroppo un estimatore del Piacere e delle Laudi, decide di raggiungere il fratello.

A Fiume incontrerà gente delle più strana. Sono mutilati, traumatofili, si accoltellano per passarsi il tempo, una marchesa va in giro vestita da Ardito col pugnale. Gira anche un po' di coca, ma è la guerra la vera droga di cui tutti sono in crisi d'astinenza, la presa di Fiume è solo un succedaneo. A un certo punto arriva Marinetti con un volante in mano - ha cappottato strada facendo, per lui è una cosa naturale. È appena appena un po' più fuso degli altri, in preda a ossessioni erotiche incontenibili maturate tra fronte e ospedale. Un gran parlare della trincea come di una festa di fine di mondo in cui ogni tanto qualche tuo amico esplodeva. Bei tempi, ma torneranno.

Quando finalmente incontra il fratello, Attilio ne resta turbato. All'apparenza è il più tipico miles gloriosus, la sua guerra sembra consistita nello sfoggiare il fez e sparare su fantaccini in fuga. Ma sotto la maschera si intravede un mostro in preda al panico. Che cosa combinerà nella città dove tutto è possibile? Riuscirà D'Annunzio a finire l'avventura in bellezza senza farsi male? Riuscirà Mussolini a rivendere l'idea della marcia su Roma come sua? Per saperlo non avete che da votare per Fiume 1920! Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che il pezzo vi è piaciuto. Eja ej... ehm... grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto).
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Ognibene alla corte di Claudio Augusto

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...portentum eum hominis... nec absolutum a natura, sed tantum incohatum.

Ogni uomo si sente capace di giudicare la propria epoca, come se fosse possibile tenersene alla giusta distanza: come se fosse possibile rifiutarla per sostituirla con un'altra qualsiasi.
Ognibene, che è stato in tante epoche, e di tutte conserva il ricordo, lui sì potrebbe prendersi la responsabilità di dare giudizi e di preferirne una all'altra: ed invece più d'ogni altro il nostro eroe sembra trovarsi in difficoltà. I brandelli di storia che pure vive in prima persona, egli non riesce a comporli in un quadro che sia a malapena leggibile. Le cose sembrano accadere indipendentemente dalle cause e dagli effetti che noi uomini attribuiamo loro: o forse esistono queste cause e questi effetti, ed esistono anche precise equazioni: ma sono di quarto o centesimo grado, e Ognibene non può risolverle.

Diciamo allora che il nostro si trova in viaggio sulla via Aurelia, a cavallo del figlio di un senatore romano. È l'autunno dell'anno dei consoli Asinio Marcello e Acinio Avola, in un secolo di autunni miti e dolcissimi. Ognibene sta ritornando a Roma dopo un soggiorno di anni trascorso su un'isola ai bordi del mondo e dell'impero, che sarà magari un giorno il nuovo centro del mondo e dell'impero, ma questo chi potrebbe immaginarlo? È tornato per farsi un bagno decente e un'orgia come si deve, e quattro chiacchiere con qualcuno un po' civile: per incontrare magari Seneca (non che ci tenga tanto), per piangere di nascosto sulle ceneri disperse della dolce Messalina. Ma soprattutto è tornato per fare rapporto all'Augusto Imperatore sulla nuova provincia di Britannia: e poi - e questo è l'unico vero motivo - per vederlo morire.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

A Roma stavolta Ognibene non ha avuto molta difficoltà ad arrivare. Si è semplicemente messo su una strada, e ha seguito la corrente. All'inizio sembrava difficile: per giorni magari non si vedeva che un carretto, lungo sentieri e mulattiere delle regioni più sperdute. Poi, man mano che ci si avvicinava, il traffico aumentava sempre più. Già a Grosseto la fila dei carri è ininterrotta; ma l'Urbe comincia molto più in là, quando le strade congestionate esplodono, là dove carri e carovane fermi l'uno addosso all'altra, hanno messo le radici: Roma è questo ingorgo colossale.

(Questo devo aver smesso di scriverlo quando ho scoperto che Robert Graves ci aveva già scritto sopra ottocento pagine).

Ognibene non può fare a meno di notare che, se tutte le strade portano a Roma, nessuna sembra uscirne: come se l'Urbe non fosse il punto di partenza dell'impero, ma il punto d'arrivo: non caput ma sfintere, il Foro nel quale precipitano tutte le mercanzie d'oriente ed occidente: dove non si produce più nulla, e tutto deve consumarsi. Salito su un colle in periferia, domandato a un pastore con finta ingenuità di quale dei sette colli si trattasse, si sente rispondere che non è né il settimo né il settantasettesimo, ma solo un mucchio di detriti e cocci rotti sui quali è già cresciuta l'erba. Nelle anfore di tutto il mondo arriva il vino alla Città: ed essa non ne rende nemmeno i vuoti.

(Probabilmente il senso di tutto era il profilo di Claudio, l'imperatore che governò tra il nipote Caligola e il figlioccio Nerone, figura patetica e titanica assieme, un disabile che cerca di tenere assieme un enorme impero perché è sempre meglio lui di certi pazzi che ha visto al governo. Ha davvero fatto finta di essere uno scemo per essere incoronato, o è scemo davvero? O entrambe le cose?)

"E che c'è di nuovo in Città, ditemi."
"Di nuovo, in città? Mah. Acqua e grano, finché dura, non ne manca: e alle bighe vince parecchio il Verde. C'è stato un grosso temporale nove giorni fa, e un fulmine ha colpito una statua."
"Una statua?"
La tomba di un uomo importante, un Dio forse: ma non gli sanno dire quale. Le notizie vanno lente e si confondono nella città enorme. Davvero, pensa Ognibene, non lo diresti ma è infinita una città di un milione di abitanti quando ci si può spostare a piedi o - ma la sera soltanto - a cavallo. Quando i palazzi più arditi arrivano al terzo piano, e chiunque tenga alla pelle si cerca un appartamento al piano terra. È un mare, un mare d'argilla e pietra, e ti costa ore attraversarlo... "La Città di marmo" pensa Ognibene: "Il Divo Augusto aveva innalzato una dozzina di tempietti e pensava di aver lasciato la Città di marmo". Non aveva gli occhi per la città di fango che si ingrossava ad ogni orizzonte. Come sono inadeguati gli uomini, anche i più capaci, anche gli Dei.

(Se ci sono errori storici non prendetevela con me, ormai sono un'altra persona).

Più in là gli sapranno dire che il fulmine ha centrato precisamente un mausoleo di un Cesare: ma quale? Ce n'è tanti. Di Germanico Cesare, si dice: il potente e buon Germanico. E non è stato un temporale, è stato un lampo a ciel sereno: pessimo auspicio! Macché, dicono altri che paiono meglio informati: pioveva come piace a Giove, e il mausoleo è poi l'altare di Tiberio. Oh, perché c'è un altare di Tiberio adesso a Roma? Non aveva la plebe precipitato il cadavere del vecchio bavoso dalla rupe tarpea? Ma già, s'intende, balbettano, noi non parlavamo mica di quel Tiberio lì, ma di coso, di... come si chiama: Druso, ecco. Finché, per farla breve, Ognibene non decide di farsi portare lì a vedere di chi si tratta veramente: siamo nel Centro, ormai.

"Ah, ecco, volevo ben dire: è Druso."
"Certo che è Druso: non te l'avevamo detto, noi?"
"Sì, ma non Tiberio Druso, che poi è Claudio Cesare Augusto: questo qui è suo padre Germanico."
"Ah no, questa no. Noi lo conoscevamo il buon Germanico, e non c'entra niente con questo qui."
"Ma è suo padre, ignoranti. Voi lo confondete col padre di Caio, il fratello maggiore di Claudio Augusto, che poi è Germanico pure lui. Possibile che ne debba sapere più io di voi su queste cose?"

Ma Dei immortali, di chi è mai la colpa? Certo, si sarebbe dovuto organizzare un po' meglio questa dinastia. È impossibile non fare confusione. "Secondo me quando poi salgono all'Olimpo, nemmeno là ci si raccapezzano più: un altro Cesare? Un altro Tiberio? Un altro Claudio? Sul serio, a pensarci: perché dovrebbe impegnarsi tanto a distinguerli, Giove Padre? E forse gli è già successo di fare qualche confusione. Dice:"Molto bene, è tempo che i romani abbiano un nuovo imperatore. Ma un tipo buono, serio, posato, che c'è n'è gran bisogno. Mercurio, vieni qui. È tempo che venga eletto a Roma Tiberio Claudio Germanico." E Mercurio: "Ma Giove Padre, sei proprio sicuro?" "Certo che sono sicuro. Un uomo buono, serio, posato: Tiberio Druso Claudio Germanico. O osi discutere i miei ordini? Vuoi assaggiare la mia folgore, dì?" E Mercurio scappa via le ali ai piedi: chi glielo spiega a Giove che si è confuso, che volendo procurare a Roma un buon imperatore, ha nominato per sbaglio un povero fesso?

Diventi empio, Ognibene: bestemmi gli Dei. Non eri così sbarazzino lassù tra i cassivellauni, dove Essi hanno nomi terribili da bisbigliare in segreto, e al legato romano di turno conviene chiudere un occhio o due quando il druido viene ad avvertirlo che al prossimo plenilunio è previsto un sacrificio umano... e certo, bisogna ammettere che Giove Padre è un amicone, dopo anni passati a guardarsi da Belenos. Eppure è preoccupante questa tendenza a non prendere più sul serio l'Olimpo.

(In punto di morte Claudio spiegava che non vale la pena sforzarsi. La gente non vuole governanti ragionevoli, vuole pazzi maniaci e divertenti alla Caligola, alla Nerone. Era tutta una storia su Berlusconi insomma. Se vi interessa ancora potete votare per Ognibene alla corte di Claudio. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto).
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Giuseppe che nascondi nell'armadio

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Questo è il delirio di una notte, però noto che i cold case continuano a piacere, almeno in tv. In Toscana ogni tanto scompariva un ragazzino. Lo sapevano tutti, ma nessuno sapeva niente. Un laureando in legge prova a mettere in fila tutte le sparizioni tra Versilia e Mugello scoprendo una cosa inquietante: il primo bambino sicuramente scomparso aveva 10 anni. Due anni dopo ne era sparito uno di 12. Due anni dopo uno di 14. E così via. Di questo ritmo, ormai dovrebbero scomparire dei quarantenni. E magari scompaiono davvero, ma nessuno li ricollega alla catena. Il laureando decide di indagare, o meglio non riesce a impedirselo. All'inizio non si rende nemmeno conto del pericolo: sembra tutta roba da archivio. Emeroteche, microfilm, la maggior parte degli indagati sono morti.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

A ogni sparizione, i carabinieri interrogavano i soliti sospetti. Mangiafoco, un ex partigiano di Vicchio, artista itinerante con precedenti per molestie famigliari. Un pescatore di Viareggio con un ritardo mentale, su cui in paese si raccontavano sinistre storie di antropofagia (trovarono una clavicola nel suo pattume). Una coppia di truffatori di mezza tacca che battevano la provincia fingendosi operatori della compagnia del gasse. Lucignolo, un balordo dedito allo spaccio sin dalla prima adolescenza, ma troppo inaffidabile per far carriera. Tutta gente entrata e uscita di galera a cui sono state rimproverate attenzioni nei confronti dei minorenni. Di questi, almeno Lucignolo è ancora vivo e rintracciabile. In teoria disintossicato, lavora in un allevamento bovino a pochi chilometri dalla casa dei genitori del laureando che, ormai ossessionato, comincia a frequentare il bar dove da piccolo lo aveva visto passare. Un pomeriggio lo incontra, gli offre da bere, e in cambio ascolta la storia sconnessa di un Omino che portava i bambini in un posto apparentemente bellissimo e poi li uccideva e ne vendeva i pezzi. Lucignolo stesso da bambino era stato catturato dall'Omino, ma era stato risparmiato perché non vergine, ed era diventato un suo aiutante.

Sembra una favola - e il laureando ha la sensazione di averla già sentita - ma il "posto bellissimo" ha un indirizzo. In via Teatina, a Firenze, forzando il lucchetto di un seminterrato (su una parete, una scritta misteriosa e inquietante: Non voglamo più schole), si infila in un cunicolo che lo conduce a una specie di sala giochi di trent'anni prima: calcioballilla, flipper, giornaletti zozzi. Il laureando sa di aver trovato un nascondiglio dove uno o più pedofili attiravano le loro vittime, ma si domanda quanto questo abbia a che fare con il suo caso.

Decide finalmente di andare dai carabinieri. Spera che gli diano ascolto, tanto più che il colonnello Melampo, che aveva indagato (male) sulla maggior parte dei casi, è scomparso di recente. Purtroppo il suo sostituto è un gorilla ottuso che lo minaccia di mandarlo in galera se non si fa i fatti suoi. A questo punto l'unico che può aiutarlo è il Grillo, un ex cronista della Nazione che aveva seguito i casi con un certo scrupolo. Ma il Grillo di tutta la storia non vuole più sentire parlare. Conosce Lucignolo, ma la storia del traffico d'organi lo fa sghignazzare: del "posto bellissimo" ha sentito parlare, l'Omino era effettivamente un pedofilo ma non uccideva le sue vittime.

"E come fa a saperlo?"
"Non ti preoccupare delle cose che so io. Ma la Fata di Scandicci la conosci?"
Vagamente. È la titolare di un bio-agroturismo che nel tempo libero celebra riti pagani. Anche lei qualche precedente per circonvenzione di incapace. Il laureando scopre che a un certo punto aveva truffato una coppia di ingenui, un po' avanti con gli anni, persuadendoli che poteva fare in modo che loro avessero un figlio - quel che rendeva grottesca la faccenda era che la partner, "Ciliegia", fosse un transessuale. La storia potrebbe andare avanti così e qualcuno spero che abbia capito il meccanismo; alla fine di tutto c'è senz'altro un signore sulla quarantina dalle parti di Pescia che custodisce in un armadio una marionetta di legno. Ma se volete capirne di più non vi resta che votare per Che nasconde Giuseppe nell'armadio. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.

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La prigioniera nella torre

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Ma voi forse avete voglia di frustini e manette - è quello che fa andare avanti la letteratura oggi, no? E chi siamo noi per tirarci indietro? Avanti coi frustini e le manette.

Yris è scomparsa dieci anni fa (ne aveva 11), senza lasciare nessuna pista credibile. Anche a Chi l'ha visto ormai non sanno più cosa raccontare. Una giornalista di costume (più o meno la stessa dei Cinque dopo Genova), con scarsa familiarità per la cronaca nera, inciampa sul suo caso mentre sta lavorando a un servizio sul sexual roleplay. Chiacchierando amabilmente con un fabbro molto specializzato, viene a sapere che c'è un tizio che vive in un castello a pochi chilometri da dove sparì Yris, un nobile spiantato, che è il suo miglior cliente, e non solo il suo: collari e manette, ma anche sistemi di sicurezza a circuito chiuso, "A casa sua c'è una cazzo di Alcatraz in miniatura". Ma se c'è un'alcatraz, ci dev'essere anche una prigioniera. Non vale la pena indagare? Dai e dai, la giornalista riesce a solleticare la curiosità di un inquirente (e tra i due c'è anche del tenero, anzi del torbido, con tanto roleplay).

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Yris in realtà vive in una cella a centinaia di chilometri di distanza da quando - dieci anni prima - fu adescata in una chat da un maniaco, un signor Nessuno assolutamente insospettabile, sposato con figli e una cantina di cui lui solo ha le chiavi. Dopo un po' però anche il più suonato dei lettori dovrebbe rendersi conto che dei due la più sociopatica è Yris. Odiava i genitori (separati), aveva mandato all'ospedale una compagna di scuola.

Il signor Nessuno la ha liberata dalla famiglia e dalla scuola, realizzandone le fantasie di hikikomori, regalandole tutto quello che ha sempre sognato: una cantina blindata e insonorizzata in cui farsi per sempre i fatti suoi; libri, playstation - e di sgamo Yris è riuscita anche a connettersi a internet: ha un profilo facebook e lo usa per scrivere creepypasta e spaventare a morte i bambini. Inoltre è diventata la più grande esperta vivente di Edgar Allan Poe o di qualche altro scrittore meno banale, i suoi interventi critici sono apprezzatissimi nel circuito accademico.

Il sig. Nessuno è roso dai rimorsi (ma è anche seriamente innamorato di una ragazza che gli fa credere di essere stata plasmata da lui). Ha anche qualche debito e non può più permettersi un pied-à-terre e il mantenimento di una schiava. Decide di liberarla, ma lei punta i piedi e minaccia di ricattarlo. Preso in un vicolo cieco, Nessuno comincia a progettare l'omicidio. Ma a questo punto le due trame si intrecciano perché non lo saprete mai se non voterete per La prigioniera nella torre. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.

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Capodanno

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Questo è molto antico - ispirato a un capodanno del secolo scorso - e ha l'aria di essere uno spunto per un lungometraggio. Non ricordo bene, ma a un certo punto qualcuno mi chiese se avevo dei soggetti per un film, o forse lo chiese a qualcuno che conoscevo, insomma io me ne uscii con qualche roba del genere, e ovviamente nessuno mi ha più chiesto nulla.

O. è neolaureato, fa il servizio civile. Il 31/12, mentre si annoia in servizio, si imbatte in una conoscente 45enne (amica della madre? ex insegnante? boh). Divorziata di recente. O. odia il capodanno come tutti, ma l'idea di non avere nessun invito, nessuna festa a cui andare, un po' lo spaventa. Impietosita la sorella (un paio d'anni più grande) lo invita a una cena. In auto ascoltano il discorso del presidente, un invito alla responsabilità, ecc ecc. Alla cena, in una corte di campagna, incontra alcuni personaggi, tra i quali:

— Un tizio di età indefinibile, bassino, stempiato, barba rossiccia, in poltrona. Sarcastico fino alla misantropia/misoginia. Si mostra interessato delle vaghe referenze di O.: ha degli amici (all'università? nell'editoria?), può dargli una mano con la carriera…
— Fidanzato della sorella, tizio scontroso. Forse la mena.
— Ragazza matricola all'accademia d'arte, ancora con l'apparecchio ortodontico, entusiasta di qualsiasi cosa.
— Coetanea praticante in uno studio legale.
— Allegri compagnoni. A un certo punto della serata tirano fuori non la playstation, ma cose più vintage (Pong).

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La festa ha un rapido decorso. Si mangia, si beve, si discute di cinema, si sentono cose abbastanza bestiali (Kubrick è lento, Fellini ridondante, ecc). A mezzanotte si stappa, O. si assenta per telefonare alla 45. Sa di trovarla sola. Poi si balla scalzi su un tappeto, a un certo punto O. è avvinghiato alla studentessa d'arte. Più tardi sullo stesso tappeto O. e la coetanea laureata in legge si confidano i timori sul futuro. Cresceranno? Sembra inevitabile, eppure non sanno come fare. La maturità è stata recapitata senza istruzioni.

Verso le cinque i convitati residui si gettano dove capita. O. si ritrova sotto le coperte con sua sorella e l'avvocatessa.

— In un sogno i colori si sono spostati verso lo spettro disney: Il bagno, per esempio, è azzurro pastello, e O. vomita vernice gialla. I resti del banchetto sono enormi. Qualcuno gioca ancora a Pong. Nessuno può andarsene prima di aver sparecchiato. Pesa su tutti la consapevolezza che nessuno sparecchierà mai. La casa è una trappola.

— Poi invece si risveglia, si riassetta in un bagno normale, esce in macchina, ricomincia la vita. Due giorni dopo invita l'avvocatessa al cinema. All'uscita incontra la 45enne col bassino sarcastico, che chiede come vanno gli affari. Sale in macchina, accende l'autoradio, c'è di nuovo il discorso del presidente. E al suo fianco c'è la 45enne. L'avvocatessa dov'è? Angoscia, risveglio. È al suo fianco. È ancora capodanno.

— Un anno dopo, O. ritorna allo stesso casolare. La matricola ha tolto l'apparecchio. Vanno nuovi suoni, nuovi abiti, è difficile raccapezzarsi. O. ha un'avventura con lei; in breve vanno a vivere in un casolare, cani. Al matrimonio rivede l'avvocatessa che ora sta con un uomo (tipo scontroso, forse la mena). Al buffet, il bassino propone di comprargli l'anima. Quando la ragazza partorisce, O. l'abbandona in ospedale e si barrica in un ascensore. Chiude gli occhi e si risveglia al solito Capodanno.

— Qualche anno dopo, O. è un professionista di successo, anche se ai consigli d'amministrazione si gioca a pong. Sta divorziando dall'avvocatessa, che gli succhierà ogni stilla di sangue; ha una storia con la ragazzina, che è insopportabile. A volte la mena.

— Infine si sveglia e riporta la sorella a casa. Cerca di spiegarle i suoi sogni. Per strada, un incidente, una macchina bruciata: dentro c'erano tre allegri convitati e la ragazzina (nell'autoradio, ancora il Presidente). La sorella vomita vernice gialla. Arrivano i soccorsi.

A casa i genitori hanno dato una festa: caos ovunque. Verso sera la 45enne telefona. O. esce a incontrarla e per strada incontra il bassino, che gli propone un lavoro interessante. Poi al cinema incontra l'avvocatessa e la saluta, fingendo di essere lì da solo. La 45enne capisce e lo lascia da solo davvero. Buio in sala, titoli del film. In sottofondo una recensione scema.

Vabbe', insomma, ci si può lavorare. Mi farete sapere votando per Capodanno. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.

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I cinque dopo Genova

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Cinque ragazzi – 25 anni nell’estate 2001. Stanno finendo l’università. Grandi attese. Si ritrovano a giugno a cena in terrazza e decidono di andare a Genova per il g8, un po' perché un altro mondo è possibile un po' perché minchia, bordello, Genova è il simbolo, se non ci vai sei un coglione. Vengono tutti coinvolti negli scontri. Immediatamente dopo si perdono di vista.

Nel giro di 10 anni sono diventati tutti stronzi. Cos’è successo? C’è un’organizzazione segreta che si occupa di trasformare in stronzi i virgulti della società? Se chiudono gli occhi e provano a immaginare quella cena, c’è sempre una zona d’ombra. Sicuro che fossero in cinque? Il tavolo era da sei.

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Artista. A Bolzaneto ha un orgasmo mentre viene molestato (“A Ge ho scoperto il sesso”). Ha incubi frequenti, crede di ricordare attenzioni moleste da parte del padre nella prima infanzia. Fallisce un vernissage perché rifiuta di proseguire una relazione col critico che lo aveva scoperto. Viene poi assurdamente assunto nell’ufficio stile di una griffe di magliette, le disegna brutte apposta con scritte trasgressive in strass (lo so, ma la prima volta che ho abbozzato questa roba si vedevano ancora in giro, giuro).

Avvocato. Entra nel Legal Forum durante il praticantato, ma sta solo aspettando il concorso da magistrato perché vuole arrestare i mafiosi - Falcone, Gherardo Colombo, quel tipo di immaginario. Durante una carica ha una crisi di panico e scappa abbandonando gli amici (“A Ge ho scoperto la paura”). Si sposa presto - il concorso lo vince, ma al primo rischio di esporre la famiglia molla tutto. Diventa l’avvocato di un boss che è indagato per una serie di incendi dolosi.

Giornalista. Laureata in scienze dell'educazione, arriva a Genova con un collettivo femminista, ma scrive già per un foglio locale. Aggredita da un poliziotto, dopo le cariche riesce a iscriversi all'Albo e in capo a cinque anni ha una rubrica su un quotidiano nazionale. Scrive qualsiasi cosa piaccia al direttore di turno (“A Ge ho scoperto il potere”).

Medico. Alle Diaz un poliziotto gli ha spappolato la milza. (“A Genova ho scoperto la violenza”). Dopo un’esperienza nauseante in ginecologia (è l’unico non obiettore) sprofonda in un Pronto Soccorso, dove un giorno stende un extracomunitario che pretendeva di farsi curare gratis (ora che ci penso la storia cominciava appunto con un nero ubriaco che si prende un pugno in una sala d'aspetto). Viene messo in aspettativa e comincia a riflettere.

Scrittore. Ha assistito ai due giorni di scontri senza mai riuscire a capire cosa stava succedendo. (“A Ge ho scoperto il caos”). Dopo Genova entra in una società di produzione e comincia a collaborare al serial “Passioni”, in attesa di scrivere un romanzo che non comincia mai.

Dunque la storia cominciava con questo medico che al termine di un doppio turno al pronto soccorso rompe il naso a un africano e torna a casa. Non riesce a dormire (è mezzogiorno), allora decide di chiamare il suo amico avvocato - che poi non è più suo amico da un pezzo, e anche al telefono si fa negare, ma è l'unico avvocato che conosce. Mentre si domanda come sia stato possibile frequentare uno stronzo del genere per tanti anni, comincia a pensare a quella famosa cena che fu molto divertente - c'ero io, quello, quella, e poi... c'è un buco, non riesce a ricordare chi fosse il sesto a tavola. Come a volte avviene quando piuttosto di pensare ai tuoi guai ti fissi sulla prima cazzata, il medico non riesce a darsi pace di questa lacuna. Decide di chiederlo agli altri, ma non ha nemmeno più i numeri di telefono (un furto al pronto soccorso). Compra il giornale perché forse c’è la mail della giornalista (vecchia fiamma mai corrisposta). C'è un suo trafiletto in cui fa ironia su uno scrittore che denuncia i roghi dolosi: bello fare l'eroe, ma dovrebbe anche trovarsi una ragazza. Perplesso, lascia una mail.
Accende la tv per guardare Passioni, suo piacere proibito. C’è una ragazza messa incinta da uno stupratore seriale tossicodipendente che ha grossi problemi di salute ma ciononostante, ci mancherebbe, vuole tenere il bambino. Il medico ha la nausea, ma gli viene in mente che il suo amico che scrive questa puttanate gli deve un favore e che è facile trovarlo a un certo bar.
Il giorno dopo si ritrova in commissariato per fornire la sua testi sull'increscioso episodio accaduto il giorno prima. Mentre aspetta che il poliziotto metta giù il telefono, tra i calendari e i gagliardetti appesi alla parete trova un ricordo di Genova, un attestato. Il tizio è molto competente e comprensivo: gli spiega che l’extra non ha fatto denuncia, ma è manovalanza di un clan impiegato nel racket. Quindi deve stare molto attento e richiamare alla prima intimidazione.
Al bar trova lo scrittore. È distratto ed evasivo. Sta lavorando a un dramma su Genova, un poliziotto e un manifestante. Non ricorda chi fosse il sesto a tavola.

Questo non era proprio alla mia portata - troppa contemporaneità - ma credo di aver smesso perché suonava falso. I ventenni tornati da Genova non sono passati dalla parte del Sistema - magari qualcuno ci ha pure provato, ma il Sistema aveva già i suoi guai a trovare un posto a tutti i figli suoi. Comunque se pensate di dargli una possibilità dovete votare per I Cinque dopo Genova! Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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La disastrosa eruzione dell'Eyjafjöll

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Immaginatevi altrimenti una giornalista su un transatlantico che sta per vomitare. Dov'è la notizia? È che i giornalisti non vanno più sui transatlantici da un pezzo. Stanno perlopiù in ufficio a scorrere le agenzie. Siamo a metà del XXI secolo, la gente ormai viaggia il meno possibile, dopo la spaventosa eruzione del
vulcano Eyjafjöll sotto il ghiacciaio dell'Eyjafjallajökull. Vi ricordate l'Eyjafjöll? Già nel 2010, sparando cenere nella stratosfera, ha fatto chiudere lo spazio aereo europeo per qualche giorno. Beh, stavolta la nube di ceneri ha interrotto i collegamenti aerei su tutta la terra per... quindici anni.

Secondo gli esperti ormai la cenere si sarebbe diradata, ma nessuno osa alzarsi in volo per controllare. L'interruzione dei collegamenti aerei ha ancorato l'umanità al suolo. Anche i trasporti marittimi sono progressivamente diminuiti: il mondo si è diviso in quattro o cinque blocchi continentali autosufficienti. Ogni blocco ha preso drastiche misure per ridurre l'emissione dei gas serra, già ispessiti dalle emissioni dell'Eyjafjöll (a dire il vero secondo alcuni l'eruzione avrebbe dovuto scatenare un'era glaciale, e a salvarci dall'inverno perenne sarebbero stati proprio i gas serra. Gli scienziati sono divisi, non si sa a chi dar retta).

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

La crisi ambientale ha portato ogni blocco ad adottare sistemi di pianificazione economica che hanno stabilizzato l'andamento demografico e drasticamente abbattuto la disoccupazione - anche se tutti vivono nel ricordo di un Età dell'Oro in cui i nonni consumatori dissipavano allegramente ogni risorsa, senza nemmeno differenziare i rifiuti. In generale, se non hai la fortuna di far parte della casta burocratica, il tuo tenore di vita è inferiore a quello dei tuoi nonni. Gli organi di stampa sono sotto lo stretto controllo dell'autorità; anche la libera circolazione dei contenuti su internet è più illusoria che reale (tanto più che nessuno può più prendere un aeroplano e controllare se la tal cosa in Cina o in America è successa davvero) e una giornalista su un transatlantico sta per vomitare.

Un'idea folle l'ha spinta a imbarcarsi sull'unica nave che collega l'Islanda al continente. Vuole vedere l'Eyjafjöll coi suoi occhi, e non attraverso le foto e i filmati che da anni rimbalzano sulla rete. Dopo aver notato che le immagini disponibili in rete sono più o meno sempre le stesse, ha deciso di sfidare la mentalità che vuole i giornalisti solidamente ancorati nei loro uffici, e si è imbarcata per i confini del mondo, dove l'attende una sorpresa.

Ve la dico?

L'Eyjafjöll non è attivo. Forse non esiste nemmeno (in effetti, come fate a essere sicuri che esiste l'Eyjafjöll? L'avete visto?) L'eruzione del vulcano è solo una scusa per interrompere i trasporti aerei e instaurare un'epoca di decrescita non necessariamente felice. La consorteria internazionale che manovra il mondo si è decisa a questa messa in scena dopo l'esperimento del 2010 - l'idea in realtà era venuta a uno degli affiliati dopo l'11 settembre, quando l'interruzione improvvisa di tutti i voli in Nordamerica aveva portato a immediate variazioni nella temperatura. Ma la chiave dell'operazione era l'aspetto psicologico: eliminando i voli di linea, l'umanità aveva rinunciato alle vie di fuga e si era concentrata sul suo orizzonte. Svelare l'impostura significa sovvertire il faticoso equilibrio che stava salvando il mondo. Ne vale la pena?

Questo ovviamente è datato 2010. A un certo punto è stato un abbozzo per l'Ennesimo libro della fantascienza, poi è scomparso dal radar. Nessuno si ricorda più dell'Eyjafjöll, e di quanto fosse azzurro il cielo mentre tutti i tg dicevano che era impossibile alzarsi in volo. Ma se volete che ci lavori un po' di più, non avete che da votare per La disastrosa eruzione dell'Eyjafjöll. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Tutto quello che sai è vero!

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Questa mi sembra ancora attuale. Un laureando in antropologia del XXV secolo è tutto contento perché è finalmente riuscito a convincere i suoi relatori a leggersi una tesi sul "Complottismo negli anni immediatamente precedenti alla Terza Guerra Mondiale" (cioè i nostri). Non è facile laurearsi sul XXI secolo, perché è uno dei più studiati in assoluto e gli insegnanti non ne possono più, come Pasolini a Lettere. Ma questo laureando è riuscito a far fruttare la sua attrazione morbosa e metodica per un aspetto poco conosciuto del periodo: le ipotesi di complotti globali che affiorarono dopo il 2000 in modo assolutamente improvviso e virale. Le scie chimiche, la fobia antiHAARP, il signoraggio: chi ha inventato questo mare di puttanate? Persone quasi sconosciute, giornalisti burloni o mitomani in buona fede. Come spiega alla sua fidanzata (che lo lascia poco dopo, esasperata) questi signori nessuno sono gli ultimi misconosciuti profeti dell'umanità: gli ultimi ad aver intercettato la regione più misteriosa dell'immaginario collettivo, quella più riottosa a ogni sforzo di razionalizzazione. I complottismi dei primi anni Duemila sono stati gli ultimi tentativi dell'umanità di lanciare una nuova religione che assorbisse i traumi del momento: il riscaldamento globale, la globalizzazione economica, ecc.. Dopo di loro ci fu la guerra (che fu orribile, ma di cui nella storia si parla solo per vaghi accenni), e poi... più niente di irrazionale. Ma neanche niente di interessante.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

Da bambino in una soffitta aveva trovato tutta la saga,
da qui l'ossessione.
In effetti, man mano che la narrazione procede raccontando le ricerche del laureando e le sue frustrazioni sentimentali, il lettore dovrebbe cominciare a percepire che qualcosa non va. Siamo nel 2400 e - cognomi cinesi a parte - tutto sembra andare come ai giorni nostri, solo coi treni che partono in orario. Le persone si laureano, poi cercano lavoro e quasi sempre lo trovano; nel frattempo cercano un partner e, se proprio sono sicuri, quasi sempre ottengono dall'Autorità il permesso di riprodursi (mai più di una volta). Esistono diverse nazioni e federazioni, ma niente guerre. Anche la criminalità è molto diminuita, per via che si produce più o meno quanto si consuma e le possibilità di innalzarsi oltre il proprio segmento sociale sono probabilmente nulle (il laureando è figlio, nipote e bisnipote di laureati come lui). Ma soprattutto, la gente continua ad ascoltare i Beatles, a indossare magliette con le banane di Andy Warhol, a leggere la saga di Harry Potter e guardare i film con Schwarzenegger. Il periodo tra la Seconda e la Terza Guerra Mondiale è un'età dell'oro di cui la cultura popolare non riesce più a liberarsi - come la Grecia delle polis per i Romani. Le uniche opere interessanti contemporanee sono deliberati calchi di quelle prodotte tra il 1950 e il 2020. Persino i computer non hanno una potenza di calcolo molto superiore a quella degli ultimi laptop prodotti prima della Guerra. La spiegazione ufficiale è che la miniaturizzazione aveva raggiunto il limite quantico ecc. ecc. L'idea che circola è che la Stasi tecnologica e culturale sia il prezzo da pagare per evitare conflittualità e una guerra che sarebbe l'ultima. La situazione è tale che un amico stilista del Laureando sa già esattamente cosa andrà di moda di lì a cinque anni. "Ma la moda non dovrebbe essere imprevedibile?" "Quella vera". "In che senso?" "Nel senso che non c'è più moda da quattrocento anni, stiamo semplicemente ricopiando e rielaborando seguendo cicli che sono stati codificati dopo la guerra". "Quindi se quest'anno vanno di moda il nero, tu puoi dedurre che tra cinque anni spopola l'animalier?" "È più complicato di così, ma in sostanza sì".

In questo mondo congelato, il Laureando comincia ad avere la sensazione che qualcosa non vada. Come capita spesso, la tesi di laurea dopo un po' gli va alla testa. Comincia a vedere le scie in cielo e a domandarsi perché a volte gli aeroplani le lasciano e a volte no. Dopo aver intervistato un economista comincia a pensare che i signoraggisti non avessero proprio tutti i torti, e che il caos post-Bretton Woods sia stato il vero motivo che ha portato allo scoppio della Terza Guerra. La paranoia si fa sempre più potente, anche perché le delusioni amorose lo inducono ad abusare di sostanze ricreative. Finché qualche domanda troppo diretta a un pezzo grosso del Ministero dei Trasporti lo mette nei guai. Arrestato e detenuto per mesi senza un motivo, il Laureando ha un'illuminazione: tutti i complottismi che nel XXI secolo erano semplici sciocchezze prodotte e alimentate dall'inconscio collettivo, si sono realizzate. Nel XXV secolo gli aeroplani irrorano veramente l'atmosfera di sostanze che stabilizzano il clima e il desiderio sessuale. Dopotutto era un'idea geniale. C'è veramente un'installazione di antenne che produce terremoti - o meglio assorbe l'energia cinetica delle scosse e la libera periodicamente in luoghi deserti scelti all'uopo. Il Bilderberg nel XXI secolo era un semplice club dove si pagava un sacco per assistere a conferenze noiose, ma nel XXV è diventato il circolo degli illuminati che dirigono il mondo e impedisca che vada a puttane ancora una volta. Questo è quello che capisce il Laureando in crisi di astinenza da mescalina. Ma le cose saranno andate davvero così? L'unico modo per saperlo è votare per Tutto quello che sai è vero! Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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Gesù è il mio crononauta

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Sennò si potrebbe fare così. Un viaggiatore del tempo chiede udienza alla corte del potente re Erode. Ha un accento molto buffo, porta doni e spiega che viene da molto lontano e sta cercando Gesù di Nazareth. Chi?
"Il messia, dai".
"Buon uomo, di messia ne nascono tutti gli anni, non potrebbe essere un po' più preciso?"
"Eh, purtroppo sono sempre stato una schiappa a catechismo, comunque è un tizio che... dovrebbe essere nato qualche anno fa, a occhio... sua madre si chiama qualcosa come Maria, Miriam".
"È il nome più diffuso in Giudea".
"E suo padre Giuseppe, Iosef, Yussef".
"Andiam bene".
"Nato a Betlemme..."
"Ma non era di Nazareth?"
"Più o meno la stessa cosa, no?"
"No, straniero, non è affatto la stessa cosa, e tu evidentemente vieni da molto lontano".
"Ah, non sai quanto. Comunque si tratta di un tizio che tra qualche anno comincerà a far parlare di sé come il Messia..."
"Capirai".
"...il re dei Giudei..."
"Ehi ehi ehi, calma. Hai detto re dei Giudei?"
"Proprio così".
"Io sono il re dei Giudei".
"Ah sì? Buffo".
"E dici che è nato a Betlemme? Ma quando?"
"Qualche anno fa... non è che per caso è passata una cometa, qualcosa del genere..."
"È cascata una stella quattro anni fa".
"Bingo! Allora a questo punto ha quattro anni e... dovrebbe essere in Egitto, sì, questa me la ricordo".
"L'Egitto è da quella parte, straniero".
"Grazie per l'accoglienza!"
"Ma figurati, e grazie per i doni".

Appena lo straniero esce, Erode ordina alla sue guardie di ammazzare tutti i nati a Betlemme quattro anni prima, ché non si sa mai.

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

In realtà lo straniero non è che ci tenesse così tanto a incontrare Gesù. L'idea originale era uccidere Hitler o qualche altra banalità, ma i viaggi nel tempo non sono precisi come l'ascensore ché sai sempre esattamente a che piano ti porta. Diciamo che il margine di errore oscilla intorno ai 2000 anni, e lo straniero non è stato fortunato. Si è ritrovato nel bacino del Mediterraneo sotto l'imperatore Tiberio, ma era una schiappa anche in Storia antica e quindi l'idea di prendere il posto di Seneca e manovrare un paio di imperatori non lo ha nemmeno sfiorato. Il personaggio che ritiene di conoscere meglio di tutto il periodo è appunto Gesù, e così si è incamminato per la Palestina, con tutto l'oro che è riuscito a portarsi con sé nel cronotrasferimento, e che gli serve per le spese di ogni tipo (cibo, pernotto, battello, lezioni di lingua). Non potendo uccidere Hitler, ha deciso di uccidere Gesù e vedere cosa succede. (Lo straniero ha fatto l'asilo in un collegio di suore sadiche, da cui un giudizio abbastanza netto sull'essenza del cristianesimo). Gesù però è introvabile.

http://infinivert.com/2013/04/jesus-christ-time-traveler/
Deciso ad attenderlo, lo Straniero si stabilisce a Nazareth. Fa amicizia con una manciata di pescatori del lago di Tiberiade, a cui promette ricche ricompense se riusciranno a intercettarlo ("voi siete pescatori di pesci, ma dovreste pescarmi un uomo"). A un certo punto sembra averlo trovato in un tizio barbuto e cencioso che predica sulle rive del Giordano... falso allarme, è solo Giovanni Battista. Comunque prima o poi di lì il messia dovrà passare, quindi per rimanere nell'orbita dei discepoli di Giovanni decide di farsi battezzare. Il battista però lo squadra in un modo molto strano. "Beh?", gli dice, "Che stai aspettando? Fa' quel che devi fare, no?"

Da quel momento, alcuni discepoli di Giovanni cominciano a seguirlo. Lui per allontanarli comincia a raccontare storie senza senso, a fare il matto... niente da fare. Nel frattempo Giovanni viene arrestato per sedizione, e in Galilea molti cominciano a guardare allo Straniero come al suo naturale successore - non fosse per i minimi accorgimenti coi quali gli capita di confortare i malati che incontra, sterilizzando le infezioni e usando un minimo di buon senso per tranquillizzare i malati mentali. Siccome non ha nessuna voglia di farsi notare da Erode, scappa nel deserto. Lo vanno a prendere, lo portano su un monte e lo mostrano a una folla. Lui non sa bene cosa dire, si arrangia con quel poco che si ricorda del vangelo. Sta cominciando ad accettare il fatto che Gesù Cristo è lui. D'altro canto - ragiona - se io sono Gesù, per farla finita col cristianesimo basta che mi faccia ammazzare, no? Facile! No, non sarà così facile. Per sapere come andrà a finire, dovete votare per Gesù è il mio crononauta. Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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La vita segreta di Ziggy Stardust

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Allora sentite questa. Anni Ottanta, in una cittadina dell'East Anglia un mediocre pittore di ritratti riceve il messaggio di un giornalista che vuole intervistarlo, non è ben chiaro il perché. Vuoi vedere che a Londra si sono accorti di me? Ma, in effetti, perché dovrebbero? Faccio le stesse cose da vent'anni... Il pittore è uno di quei personaggi grigi alla Coe, alla Hornby, sotto la cenere dei quarant'anni covano braci di ambizioni divoranti. Il giornalista si rivela un tizio strano; guida un modello di Volvo mai visto, e insiste per fargli delle domande su David Bowie. Le piace Bowie? Ha predilezioni per un periodo in particolare della carriera di Bowie? C'è una canzone di Bowie che sente particolarmente sua? Ecc. ecc. È più teso del pittore, tradisce un atteggiamento reverenziale nei confronti dell'ospite che quest'ultimo non ha mai sperimentato, e a un certo punto riceve una chiamata su una specie di cercapersone e si dilegua (non prima di aver lasciato un biglietto da visita per proseguire l'intervista con calma in un ufficio a Londra).

(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui).

Rimasto solo, il pittore riflette. Ha la netta sensazione che al giornalista della sua pittura non importasse nulla. Eppure era emozionatissimo, come se si trovasse davanti a una celebrità. E continuava a spostare la discussione su Bowie. La cosa più inquietante è che il pittore ha in effetti uno strano rapporto con la musica di Bowie. La prima volta che aveva ascoltato Space Oddity, ne era rimasto stranamente spaventato. Si era messo a dipingere quadri di tema spaziale, tutti poi bruciati in un momento di crisi. Non ne aveva sentito più parlare fino a Ziggy Stardust, disco che trovava insopportabile ma che in un qualche modo lo incuriosiva, e che lo aveva spinto a recuperare qualche album precedente. Era rimasto particolarmente turbato dall'ascolto di The Man Who Sold the World, un disco di cui gli sembrava di riconoscere tutte le melodie. Forse le aveva sentite davvero in sottofondo alla radio, mentre lavorava nel suo atelier. Sarebbe stata una spiegazione logica, se nel suo atelier non si ascoltasse solo musica classica e Jacques Brel. La cosa che più lo aveva turbato è che il disco fosse dedicato al fratello di Bowie, affetto da schizofrenia. Anche al pittore era stato diagnosticato un disturbo psicotico a vent'anni - aveva anche trascorso qualche mese in una clinica. Col tempo le allucinazioni uditive erano quasi scomparse, ma la paranoia era sempre dietro l'angolo, e le melodie di quel disco sembravano affiorare da una vita precedente. Alla fine il pittore decide di andare a Londra. Sul treno ha la sensazione di essere spiato.

L'ufficio segnalato nel biglietto da visita non esiste; in compenso c'è la Volvo misteriosa parcheggiata bene in vista. Il pittore decide di entrare e scopre di non essere più negli anni Ottanta, ma in una cronostazione del 2100. "Mi scuso davvero", gli dice l'intervistatore. "La mia agenzia non ama interferire con gli abitanti del passato, ma il suo è un caso molto particolare. Lei è vittima di un orribile furto di proprietà intellettuale. Un certo Ziggy Jones..."
"Ma sentito parlare".
"Ovviamente, è nato nel 2115. Un certo Ziggy Jones ha rubato un modello rudimentale di macchina del tempo Sola Andata ed è riuscito a sbarcare nel 1965. Dopo un po' di gavetta ha cominciato a far successo pubblicando le canzoni che ha scritto lei".
"Ma io non ho mai scritto una canzone".
"Proprio in questo consiste il furto: Ziggy le ha incise prima che lei le scrivesse. Nel suo passato originale, lei componeva Space Oddity nel 1971. Ziggy ha avuto l'idea di pubblicarla in concomitanza col primo allunaggio americano, nel 1969. Sull'onda di quel successo ha inciso quattro dischi di canzoni che lei avrebbe scritto nella seconda metà degli anni Settanta. Il più famoso, the Rise and Fall of Ziggy Stardust, è chiaramente ispirato alla sua vicenda artistica... Poi è andato in crisi, probabilmente non riusciva più a ricordare altri pezzi da copiare... nella macchina del tempo non puoi portare con te nessun supporto... si è rifugiato nell'eroina, ha fatto quel buffo film che è una mezza confessione, non trova?"
"Ma quindi David Bowie... sono io?"
"David Bowie è solo l'alter-ego di Ziggy Jones, un ladruncolo. Lei è Jacques Stardust, il più grande cantante glam inglese".
"Ma non ho mai scritto una canzone in vita mia".
"Perché qualcun altro le ha incise prima che a lei venissero in mente. Ora, se accetta di collaborare con noi..."
"Un momento. Ma nel 2115 la terra ha esaurito le risorse come in Five Years? Bowie ha rubato le mie canzoni per lanciare un messaggio? Ma poi progressivamente gli stupefacenti gli hanno fatto dimenticare la sua missione trasformandolo in una rockstar decadente?"
"Ehi ehi, non esageriamo. Comunque se lei accetta di collaborare con noi, possiamo tendere una trappola al cosiddetto David Bowie, riportarlo nel suo periodo originale, e restituirle il posto che le compete nella storia della musica".
"Riavrò i miei vent'anni? Mi darò al sesso e alla droga e al rok'n'roll?"
"No, troppo tardi, ormai è invecchiato. Ma potrà almeno conservare i ricordi di quel periodo".

Il pittore è perplesso.

Tanto più che - scoprirà - le cose non sono esattamente come gli hanno spiegato. La situazione è più complessa ma per scoprire come stanno le cose veramente, dovete votare per La vita segreta di Ziggy Stardust! Potete cliccare sul tasto Mi Piace di Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo vi è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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LA GRANDE GARA DEGLI SPUNTI

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Un'altra estate se ne sta andando, e io non ho ancora scritto un romanzo. Sapete, a volte ci penso.

D'altro canto, che bisogno c'è di farne uno? Ce ne sono già così tanti in giro. Il mondo scoppia di romanzi. C'è gente che li spara a getto continuo, senza rispetto per lo spreco di legname, di energia, l'effetto serra. Gente che dovrebbe avere più precauzioni quando scrive, usare il cestino ogni tanto... e invece niente. Pubblicano, pubblicano, e il mondo diventa ogni giorno più ingombro di parallelepipedi cartonati e inutili. Di fronte a uno scempio tanto dissennato a volte mi domando se non esser fiero del fatto che non scrivo romanzi. Dovrei rivendicarla con orgoglio, questa scelta.

Se fosse una scelta.

Ho sempre pensato che i romanzi avessero qualcosa di simile ai bambini, e ora che ho passato i 40 vi confermo che è così. La gente comincia a guardarmi con quell'espressione, avete presente? Poverino. Ha 40 anni e non è ancora riuscito ad averne uno. Hanno anche smesso di chiedermelo. Fino a qualche anno fa ogni tanto qualcuno si permetteva: "Scusa, ma quand'è che ti metti a scriverlo?"
"Ma io veramente ho il blog..."
"Sì, il blog, certo, ma prima o poi lo scriverai questo romanzo, no?"
"Ma perché devo proprio scriverne uno, scusa?"
"Mah, è un impulso naturale, no?"
"Davvero?"

Di solito a quel punto mi guardavano come se avessi ammesso di non amare il cioccolato. Il sesso. La bacheca di Gianni Morandi. Come si può vivere senza avvertire l'impulso più naturale dell'uomo, quello di infliggere storytelling ai propri simili? Come oso io sottrarmi alla natura - chi mi credo di essere?

In effetti.

E va bene, tanto prima o poi sarei crollato. Non è vero che non provo l'impulso. Non è che non mi ticchetta l'orologio. Sono anch'io un umano come tutti gli altri, sapete? Mi piace il sesso, il cioccolato, ma soprattutto non posso resistere all'idea del mio cognome sbalzato su una copertina in similpelle in una libreria di noce massiccio. Vorrei tanto scrivere un romanzo - no, in realtà vorrei tanto averlo già scritto, perché è così faticoso provarci.

È una vita che ci provo.

Vedo un sacco di imbecilli che ci riescono, e io no.

Credevo che a una certa età sarebbe stato naturale. Come parcheggiare nel garage, riempire la lavastoviglie in modo efficiente. Ma l'età ormai è passata, e io continuo a girare a vuoto. Mi manca qualcosa che non so cos'è.

Sono andato anche dagli specialisti. Dicono che non c'è niente che non vada. Però non mi viene l'idea, lo spunto giusto. No, anche questo non è vero.

Di idee me ne vengono troppe. E sono tutte bislacche. Le vedo crescere in me come virgulti promettenti. Le vedo svilupparsi in forme bizzarre ed effimere. E seccarsi al primo sorgere del Buon Senso. Questa storia è troppo triste, questa scherza troppo con le cose serie, questa se la comprerebbero in tre, questa somiglia a qualcos'altro, ecc. ecc.

Col tempo mi sono fatto un armadio di vecchie idee che per un attimo mi sono piaciute e che adesso avrei vergogna a indossare. Un sacco di idee. Possibile che nessuna valga un po' più la pena? Forse ho già avuto un'idea fantastica e non me ne sono accorto. Forse potrebbe accorgersene qualche mio educato lettore.


Vi presento ordunque la Grande Gara degli Spunti, che è il simpatico modo in cui su questo blog trascorreremo l'agosto.

Tra gli innumerevoli spunti di romanzo da me buttati giù negli ultimi 20 anni ho selezionato 32 candidati, che nei prossimi giorni si sfideranno in un torneo a eliminazione diretta. Ogni giorno somministrerò agli affezionati lettori due spunti, due aborti di romanzo, e loro potranno scegliere quale eliminare e a quale dare una chance. Per salvare uno spunto (e condannarne un altro) sarà sufficiente mettere un like su facebook, o ritwittare, o scrivere qualcosa di carino nei commenti, come ai vecchi tempi. Potete anche votare per entrambi i concorrenti, se non sapete decidervi - vi capisco benissimo.

In capo a un mese, tra questi 32 spunti spunterà un vincitore. E a quel punto, saprò che romanzo mettermi a scrivere. Questo non significa che sarà un bel romanzo, anzi probabilmente riuscirà illeggibile, ma ogni scarrafone è bello a mamma sua. Vi ringrazio sin d'ora per la collaborazione, e do il via alla Grande Gara di Spunti. Come prima sfida, una classica senza tempo: David Bowie contro Gesù Cristo. Siete pronti?

***Update: il Grande tabellone degli spunti


SedicesimiOttaviQuartiSemifinaliFinale
Stardust48
38
37
31
I Catari 48
Gesù52
5 a Genova20
26
Capodanno27
Claudio Augusto9
28
34
Fiume 192068
La prima volta43
20
O viceversa17
I banditi34
16
46
46
Campo di grano19
I Catari53
39
Il basilisco6
Scuola media44
26
12
Sauron vive!34
Dama e cavaliere18
31
Zombi vs vegan39
Scie chimiche53
35
15
31
Copernico 68
Eyjafjöll40
La prigioniera42
27
Pinocchio uccide22
L'ultimo uomo10
61
38
Addio ai procioni50
La marmellata41
55
Tutte le ex52
Gioconda 30
48
21
67
Marinetti duce60
Redenzione29
8
Pandolfo17
Perpendicolare15
63
54
Copernico47
Love of My Life8
6
1+2+3+4+5+6+...29
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